DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
1 - DAGOREPORT
Negli ultimi mesi del governo Monti il santuario del popolo Rai aveva come indirizzo via Due Macelli 66, sede dell'Udc, meta dell'incessante pellegrinaggio di chi chiedeva protezione politica, in vista degli inevitabili contraccolpi della consultazione elettorale sugli organigrammi di viale Mazzini.
Una rincorsa ad accreditarsi con chi, nel corso degli anni, nonostante il suo modesto 5/6 per cento, aveva stratificato il suo potere nel servizio pubblico con punte di comicità involontaria; come nel caso di "farfallina" Petruni, che aveva ostentato la benedizione di Pierfurby al suo matrimonio o del direttore del Giornale radio Antonio Preziosi, che si richiamava alla comune tradizione cattolica e democristiana, pronto a saltare sul carro dei montiani nella fase buia del silenzio di Berlusconi, salvo poi fare un nuovo carpiato con il ritorno del Cavaliere sulla scena.
E' un carro che, alla Rai, è guidato dal direttore generale Luigi Gubitosi, avvistato più volte nelle anticamere degli uffici Udc, sempre alla vigilia di provvedimenti importanti da portare al voto del Consiglio di amministrazione. Forte del sodalizio con l'accoppiata Cesa-Casini, è stato lui ad appaltare all'area Monti-Udc l'informazione politica in campagna elettorale con due telegiornali ricondotti alla stessa formazione politica, fatto senza precedenti in Rai: il Tg1 con Mario Orfeo e il Tg2 con Marcello Masi.
Nel Tg della rete ammiraglia i casiniani non finiscono qui: c'è il vice direttore Fabrizio Ferragni, "salvato" da Casini dopo essere stato "mollato" dal centro-sinistra e il rampante Alberto Matano, gratificato con la conduzione dell'edizione delle 13.30. Il consigliere Rodolfo De Laurentiis sarebbe, invece, in rotta di collisione con il leader, dopo il siluramento dalle liste delle ultime elezioni.
Stretti i rapporti di Casini con il capo di Rai uno Giancarlo Leone, considerato un "amico di famiglia", mentre sarebbe stato il segretario Cesa a dare la spinta decisiva ad Angelo Teodoli nella corsa alla poltrona che fu di Marano e Liofredi. Fa riferimento all'Udc anche l'amministratore delegato di RaiNet Piero Gaffuri, che ha superato indenne la tempesta aziendale che lo ha investito, dopo le feroci critiche di Gubitosi sulle inefficienze, vere o presunte, della sua struttura.
Ci sono, poi, il direttore di Radio2 Flavio Mucciante e Roberto Milone, appena subentrato a Marco Simeon, alla guida di Rai Vaticano. Sarà un caso, ma Roberto Sergio è l'unico scampato alla mattanza della Sipra, nonostante i fallimentari risultati della sua stagione, ripescato alla presidenza di Rai Way dall'amico Gubitosi, che aveva, invece, abbattuto amministratore delegato e dg della concessionaria di pubblicità .
Memorabile infine, l'intervista a "Report" del casiniano Franco La Gioia, che, per sua stessa ammissione, avrebbe conquistato la poltrona di consigliere di Rai cinema per aver visto qualche film e letto, "come tutti", pubblicazioni specializzate.
à un mondo che vive con inevitabile fibrillazione, se non con terrore, la recente debacle elettorale in gran parte legata alla decisione di allearsi a filo doppio con Monti, lasciando al mortifero premier tutti i riflettori proprio mentre era inviso alla stragrande maggioranza dei cittadini, freschi pagatori di una micidiale rata dell'Imu.
Non solo Casini ha perso gran parte della sua rappresentanza parlamentare; con il parlamento diviso tra grillini, piddini e berlusconiani, è andata a ramengo anche la tradizionale ubiquità centrista che consentiva sempre una navigazione serena nel mondo della lottizzazione e degli incarichi pubblici. Ora l'unica speranza per le truppe in-casinate è quella del caos. Un parlamento troppo litigioso e destinato ad una vita talmente breve da non avere tempo di mettere mano al carrozzone della tv pubblica.
2. UDC: E' POLEMICA SU MANCATO AZZERAMENTO VERTICI - NEL CONSIGLIO NAZIONALE ATTACCHI A CASINI ASSENTE, COME SCHETTINO
(ANSA) - Il Consiglio nazionale dell'Udc ha fatto registrare stamane una forte polemica interna sul mancato azzeramento dei vertici dopo la sconfitta elettorale. E' stata infatti approvata in larga maggioranza la relazione introduttiva del segretario Lorenzo Cesa che ha rinviato tutto il confronto al congresso che si terrà a fine aprile.
Le altre mozioni di minoranza non sono state messe in dotazione e questo ha suscitato ulteriori polemiche. Mario Tassone, per molte legislature parlamentare, autore di uno dei documenti alternativi a Cesa, ha usato toni duri: "E' stato un camuffamento del clima dell'intero Consiglio nazionale. L'alleanza con Monti si è rivelata un errore perché noi nulla abbiamo a che fare con i massoni e con le filiere dei banchieri. E' stata decisa la liquidazione del partito rinunciando alla nostra sovranità e rimettendoci in decoro e dignità ". Molto criticata negli interventi è stata l'assenza di Pier Ferdinando Casini, che pure ha mandato una lettera per dire che non voleva influenzare il confronto in atto. Alcuni consiglieri, a margine della riunione, hanno paragonato Casini al comandante Schettino perché avrebbe abbandonato la nave.
Tassone, interpellato su questo paragone, ha detto di non condividerlo anche perché l'Udc non è mai affondata; ma aggiunto di comprendere lo stato d'animo di chi fa allusioni esasperate. La mozione di Tassone chiedeva l'azzeramento immediato dei vertici dell'Udc. Ivo Tarolli, primo firmatario di un altro documento mai messo in votazione, ha protestato: "Con la decisione di oggi andiamo ad un congresso senza garanzie perché verrà gestito politicamente dalla classe dirigente che dovrebbe andare a casa subito perché ha sbagliato troppo. In questo modo si va al Congresso senza garanzie".
3 - UDC ALLA RESA DEI CONTI CESA E CASINI SONO IN BILICO
Dino Martirano per il "Corriere della Sera"
Pier Ferdinando Casini, stringendo l'alleanza al centro con Mario Monti, ha fatto pagare un prezzo salato allo scudocrociato in termini di voti ottenuti e di seggi conquistati e oggi, dopo il consiglio nazionale convocato a Roma (al quale tra l'altro non parteciperà ), rischia di dover essere costretto a un deciso passo indietro insieme al segretario Lorenzo Cesa.
Nel 2008, quando correva da sola, l'Udc portò a casa il 5,6% dei consensi che le permise di schierare sul campo 37 deputati e 6 senatori (4 più 2 transfughi del Pd).
Oggi, quella squadra è ridotta all'osso perché alla Camera, con un modesto 1,78%, l'Udc ha fatto eleggere solo 8 deputati, mentre a Palazzo Madama la partecipazione al listone di Monti ha partorito solo 2 seggi per gli ex diccì: quello del segretario amministrativo, Antonio De Poli, e quello del leader Casini.
Alla Camera, ce l'ha fatta per il rotto della cuffia il segretario Lorenzo Cesa insieme ad altri cinque (più i due della circoscrizione estero) solo grazie al meccanismo del migliore perdente che ha premiato anche la coalizione Monti (10,5%) con un ripescaggio inizialmente immaginato per Fini. Questa è la dimensione attuale dell'Udc. Per cui oggi, al consiglio nazionale convocato nell'albergone che svetta sull'autostrada Roma-Fiumicino, saranno molte le voci degli esclusi che chiederanno una resa dei conti ai vertici del partito.
Formalmente, la riunione è stata convocata da Cesa per fissare la data del congresso (aprile o maggio) e per scrollarsi di dosso un tentativo di commissariamento della segreteria che Casini avrebbe voluto attuare con un triumvirato di fedelissimi (Libè, Rao, Galletti). Come dire, ha argomentato Cesa con i suoi, «non si sogni Casini di far ricadere su di me, che mi sono sempre dedicato al partito, l'onere della sconfitta».
Non è escluso, però, che Cesa si presenti dimissionario per aprire la strada al congresso di primavera. Al consiglio nazionale, su Cesa e Casini potrebbe però arrivare una contestuale richiesta di fare un passo indietro, subito. «Mi dicono che Casini non ci sarà e che invierà una lettera molto addolorata...», spiega con la solita calma Enzo Carra che indica nella mancata alleanza con Bersani l'errore più grave del suo leader: «L'alleanza con il Pd andava fatta a metà del 2012, quando ci sarebbe stato tutto il tempo per fare un programma con tutti i crismi...».
Avrà molto da dire anche il calabrese Mario Tassone, ex sottosegretario ed ex vice ministro, e partirà alla carica il lucano Agatino Mancusi che senza peli sulla lingua parla di «resa dei conti» perché «era meglio andare da soli alle elezioni». Gianpiero D'Alia (passato dal Senato alla Camera) ritiene invece che il 10 e passa per cento ottenuto dalla coalizione di centro è un buon risultato: «Politicamente abbiamo fatto quello che andava fatto...».
Sempre oggi sarà , al contrario, sbrigativa la messa in liquidazione di Fli che verrà presenziata da Gianfranco Fini nella sede di via Poli (dalla quale già sono stati tolti gli arredi e le tv prese in leasing). Fli, infatti, non ha più rappresentanza se non per Benedetto Della Vedova (eletto al Senato nel listone Monti) e per il combattivo Aldo Di Biagio, esiliato all'estero e tornato vincitore con un seggio strappato al Pdl nella circoscrizione Europa.
AZZURRA CALTAGIRONE PIERFERDINANDO CASINI FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE CON FIGLIA AZZURRA E PIERFERDINANDO CASINI PIER FERDINANDO CASINI FOTO ANDREA ARRIGA LUIGI GUBITOSI DORMIENTE PRIMO PIANO DI ANTONIO PREZIOSI SUSANNA PETRUNI PIERFERDINANDO CASINI LORENZO CESA MARIO ORFEO PRESENTA IL NUOVO MESSAGGERO jpegtg2-direttore-marcello-masiRODOLFO DE LAURENTIISGiancarlo Leone PIERO GAFFURIROBERTO SERGIO E MOGLIEMario Tassone ROBERTO RAOmonti casini
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