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DO YOU REMEMBER BORGHI E BAGNAI? - LA LEGA ALLE CAMERE HA IN MANO 11 COMMISSIONI: BASTA APPLICARE IL REGOLAMENTO IN MODO ''SCORTESE'' CON LA MAGGIORANZA, E I PRESIDENTI LEGHISTI POTRANNO TRASFORMARE OGNI DIFFICOLTÀ POLITICA DEI GIALLOROSÉ (E CE NE SARANNO) IN UNA BATTAGLIA PARLAMENTARE ALL'ULTIMO SANGUE. A COMINCIARE DALLA FINANZIARIA, CHE PASSERÀ PER LE MANI DEI DUE CONSIGLIERI ECONOMICI DI SALVINI…
Marco Palombi per ''il Fatto Quotidiano''
goofy 7 alberto bagnai claudio borghi
La strada per formare un governo tra Pd e 5 Stelle sembra ormai imboccata e, al netto delle dure trattative sui posti e sul programma che sono in corso, la parte difficile arriverà dopo e cioè quando quel governo dovrà governare. Certo sarà difficile soprattutto perché l' Italia è un Paese complicato e ancora immerso nella più lunga crisi del dopoguerra. E certo anche per le molte e note divisioni su tanti temi tra i due contraenti. Grillini e democratici, però, avranno anche un altro ostacolo dovuto al cambio repentino di maggioranza dopo un anno e mezzo di legislatura: la Lega, infatti, ha ancora la presidenza - e la avrà almeno fino a novembre/dicembre del 2020 - di molte commissioni di peso in Parlamento, undici per la precisione.
Una lista aiuterà a capire la quantità di materie su cui la prossima maggioranza giallorosé, che specialmente in Senato dovrà stare attenta ai numeri, potrebbe incontrare difficoltà e non piccole. Alla Camera i deputati leghisti presiedono cinque commissioni: la fondamentale Bilancio (Claudio Borghi), poi Ambiente e Lavori pubblici (Alessandro Benvenuto), Trasporti e Telecomunicazioni (Alessandro Morelli), Attività produttive (Barbara Saltamartini) e Lavoro (Andrea Giaccone). A Palazzo Madama, invece, le commissioni guidate dalla Lega sono addirittura sei: Affari costituzionali (Stefano Borghesi), Giustizia (Andrea Ostellari), Difesa (Donatella Tesei), Finanze e Tesoro (Alberto Bagnai), Istruzione (Mario Pittoni) e Agricoltura (Gianpaolo Vallardi).
Questa legislatura, pur iniziata il 23 marzo, ha visto gli organi parlamentari essere completati solo a fine giugno, dopo che venne trovato l' accordo tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini per dar vita al governo gialloverde con la contestuale creazione di una maggioranza e di un' opposizione parlamentare. Ora che i ruoli in commedia probabilmente cambieranno, si assisterà a questa strana "coabitazione", se è lecito usare un termine caro alla politica francese, in Parlamento: i presidenti di commissione, infatti, per regolamento non possono essere cambiati prima di metà legislatura, il che significa all' ingrosso non prima di novembre/dicembre del 2020.
giancarlo giorgetti barbara saltamartini
Tradotto: una manovra e forse due andranno portate a casa dalla nuova maggioranza senza controllare davvero il Parlamento.
Il primo, e in tempi non sospetti, a notare con una certa soddisfazione questa difficile situazione è stato proprio un presidente leghista di commissione, Claudio Borghi, che guida il più importante dei crocevia, la Bilancio, a Montecitorio: "Ricordo a chiunque sognasse governi alternativi che i presidenti di commissione non decadono. Auguri", twittò il 18 luglio.
Una sorta di avvertimento poi smussato, sempre sui social, in giorni più recenti: se ci fosse un nuovo governo, "mi divertirò come si divertirebbe un presidente del M5S che nella propria commissione avesse un ribaltone che mandasse all' opposizione il Movimento e che, ad esempio, dovesse gestire l' azzeramento del reddito di cittadinanza".
Come che sia, e al di là di quali saranno i comportamenti dei protagonisti, un presidente di commissione "ostile" può dare davvero molto fastidio. I modi in cui questo può avvenire sono molteplici e alcuni preoccupanti, specie se la maggioranza non sarà compatta: il presidente può, ad esempio, rallentare l' iter di un disegno di legge accogliendo molte o tutte le richieste dell' opposizione sui pareri agli emendamenti (e, se si tratta di un decreto, può persino farlo arenare). Altro esempio: gestendo i tempi delle sedute, può mettere in votazione un provvedimento quando la maggioranza è fuori dall' aula o distratta (a volte capita) e quel testo può dunque essere snaturato o affossato.
E ancora: il presidente di commissione può nominare relatori sui singoli provvedimenti parlamentari che non siano stati indicati dalla maggioranza creando tensioni tra i gruppi. Da ultimo - e questo rischia di essere davvero importante specialmente sulla manovra e i decreti collegati - può decidere sull' ammissibilità degli emendamenti e, per capirci, stralciare norme incoerenti per materia o tipologia (il divieto di inserire nella manovra norme microsettoriali e/o ordinamentali, pur sancito da legge, viene aggirato, e parecchie volte, in ogni sessione di bilancio per accontentare questo o quel partito o gruppo parlamentare).
DONATELLA TESEI E MATTEO SALVINI
In sostanza, semplicemente applicando il regolamento in modo non "simpatetico" con la maggioranza, i presidenti di commissione leghisti potranno trasformare ogni difficoltà politica dei giallorosé - e ce ne saranno - in una battaglia parlamentare all' ultimo sangue.
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