RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Cesare Zapperi per il “Corriere della Sera”
«È difficile essere contrari alla chiusura, perché certe scene che abbiamo visto sono inaccettabili. Ma stiamo attenti a demonizzare le discoteche». Il governatore veneto Luca Zaia accetta sì, ma a malincuore il drastico provvedimento deciso dal governo. Per due ragioni: una di carattere generale, per i danni che subirà il settore; e una personale, perché in gioventù ha lavorato nelle discoteche come « pr» per pagarsi l'università.
Lo ammette anche lei, non si poteva fare diversamente.
«Purtroppo sì. Sicuramente per responsabilità di alcuni gestori che hanno voluto riempire oltre misura i loro locali. Ma, va detto, anche per l'irresponsabilità di chi non indossa la mascherina e non rispetta il distanziamento. Di chi pensa che non ci sia un domani. Ma attenzione...».
A cosa?
«Non si creda che chiudere risolva tutto. Nelle località di mare la gente si riversa sulle strade o nelle piazze. In certi luoghi non si riesce nemmeno a camminare. Lì il problema non esiste?».
Lei stesso era intervenuto con un'ordinanza che imponeva alle discoteche una capienza massima del 50%.
«Ho cercato un punto di equilibrio».
Non è bastato?
«No, visto che la sera stessa un locale è stato chiuso dopo i controlli».
Allora vede che c'è chi non vuol capire?
«Sì, per carità, però umanamente mi dispiace che per pochi irresponsabili paghi un intero settore. È anche per questo che ho chiesto al governo di prevedere misure di ristoro per chi subirà danni».
Presidente, si sa che nelle discoteche le regole spesso sono un optional.
«Ecco, io credo che i locali notturni siano vittime di un'immagine ingenerosa. Li si identifica come luoghi frequentati solo da chi abusa di alcol o di droghe. Non è così: c'è tanta gente per bene che vuole divertirsi e tante persone che lavorano seriamente per sbarcare il lunario».
Ricordi di gioventù?
«Come "pr" nel 1986 ho portato il marketing nelle discoteche. Ho conosciuto, perché lavoravano con me, tanti ragazzi che oggi fanno i manager in società multinazionali o che sono diventati professionisti affermati».
Come è finito a lavorare in discoteca?
«Beh, prima ho fatto il muratore e il meccanico nell'officina di mio papà. Poi, quando la mia scuola, la Scuola enologica di Conegliano, mi ha affidato il compito di organizzare la festa di fine anno ho capito che quello poteva essere un lavoro adatto a me».
Da lì alle discoteche?
«Sì, ho lavorato per due locali del mio paese (Godega di Sant' Urbano, nel Trevigiano) e di Caorle».
Che cosa ha imparato?
«Detto che con quel lavoro mi sono pagato l'università che ho concluso senza saltare un appello, è stata una straordinaria esperienza di vita».
Addirittura...
«Di notte, tra i clienti, conosci persone che di giorno non vedi oppure persone che di notte si comportano in modo molto diverso che di giorno. Tra quelli con cui condividi le fatiche, ti imbatti in tanti ragazzi che fanno sacrifici per pagarsi gli studi o mantenere una famiglia. È a loro che penso quando vedo chi gioisce per la chiusura dei locali».
Non si poteva stare a guardare: i contagi stanno risalendo, c'è chi si comporta come se nulla fosse.
«Questo succede perché il virus è meno evidente, meno aggressivo. E tuttavia c'è, non possiamo nascondercelo».
La Febbre del Sabato Sera - Giuseppe Conte e le discoteche by GianBoy
I numeri in Veneto non sembrano preoccupanti.
«Abbiamo 6.900 persone in isolamento, ma i positivi sono solo 1.600. I ricoverati in terapia intensiva 5. Ma i numeri rischiano di dare una percezione sbagliata per una narrazione che ha ingenerato un grande equivoco».
Quale?
«Che sia il virus degli anziani. A furia di parlare di morti nelle Rsa, è passata l'idea che sia un problema limitato ai vecchi. I giovani si sono sentiti esentati. Ma si sbagliano di grosso. Intanto l'età media delle persone contagiate si è abbassata di molto. E poi questo è un virus che non perdona, non è una bronchite che si cura con l'antibiotico».
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