NEL DISINTERESSE GENERALE, IN UCRAINA E’ INIZIATA LA GRAGNUOLA DI PIOMBO - DOPO IL MASSACRO DI CINQUANTA RIBELLI DA PARTE DELLE TRUPPE DI KIEV, I SEPARATISTI ABBATTONO UN ELICOTTERO

Lucia Sgueglia per "La Stampa"

Dopo il blitz delle truppe di Kiev all'aeroporto di Donetsk che lunedì, uccidendo almeno 50 ribelli, ha alzato pericolosamente il livello del conflitto, è caos nel Donbass. Ieri gli insorti hanno risposto abbattendo un elicottero per trasporto truppe della Guardia Nazionale ucraina nei pressi di Slaviansk: 14 morti tra cui un generale.

Nel frattempo, a Donetsk sempre più circondata dall'esercito ucraino, dopo aver ammesso la presenza nelle proprie fila di combattenti con passaporto russo, i leader separatisti, sempre più preoccupati, chiedono ai giornalisti di «scortare» le salme di 33 uccisi all'aeroporto fino in patria, oltreconfine, in Russia.

Davanti all'obitorio dell'ospedale Kalinin le bare stanno in fila sull'erba, rivestite di velluto di colori e fogge diverse, rosse, viola, porpora, con croci di legno o senza. Bare da poveri. Una ragazza le impila in un minibus blu con un mucchio di cuscini bianchi. Accanto c'è la cella frigorifera per i cadaveri, un camion per il trasporto frutta.

Denis Pishulin, uno dei leader dell'autoproclamata Repubblica di Donetsk conferma: «Sono 33 cittadini russi», tra cui ceceni, abkhazi e osseti. Tra i morti nel blitz solo 4 ucraini. Altri 15 o 20 corpi si trovano ancora all'aeroporto: «Gli ucraini non ce li fanno recuperare, ieri qualcuno ha provato a reclamarle con un'icona in mano, e gli hanno sparato». I «volontari» stranieri, dice, vengono da tutta l'Urss. A finanziare i ribelli, ci sarebbero «individui singoli» da Australia, Grecia, Serbia, Russia.

Ivan, 60, un lavoratore dell'ospedale, fuma in disparte perplesso: «Non penso siano stati spediti ufficialmente da Putin - ma che qui ci sia la Russia, questo sì. Forse li paga qualcuno». Sottovoce dice «Ormai anche l'esercito ucraino ha passato ogni limite, a Sloviansk hanno sparato su una chiesa».

Pochi metri più in là, nella camera mortuaria, la signora Zverev velata di nero come una siciliana, piange rabbiosa davanti alla bara aperta di suo figlio Mark, 44, tassista, morto da ribelle all'aeroporto, intorno alla fronte il cartiglio con le preghiere rituali ortodosse. «Guardate cosa gli hanno fatto... terrorista? Allora i 7 milioni di abitanti del Donbass, siamo tutti di Al Qaeda? Quelli di Kiev, sono peggio di Al Qaeda». Poi si volge agli uomini presenti: «Non mollate, vi prego, fino alla fine». Corone di fiori, rose rosse, il pane votivo.

«Speriamo che l'esercito ucraino non entri in città, sarebbe un massacro» nota Alexander Kishevnez, un miliziano: «Il messaggio a Mosca è: aiutateci, fratelli. Se non con l'esercito, almeno con le armi». Nello stesso momento, un gruppo di 200 uomini armati da professionisti, fa irruzione nell'ex palazzo della Regione, vi piazza davanti batterie antiaeree, e caccia gli occupanti e miliziani filorussi che vivono dentro da settimane, tra centro sociale e armata Brancaleone.

È il «Battaglione Vostok», simile in tutto agli «omini verdi» della Crimea benedetti da Putin: secondo alcuni, tutti russi e ceceni. «Ci hanno detto "Uscite in strada per un'ora, lasciate tutti l'edificio, dobbiamo fare pulizia", e se lo sono presi» racconta Sergey fuori in strada senza nemmeno la giacca, un giovane dell'ufficio stampa dei ribelli. La scusa ufficiale è scovare un gruppo che ha saccheggiato il locale supermercato Metro - poco credibile.

Altra versione: la Repubblica Popolare di Donetsk è morta, ora si fa sul serio. Con dei bulldozer i Vostok rimuovono le barricate intorno al palazzone sovietico di 11 piani: «non servono più"» Che significa? Si chiede Donetsk perplessa. È guerra fra separatisti filorussi, notoriamente già divisi da faide interne? Installazione di un governo pro-russo permanente? Una provocazione alle truppe di Kiev stanziate intorno alla città per attirarle nella battaglia? Di certo i ribelli, o chi per loro, ora sono usciti allo scoperto.

 

 

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