DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Alessandro Barbera per "la Stampa"
La delega sulla concorrenza che subisce un nuovo rinvio. La riforma fiscale che non c'è, ma ora potrebbe rispuntare in cima all'agenda. E infine l'estensione del passaporto vaccinale, ancora incerta nei suoi confini. Ormai non c'è tema nella maggioranza che non divida i partiti. A tre settimane dal primo turno delle amministrative, Mario Draghi fa sempre più fatica a imporre una sintesi. A Palazzo Chigi non perdono la speranza di riuscirci, a partire da stamattina con la questione del Green Pass.
Il premier dovrebbe incontrare Matteo Salvini, al quale spiegherà perché è necessario farlo al più presto, e senza eccezioni. Come giustificare diversamente l'obbligo del passaporto vaccinale per ogni dipendente statale senza fare altrettanto con i dipendenti del settore privato? È possibile distinguere in maniera chiara fra chi ha rapporti con il pubblico da chi non li ha? E soprattutto: ha senso fare un intervento limitato agli statali se quelli che l'obbligo già lo devono rispettare (medici e personale della scuola) sono i due terzi del totale?
Per tutte queste ragioni Draghi vorrebbe imporre l'estensione questa settimana, e in tutti i luoghi di lavoro. Salvini è rassegnato a subirla, ma farà fino in fondo la parte di chi è contrario, e la decisione di ieri del governo inglese di rinunciarvi darà fiato alle sue rimostranze. Il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta spinge per il compromesso, ovvero l'estensione immediata ai soli statali: è la precondizione per costringere a tornare in ufficio i troppi ancora in smart working, con conseguenze nefaste sui tempi per il disbrigo delle pratiche burocratiche.
Basta qui citare il caso degli sportelli anagrafici, nei quali è normale attendere tre mesi per una carta di identità. Il ministro dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti è d'accordo con Brunetta per un motivo speculare: l'estensione limitata agli statali eviterebbe ulteriori spaccature all'interno della Lega. Dunque sul tavolo di Palazzo Chigi ci sono ancora due ipotesi: un allargamento del pass ai soli statali già questa settimana o, in alternativa, un unico provvedimento per tutto il mondo del lavoro la successiva. Confindustria e sindacati non sono contrari.
In ogni caso la norma non sarà in vigore prima di un mese: abbastanza per dar tempo ai non vaccinati di adeguarsi, e permettere ai partiti di affrontare il primo turno delle amministrative senza il fardello di una decisione impopolare. Ormai tutta l'agenda ruota attorno a questo, e lo testimonia la rapidità con cui cambiano le priorità di politica interna: settembre avrebbe dovuto iniziare con un forte allargamento del Green Pass, e così non è stato.
La delega sulla concorrenza, programmata per la scorsa estate e poi rinviata a metà settembre, potrebbe slittare fin dopo il primo turno nei Comuni, il 3 e 4 ottobre. I partiti osteggiano l'introduzione di maggiore concorrenza nei servizi pubblici locali e il rispetto della direttiva Bolkenstein sulle concessioni, in particolare le balneari. Draghi vorrebbe una soluzione che cancelli la procedura di infrazione europea, ma i partiti non sembrano intenzionati ad assecondarlo.
Il consigliere di Palazzo Chigi per le questioni giuridiche, Marco D'Alberti, aveva ipotizzato un compromesso: compensazioni per le imprese che hanno effettuato investimenti negli stabilimenti. Salvini per primo è contrario anche a questo: per lui va benissimo la proroga fatta nel 2019 dall'allora ministro del Turismo Gian Marco Centinaio.
Per non dare l'impressione della paralisi, c'è chi non esclude la possibilità che il governo ora mandi avanti il testo di riforma fiscale, fin qui congelato. La delega è sufficientemente generica, dovrà passare comunque dal Parlamento e i tempi per l'entrata in vigore (nel 2023) lasciano i margini per un accordo. Il passo successivo sarà la Finanziaria, ma a quel punto i sindaci saranno eletti e Draghi riavrà spazio politico. Semestre bianco permettendo.
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