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“DOBBIAMO STOPPARE SUBITO SALVINI, PRIMA CHE INIZI A FARE CASINO DAVVERO” – LA MELONI E’ PREOCCUPATA DELLA FRONDA DEL LEADER LEGHISTA E DELLE FIBRILLAZIONI DELLA MAGGIORANZA, CON TAJANI CHE RILANCIA SULLO IUS SCHOLAE E ANNUNCIA CHE LA RIFORMA DEL PREMIERATO NON SI FARA’ - SALVINI IN PRESSING SULLA PACE FISCALE E LA ROTTAMAZIONE DELLE CARTELLE, MA GLI ALLEATI RIBADISCONO AL MINISTRO GIORGETTI: "LA PRIORITÀ È IL TAGLIO DELL'IRPEF” –  A PALAZZO CHIGI OGGI SUMMIT DI MAGGIORANZA: SUL TAVOLO ANCHE IL TERZO MANDATO E, SOPRATTUTTO, L'ATTIVISMO INTERNAZIONALE DEL LEADER LEGHISTA, UNA MINA VAGANTE NELLA MAGGIORANZA…

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1. SALVINI VA ALLA BATTAGLIA

Luca Monticelli per “La Stampa” - Estratti

antonio tajani, giorgia meloni e matteo salvini in senato foto lapresse

 

Un percorso parlamentare rapido, per arrivare a un'intesa con gli alleati che permetta di approvare la nuova rottamazione delle cartelle entro la primavera.

 

Lo ribadirà il segretario della Lega Matteo Salvini al Consiglio federale della Lega, convocato oggi alle 13 negli uffici del gruppo a Montecitorio. Al primo punto del lungo ordine del giorno (autonomia, elezioni regionali e amministrative, autonomia, sicurezza, tesseramento) spicca il fisco come «emergenza nazionale». Tra i partecipanti ci sarà il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, la cui posizione è stata anticipata dallo stesso Salvini nei giorni scorsi: «Con lui c'è piena sintonia».

 

antonio tajani giorgia meloni matteo salvini

Gli esperti economici del Carroccio, da Claudio Durigon ad Armando Siri, da Federico Freni ad Alberto Bagnai, non hanno dubbi sul fatto che il centrodestra si dimostrerà compatto sulla pace fiscale, sono sicuri che si arriverà a un accordo. Il mantra ripetuto dai parlamentari vicini al segretario è questo:

 

«È nel programma con cui ci siamo presentati alle elezioni, troveremo una sintesi». La Lega intende formalizzare una proposta che parte da questo assunto: ci sono 380 miliardi di euro regolarmente dichiarati da cittadini e imprese tra il 2017 e il 2023 e non incassati dallo Stato. «La pace fiscale sarebbe un vantaggio per lo Stato e gli italiani disperati, non per gli evasori in malafede», spiega Salvini.

 

giorgia meloni antonio tajani matteo salvini

Occorrerà cercare anche le coperture. Quelle spettano a Giorgetti, che per ora tace, ma è già al lavoro con la Ragioneria per trovare la quadra. Salvini ha bisogno del ministro dell'Economia che stavolta non può dirgli di no come sulle pensioni, deve accontentare il segretario ormai in versione trumpizzata. La linea del vicepremier leghista è chiara: «La rottamazione quinquies viaggerà speditamente in Parlamento con il contributo di tutti». Altrimenti sarà battaglia in commissione ogni volta che ci sarà materia fiscale, con i leghisti pronti a minacciare la conta come è già successo a dicembre in Senato con l'emendamento sul canone Rai che provocò lo stallo totale del decreto fiscale.

 

Fratelli d'Italia e Forza Italia stanno alla finestra, convitati di pietra del Consiglio federale del Carroccio. Tutti aspettano un segnale da Giorgetti. «Siamo favorevoli da sempre alla pace fiscale, il ministro dell'Economia dica dove troverà le coperture», ribadisce Marco Osnato di Fdi.

antonio tajani giorgia meloni matteo salvini

 

Sia gli esponenti meloniani sia gli azzurri temono che la dote per finanziare la nuova rottamazione si mangi le risorse che servono per tagliare le tasse al ceto medio, la priorità sbandierata nella legge di bilancio dello scorso anno e poi svanita a causa del flop del concordato che non ha garantito il gettito sperato. Il leader di Forza Italia

 

Antonio Tajani mette in chiaro le cose: «La prima battaglia da portare a compimento è quella dell'abbassamento dell'Irpef dal 35 al 33% per i redditi fino a 60 mila euro l'anno. Questo è un modo per dare un segnale forte al ceto medio produttivo del nostro Paese. Poi c'è anche la rottamazione, ma l'Irpef è la priorità». L'intesa nel centrodestra passa dal "metodo" Giorgetti, il ministro che sa farsi concavo e convesso per necessità.

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antonio tajani matteo salvini giorgia meloni

2. L'ATTIVISMO DEL VICEPREMEIR CHE IRRITA MELONI E TAJANI

Federico Capurso Francesco Malfetano per “La Stampa” - Estratti

 

Nessuno, finora, aveva mai avuto il coraggio di ammetterlo con tanta chiarezza: «Non riusciremo ad approvare il premierato entro la fine della legislatura».

 

Sarà che si sentiva al riparo da occhi indiscreti o dai taccuini dei cronisti, tra le mura amiche della segreteria nazionale di Forza Italia, ma il vicepremier Antonio Tajani ha usato parole nette. Il suo – come confermato a La Stampa da diverse fonti presenti all'incontro – è un passaggio rapido all'interno di un più ampio intervento.

Tutti però colgono immediatamente la portata di quella frase, nel centrodestra, mai sentita prima.

 

Che il percorso della "madre di tutte le riforme" fosse rallentato non è un mistero.

Nel Palazzo se ne discuteva.

 

matteo salvini giorgia meloni. antonio tajani

Solo un mese fa, però, la premier di fronte alle telecamere puntava i piedi: «Vorrei arrivare alle prossime elezioni con la riforma del premierato approvata e questo – spiegava nel corso della conferenza stampa di inizio anno – comporta una legge elettorale tarata sul premierato». Un desiderio, nessuna certezza. E infatti aggiungeva: «Se il premierato non dovesse arrivare in tempo, cosa che io non auspico, allora ci si interrogherà sull'attuale legge elettorale, se sia la migliore oppure no». Ora Tajani può solo esplicitare quel che è evidente: la riforma è finita su un binario morto. E con l'Autonomia ancora in alto mare, in piedi resta solo la sua bandiera, la separazione delle carriere.

 

Per il vicepremier e ministro degli Esteri, morta la riforma, non deve morire anche l'idea di modificare la legge elettorale. Nel suo partito ne stanno discutendo. «Se il centrosinistra andrà unito alle prossime elezioni – dice uno dei colonnelli di Forza Italia –, dobbiamo ridurre la parte maggioritaria della legge e rafforzare quella proporzionale, altrimenti rischiamo di perdere troppi collegi». La preoccupazione maggiore riguarda i territori meridionali, fortino del consenso azzurro. Tanto che i forzisti stanno organizzando gli "Stati generali per il Sud", evento che dovrebbe tenersi in primavera.

matteo salvini giorgia meloni. antonio tajani

 

Sulle modifiche da apportare alla legge elettorale non è detto che i Fratelli d'Italia e la Lega di Matteo Salvini siano d'accordo. Per parlarne però ci sarà tempo. Prima si devono sciogliere altri nodi. Già questa mattina i tre si vedranno. L'agenda, ufficialmente, recita "Sanità". A Palazzo Chigi, Meloni incontrerà Tajani, Salvini e il ministro della Salute, Orazio Schillaci, assieme al titolare dell'Economia, Giancarlo Giorgetti. Ma sul tavolo non c'è solo la riforma con cui diverse Regioni (specie quelle autonomiste) chiedono di stravolgere il sistema sanitario nazionale. Il confronto avverrà sull'intera gamma delle fibrillazioni che da giorni agitano gli alleati di governo.

 

La pace fiscale salviniana e il redivivo ius scholae azzurro, ad esempio. Ma pure il pressing sul terzo mandato e, soprattutto, l'attivismo internazionale del leader leghista.

La visita di Salvini in Israele ha suscitato un certo fastidio alla Farnesina, perché il leader leghista sembrava atteggiarsi da ministro degli Esteri e, più in generale, per il trumpismo ostinato con cui sta inaugurando il suo personalissimo nuovo corso.

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«Dobbiamo stopparlo subito, prima che inizi a fare casino davvero» è il mantra attribuito alla premier che si intercetta a via della Scrofa.

Se i fantasmi del Papeete sembrano popolare le riflessioni a lunga gittata della prima linea dell'esecutivo, i riverberi della tensione impattano su una riforma – quella della sanità, appunto – su cui Meloni punta molto per strappare un'arma dalle mani di Elly Schlein.

 

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