COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
VIRGINIA RAGGI E MARCO TRAVAGLIO
Simone Canettieri, Michela Allegri e Sara Menafra per www.ilmessaggero.it
Epilogo oggi del processo Raggi che rappresenta una sorta di bivio per Roma. Nel processo alla sindaca Virginia Raggi per la nomina di Renato Marra alla direzione Turismo del Campidoglio, la difesa del sindaco ha aperto alle 11 con la sua arringa. A prendere la parola davanti al giudice monocratico, gli avvocati Pier Francesco Bruno, Emiliano Fasulo e Alessadro Mancori.
Bruno ha chiesto l’assoluzione con la formula più ampia: “perché il fatto non sussiste”. Ha appena finito di concludere la requisitoria il primo degli avvocati della prima cittadina, Pierfrancesco Bruno. Ora la parola passa agli altri due difensori: gli avvocati Emiliano Fasulo e Alessandro Mancori.
VIRGINIA RAGGI E MARCO TRAVAGLIO
Sentenza nel pomeriggio. La sentenza è attesa nel pomeriggio. La Procura ha chiesto una condanna a 10 mesi di reclusione. Subito dopo l'intervento della difesa della raggi il giudice Roberto Ranazzi si chiuderà in camera di consiglio per decidere la sentenza. Secondo i legali del primo cittadino la sentenza dovrebbe arrivare «tra le 15.30 e le 16».
DURA LEX SED LEX
Estratto dell'articolo di Marco Travaglio per il Fatto Quotidiano
Oggi sapremo se Virginia Raggi verrà assolta e resterà sindaco di Roma fino alla scadenza del mandato, o se sarà condannata e dovrà dimettersi in base al codice etico 5Stelle. Nel primo caso potrà finalmente governare a tempo pieno, senza dividersi fra il Campidoglio e il Palazzo di Giustizia, come le è capitato dal giorno dell' elezione per una serie impressionante di indagini su di lei - tutte fondate sul nulla e finite nel nulla - e sui suoi principali collaboratori, quasi tutte finite nel nulla (tranne il processo a Raffaele Marra, per una presunta corruzione risalente all' èra Alemanno).
Nel secondo caso, dura lex (pentastellata) sed lex: l' ipotesi che resti al suo posto in barba al Codice etico, magari con l' escamotage di uscire con tutti i suoi consiglieri dal M5S per sottrarsi alle regole interne, sarebbe un grave errore. Per la sua immagine e per quella dei 5Stelle: le regole, a cominciare da quelle che ci si è dati, si rispettano.
E, se sono sbagliate, si cambiano: ma per il futuro, non ad personam. Noi scriviamo da tempo che il Codice etico M5S è troppo rigido nell' automatismo condanna di primo grado-dimissioni: il principio è sacrosanto, ma poi sono i partiti e i loro probiviri a doversi assumere la responsabilità politica di una scelta così cruciale. Non per convenienza, ma alla luce dei fatti. Se ci sono di mezzo scambi di denaro che fanno pensare a tangenti, malversazioni conclamate, rapporti documentati e consapevoli con malavitosi, abusi di potere accertati, non è neppur necessario attendere un rinvio a giudizio, ma neanche avviso di garanzia: a casa subito (...)
Ieri, dopo l' imbarazzante testimonianza dell' ex capogabinetto Carla Raineri, il pm ha estratto dal cilindro un nuovo movente: la Raggi "mentì all' Anticorruzione nel dicembre 2016 perché, se avesse detto la verità e riconosciuto il ruolo di Marra nella scelta del fratello, sapeva che sarebbe stata iscritta nel registro degli indagati e, in quel caso, rischiava il posto in base al vecchio codice etico M5S , modificato solo nel 2017". Ma non è vero che rischiasse il posto. E nessuno poteva saperlo meglio della sindaca (e della Procura di Roma): la prima volta che la Raggi finì indagata (anche allora per falso), fu addirittura nel luglio 2016, appena eletta, dopo un articolo di Marco Lillo e vari esposti su un incarico all' Asl di Civitavecchia segnalato in ritardo al Consiglio comunale. Eppure nessuno, quando fu eletta, le chiese di dimettersi (l' indagine fu poi archiviata).
E che il vecchio Codice etico non stabilisse alcun automatismo fra iscrizioni o avvisi di garanzia e dimissioni lo dimostrano almeno altri due casi: Pizzarotti, sindaco di Parma, fu indagato nel maggio 2016 per abuso e nessuno lo fece dimettere (fu soltanto sospeso dal Movimento, ma per non aver avvertito i probiviri dell' avviso di garanzia); idem per Nogarin, sindaco di Livorno, indagato pure lui nel maggio 2016 addirittura per bancarotta fraudolenta e rimasto tranquillamente al suo posto. Dunque, se non rischiava le dimissioni, non si sa né se né perché la Raggi avrebbe dovuto commettere il falso (rischiando, lì sì, un' indagine). Lo si saprà, come in tutti i casi controversi senza "pistola fumante", dalla sentenza definitiva. È qui che il Codice etico ha una falla e va modificato. Ma per i casi futuri, non per la Raggi. Che oggi, se condannata, dovrà dimettersi.
DI MAIO E TRAVAGLIOMARCO TRAVAGLIOUN GIOVANE MARCO TRAVAGLIOraggi
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