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Jacopo Iacoboni per www.lastampa.it
Il problema – nell’attuale crisi con la minaccia di invasione della Russia in Ucraina – è che Vladimir Putin, dentro i meccanismi del Cremlino, rappresenta il centro conservatore, diciamo così, e non è neanche il più estremista di tutti.
Tutto il suo entourage più stretto è composto invece da falchi assoluti e radicali: i leggendari siloviki, membri (o ex) dei servizi segreti, spesso in posizioni estremistiche che condizionano la postura stessa del presidente russo. E forse vale la pena conoscerli, perché anche in Italia li si è visti operare.
Si tratta di un gruppo di persone che è bene conoscere anche qui, e che – lo ha ricordato il New York Times – si è segnalato in questi mesi per attacchi all'Occidente che legalizzerebbe il matrimonio fra persone e animali, per aver sostenuto che l’Occidente è la culla dell’omosessualità, o aver paragonato il presidente ucraino Volodymir Zelensky a Adolf Hitler. Il tenore del loro pensiero è questo: complottismo, radicalismo, revanche post sovietica in chiave nazionalista.
Si tratta di uomini come il capo del Consiglio di sicurezza nazionale, Nikolai Patrushev, che sovrintende a tutti i servizi, il direttore del Servizio di intelligence estera dell'Svr, Sergei Naryshin, il ministro della Difesa, Sergei Shoigu, il capo dell’Fsb, Alexander Bortnikov.
Per capirci, il Regno Unito, da quando è iniziata l’invasione russa in Crimea, nel 2014, ha imposto sanzioni a circa 180 persone e 48 entità, e nell'elenco delle sanzioni le sei persone che secondo la Gran Bretagna sono più vicine a Putin sono: gli oligarchi Yuri Kovalchuk, Arkady Rotenberg e Nikolai Shamalov, l'ex ufficiale del KGB Sergei Chemezov, il segretario del Consiglio di sicurezza russo Nikolai Patrushev e il capo del Servizio di sicurezza federale (FSB) Alexander Bortnikov.
Secondo queste sanzioni, a tutte queste persone è vietato anche solo l’ingresso in Regno Unito (altri oligarchi come Alisher Usmanov, o Roman Abramovic, vi prosperano allegramente, ma sarebbe altro discorso).
Nikolay Patrushev presiede il consiglio di sicurezza nazionale dal 2008. Conosce Putin dagli anni settanta, servivano entrambi nello stesso periodo nel Kgb a Leningrado, e in seguito Patrushev è succeduto proprio a Putin alla guida dell'Fsb. Per Patrushev, l’Ucraina è «un protettorato».
Secondo il Rapporto pubblicato sulla morte di Alexander Litvinenko il 21 gennaio 2016 da sir Robert Owen, «l'operazione dell'Fsb per uccidere Alexander Litvinenko è stata probabilmente approvata da Patrushev».
Benché sia considerato da diversi governi occidentali l’uomo dietro diverse vicende orribili come l’avvelenamento di Sergey Skripal a Salisbury, Uk, o l’intervento russo in Siria, e sia sottoposto a sanzioni occidentali, Patrushev resta l’uomo che i nostri servizi incontrano per fronteggiare il terrorismo, o per la Libia.
Ha in mano i dossier Iran e Israele per conto di Mosca. E resta tuttora la persona incaricata di trattare con la Cia (di recente il capo dell’agenzia William Burns è stato a Mosca proprio con lui).
Sergey Naryshkin, capo dell’Svr, il servizio segreto estero – erede del leggendario primo direttorato del Kgb – è un uomo che, per capirci, definì l’avvelenamento di Navalny in Siberia in realtà un «complotto dell’Occidente per trovare una vittima sacrificale».
Ex capo dell'amministrazione presidenziale di Dmitry Medvedev dal 2008, Naryshkin guida il servizio accusato di alcuni gravissimi hackeraggi, come per esempio Solar Winds, in America, o in Europa, ma quando gliene fu chiesto, rispose così: «Ne sarei lusingato, ma non posso rivendicare i risultati creativi degli altri come suoi».
A Mosca il suo sorriso tra scherno e sarcasmo è ben conosciuto e temuto. Poi c’è Sergey Shoigu, ministro della difesa, tecnicamente non un siloviki o un membro dei servizi, ma da lui dipende in ultima analisi il Gru, il servizio segreto militare, autore degli hackeraggi delle mail di Hillary Clinton, di Angela Merkel e del Bundestag, o della disruption operata in Ucraina con i malware Not Petya, che causarono da soli dieci miliardi di dollari di danni all’economia. Shoigu è l’unico uomo del governo con cui Putin trascorra vacanze e tempo insieme, quasi sempre in Siberia (da dove Shoigu viene, ai confini con la Mongolia).
Li si vede vestiti di pelli andare a pesca e caccia nel gelo come vecchi amici. Forse il meno influente di questo quartetto è il capo dell’Fsb, Alexander Bortnikov, per il semplice fatto che l’agenzia conserva su di sé, abbastanza direttamente, la mano stessa di Putin, ma anche Bortnikov porta su di sé –anche in termini di sanzioni – il peso di alcune tra le operazioni più gravi di cui la Russia è ufficialmente accusata: Bortnikov è stato sanzionato dall’Unione europea nel marzo del 2021, accusato di aver autorizzato e organizzato l’avvelenamento di Navalny, nella stessa tornata in cui Evgheny Prigozhin (“il cuoco di Putin”, capo della troll factory di San Pietroburgo) è stato sottoposto a sanzioni per azioni criminali del Wagner Group, i mercenari russi in Libia, Siria, e Ucraina orientale, oltre che naturalmente in Centro Africa. Bortnikov ne è accusato assieme ad altri estremisti dell’amministrazione presidenziale, tra i quali l’Unione europea elenca Andrei Yarin, capo del direttorato Interno, Sergei Kiriyenko, vicecapo staff del Cremlino, i viceministri della Difesa Aleksey Krivoruchko e Pavel Popov, il capo delle prigioni Alexander Kalashnikov, il procuratore generale Igor Krasnov.
Sono questi, forse più ancora dello stesso Putin, i quattro uomini che hanno in mano le sorti dell’operazione-Ucraina per il Cremlino, e di tanta parte della stabilità europea a breve.
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