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Alessandro Barbera per “La Stampa”
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Nonostante le pressioni dei partiti e del mondo industriale, nonostante le minacce di Vladimir Putin, per finanziare il terzo piano di emergenza energetica Mario Draghi non è intenzionato ad aumentare il livello di spesa oltre i limiti fissati con l'Europa.
Lo ha ribadito ieri ai ministri durante il Consiglio in cui Roberto Cingolani ha presentato le possibili opzioni di risparmio energetico. E però Draghi ha chiesto ai tecnici di trovare tutte le risorse possibili dentro gli attuali vincoli di bilancio. Al momento i più cauti dicono che il nuovo decreto non supererà i dieci miliardi di euro, gli ottimisti credono sia possibile far di più. Due le poste su cui si farà leva.
La prima: l'aumento del gettito della tassa sui profitti energetici. La norma verrà riscritta per essere immune da ricorsi e sarà più pesante dell'attuale. E due: il buon andamento delle entrate fiscali. Alcune voci - come l'Iva incassata dal settore del turismo - è andata meglio del previsto. Il premier ha dato ai tecnici una settimana di tempo per scrivere il decreto.
A Palazzo Chigi per il momento non c'è particolare allarme per la situazione degli approvvigionamenti, su cui l'Italia è più avanti di altri. Cingolani ha spiegato che gli stoccaggi per l'inverno hanno raggiunto l'83 per cento e che i razionamenti verranno imposti solo se necessario.
Ci sarà anzitutto una campagna informativa di sensibilizzazione simile a quella già avviata per l'acqua: in televisione e sulla rete appariranno consigli su come evitare gli sprechi con gli elettrodomestici e i termosifoni. Nelle zone più calde del Centro-sud il massimo di restrizioni potrebbe arrivare a due gradi di temperatura e due ore di riscaldamento in meno. Alle aziende verranno proposti incentivi per chi ad esempio può programmare alcune produzioni nei mesi meno freddi.
Per evitare di chiedere maggiori sacrifici, aumenterà la produzione di elettricità da energie rinnovabili e da carbone «pur non venendo meno ai protocolli sul clima», garantisce Cingolani.
Per ora sono da escludere sia la didattica a distanza nelle scuole un giorno alla settimana, sia la riduzione degli orari degli uffici pubblici. Il governo si affida al buon senso di Regioni e Comuni, contando sul fatto che un po' di risparmi eviteranno che le loro stesse bollette siano troppo alte. Anche in questo caso non si esclude la possibilità di dover fare di più. Se la situazione dovesse precipitare, si imporrà una direttiva a livello nazionale.
La maggiore preoccupazione del governo in questo momento è per la tenuta delle aziende, e dunque dell'economia. Per questo nel nuovo decreto ci saranno un rafforzamento del credito di imposta e sussidi per le aziende in crisi di liquidità. Far bastare dieci miliardi non sarà semplice. Draghi però non sente ragioni. Sta spiegando a tutti che il momento è delicatissimo: «Tutto quel che spenderemmo in più per sostenere l'economia verrebbe vanificato dall'aumento del costo per il debito».
L'inflazione arriverà presto a due cifre, la Banca centrale europea sta per aumentare ancora i tassi di interesse e gli investitori non sono rassicurati su come si comporterà il centrodestra dopo la vittoria alle elezioni. Per ottenere uno scostamento di bilancio Draghi dovrebbe presentarsi in Europa con atto formale, che - visto il contesto - la Commissione dovrebbe a quel punto concedere a tutti i partner dell'Unione.
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L'Italia non è però un Paese come gli altri: un aumento delle spese oltre i limiti fin qui fissati significherebbe sfidare i mercati e avere la certezza dell'impennata degli spread fra i titoli pubblici italiani e tedeschi.
L'unico fattore che può garantire qualche margine in più al Tesoro viene da un effetto tecnico dell'inflazione: l'impatto nominale sul valore del prodotto interno lordo migliora il livello del debito. Ma si tratta di poca cosa per un Paese che - en passant - a novembre dovrà anche occuparsi di trovare i soldi per la Finanziaria dell'anno prossimo. -
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