DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Marco Galluzzo per il "Corriere della Sera"
Le telefonate di Mario Draghi con gli amministratori delegati delle principali case farmaceutiche internazionali produttrici di vaccini non sono state episodi isolati. Lo confermano a Palazzo Chigi aggiungendo - rispetto a quanto anticipato dal Corriere - che si è trattato di un'operazione concordata e condivisa fra il presidente del Consiglio italiano e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
Il capo del governo infatti non si è rivolto ai capi delle Big Pharma con una rivendicazione di stretta natura italiana, ma parlando anche a nome dei suoi partner europei, visto che i contratti sui vaccini riguardano tutta la Ue, che dalla Unione sono stati sottoscritti e dunque un pressing sulle aziende non avrebbe senso da parte di un solo Stato.
La notizia conferma un tandem di lavoro ormai molto affiatato fra Palazzo Chigi e i vertici della Commissione europea, una sintonia che trova d' accordo le due istituzioni anche sul punto finale di questa opera di moral suasion: non tanto il blocco delle esportazioni extra-Ue in caso di ulteriori ritardi nelle consegne, ma la ricerca di un accordo economico e politico con i diversi attori della grande partita dei vaccini. Un accordo che - in primo luogo - deve avere al centro un' intesa fra Bruxelles e Londra e sul quale sia Draghi che von der Leyen stanno lavorando in stretto contatto.
mario draghi a termini per il vaccino
Il tutto avviene in una cornice internazionale che resta comunque complessa: gli interlocutori di Mario Draghi hanno ascoltato le ragioni dell' Italia e dell' Unione, hanno promesso che faranno il possibile, nel caso di Pfizer si è rimarcato che l' azienda ha distribuito anche oltre i parametri dei contratti, per quanto riguarda AstraZeneca resta il punto interrogativo sulla capacità di recupero su quanto non consegnato all' Europa nel primo trimestre di quest' anno, ma in ogni caso il capo del governo non è stato l' unico ad alzare il telefono e far sentire la propria voce.
Lo rimarcano anche nello staff del premier Draghi, con una sorta di understatement che è comunque più che plausibile: «In queste settimane le grandi aziende farmaceutiche ricevono chiamate un po' da tutti i governi, non si può attribuire alle mosse doverose del presidente del Consiglio una valenza salvifica».
Insomma nessuno è disposto a scommettere che d'ora in avanti non possano esserci ulteriori ritardi nelle consegne, altri intoppi nelle catene di distribuzione internazionali, anche se il mese di aprile, con più di 10 milioni di dosi disponibili, viene considerato a Palazzo Chigi come quello «decisivo per il successo della campagna vaccinale».
Le somme, dicono ancora nel governo, si tireranno a fine mese, difficilmente prima, anche se nell' ultimo decreto la maggioranza ha raggiunto una sorta di compromesso sulle possibili riaperture legato alla valutazione settimanale dei dati scientifici.
Per venire incontro alle richieste pressanti di Matteo Salvini e della Lega, infatti, il capo del governo continua a richiamare gli indicatori chiave della pandemia in corso: anche se i contagi sono in lieve calo, sono i ricoveri in terapia intensiva e il numero dei decessi a dover scendere in modo decisivo. Solo a questo punto si potrà pensare a riaprire, con tutte le cautele possibili, le principali attività commerciali.
Questa settimana entra invece nel vivo il confronto fra governo e Regioni su un altro capitolo chiave dell'attività dell'esecutivo: Draghi stesso infatti parteciperà giovedì all'incontro con i governatori per illustrare le ultime novità del Recovery plan, che deve essere inviato a Bruxelles, insieme agli strumenti di governance, entro la fine del mese.
È possibile che alcuni suggerimenti fatti in questi ultimi giorni dal Parlamento vengano recepiti nel Piano, ma è difficile che il testo definitivo possa essere ancora una volta esaminato da Camera e Senato, prima di approdare sui tavoli della Commissione europea. Potrebbe non essercene il tempo, un'ipotesi che ha già contestato la leader di Fratelli d' Italia Giorgia Meloni.
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