MA E’ UNA BADANTE O UN BODYGUARD? RITRATTISSIMO DI CHIARA GELONI, “PASIONARIA” BERSANIANA CON LO SCAZZO SEMPRE A PORTATA DI MANO - DIRETTRICE DI YOUDEM, NON TOLLERA CRITICHE AL “SUO” CULATELLO - CANE DA GUARDIA DELLA RETE, AZZANNA CHIUNQUE METTA IN DISCUSSIONE IL “VERBO” - QUELLA VOLTA AL PENTAGONO CHE LEI E CULATELLO (TENERI!) FECERO PIPI’ CONTEMPORANEAMENTE…

Francesco Persili per Dagospia

«Ora Bindi non può dire per chi vota alle primarie? Tutti possono fare politica tranne chi fa politica?» Chiara Geloni, direttrice di Youdem, bacchetta anche il deputato renziano Andrea Sarubbi che su Twitter biasima l'endorsement pro Bersani del presidente del Pd al termine dell'assemblea di sabato. «Ma l'assemblea era finita e stava salutando, non l'ha detto mica nella relazione», la Maestrina del Nazareno fedele alla linea del troncare-quietare-sopire ogni critica, smussa, con ironia: «Ma tanto in base alle vostre teorie è stato un assist per Renzi, no?»

La Pasionaria bersaniana si era già esercitata in un precedente scambio di opinioni con il giornalista de Il Foglio, Claudio Cerasa, intorno al tema trascurabile di chi critica il Bimbaccio "e viene preso per il culo come un deficiente che non capisce che sta tirando la volata a Renzi". Sgradevole, di più: «una cosa un po' fascista, o se preferite, stalinista».

Quindi, Geloni ammette che «screditare in partenza qualunque voce critica non sia per niente democratico». E parla proprio lei, verrebbe da dire, che malgrado una certa vocazione alla discussione aperta finisce per apparire spesso sui social media come l'Erinni dell'ortodossia bersaniana.

Non ti allinei alla linea del partito o sei un professionista del tiro al Pd? Ecco che arriva la reprimenda sulfurea, se non la censura sarcastica della vestale della fabula ufficiale, con la consegna alla congiura del silenzio e/o alla gogna virtuale degli apostati che mettono in dubbio il verbo, i dogmi, il centralismo burocratico, la nomenclatura: in pratica, il Partito.

Già Mario Adinolfi, con la sua verve analcolica e vagamente ispirata a Giuliano Ferrara, ma in sedicesimo, aveva paragonato YouDem, la televisione del partito, oggi visibile solo sul web, ad una via di mezzo tra TelePravda e Rude Pravo. Informazione di regime in cui la celebrazione apologetica del leader e delle iniziative di partito verrebbe officiata con zelante severità pedagogica dalla democrista folgorata sulla via di Bettola. Perché Geloni è una nipotina della Balena Bianca che nasce in una città di anarchici (Carrara), ma cresce nell'Azione Cattolica, è di formazione cattolica, o meglio, popolare, e giura di detestare il pensiero unico. Ascolto, dialogo, sintesi.

Ave Maria e pugni chiusi, che però ha alzato solo una volta ad un concerto di Guccini, durante la Locomotiva come racconta nel suo blog (Chiaragione-A me m'hanno rovinato i cantautori). «E lo so, sarà bellissima come son le nostre donne/ sanno vivere con forza che trascina...".

L'avrà sicuramente ascoltata in qualche Festa dell'Unità, Rosso colore, gran pezzo di quel genio di Pierangelo Bertoli, ora che la Marilyn del Nazareno si definisce di sinistra e sembrano lontani i tempi al Popolo, l'organo ufficiale della Dc in cui ha mosso primi passi nel mondo del giornalismo prima di diventare vicedirettore ad Europa ed entrare anche nel magnifico mondo di Max (D'Alema) dalla finestra catodica di Red Tv con una trasmissione Highlander in cui intervista i grandi vecchi della politica italiana (tra gli altri, Beppe Vacca, Alfredo Reichlin, Oscar Luigi Scalfaro fino a Guido Bodrato).

Un esempio di bionditudine mannara, Geloni è stata irriducibile anti-Veltroni, ha vissuto nella prima linea bersaniana le primarie 2009, voltando apparentemente le spalle all'amico di una vita, Dario Franceschini. Tanto il tempo (ma, soprattutto, la politica) aggiusta tutto e così dopo aver marciato divisi per un periodo i due sono tornati uniti nella maggioranza bersaniana del partito.

Nel frattempo, dalla plancia di comando di YouDem, Chiara Geloni manda su tutte le furie Mario Adinolfi quando decide di non dedicare nemmeno un minuto alla Leopolda renziana per trasmettere un'altra iniziativa, Finalmente Sud, con tanto di chiosa furibonda (e stonata) del pokerista democratico: «Penso sempre che se fossero ancora i tempi in cui gli oppositori pericolosi si silenziavano con un colpo di piccone, userebbero i picconi». Fa un po' ridere immaginare Chiara Geloni come la versione bionda di Ramon Mercader, lo zio di Christian De Sica che ha ammazzato Trotsky.

Oggi, per fortuna, non si usano i picconi, al massimo, Facebook e Twitter. Qui non si fa mancare nulla, la bastonatrice virtuale (e seriale) del dissenso. Scazza con Stefano Menichini, direttore di Europa, sulla raccolta di firme per cacciare Berlusconi. A difesa dell'iniziativa bersaniana, a tutta forza (anche troppa): «State attenti voi a correre dietro al Giornale e a sputtanare l'impegno di milioni di persone».

Non si lascia condizionare, Geloni continua a scambiare post e tweet al veleno sui social network anche con chi fino a qualche giorno prima lavorava al suo fianco. Come Crono ma con rossetto e occhioni blu divora le sue creature, perfino quella Antonella Madeo già redattrice a Youdem, quando se ne va a fare la responsabile della comunicazione di Renzi e sulla vicenda dell'Alcoa twitta che «la politica non se n'era mai occupata».

Apriti cielo, l'Erinni bersaniana la prega di ricordare quante volte Youdem l'abbia invitata in Sardegna a raccontare di quella crisi ed allega una manciata di video. La discussione si infiamma, Geloni interviene a gamba tesa anche in uno scambio di tweet tra Luca Sofri e la sua ex redattrice e manca poco che si tirino virtualmente i capelli tanto che Roberto Seghetti, capoufficio stampa del Pd, è costretto all'interposizione virtuale come fosse un casco blu dell'Onu.

Ne ha per tutti, la direttrice di Youdem. Per quelli che non le riconoscono «autonomia ed indipendenza di giudizio» e per chi la invita alla «neutralità» considerandola apparato e non già dirigente di nomina politica, e naturalmente anche per tutti quei «dipendenti del Pd che ritengono di appoggiare candidati diversi dal segretario».

Il resto è storia di qualche giorno fa con Domenico Petrolo, renziano del dipartimento Cultura, che le replica a muso duro parlando di «intimidazioni» e, poi Lino Paganelli, responsabile delle feste Pd, che spara ad alzo zero dandole della ruffiana: «Magari Bersani, a dispetto della sua adulatrice, ragiona valutando competenze e non il tasso di leccaculismo».

Ma Nostra Signora dello Scazzo, ogni tanto si prende una pausa. Quando è andata negli Stati Uniti al seguito del segretario Pd ha postato foto della Casa Bianca e ha raccontato in tempo reale ogni dettaglio della toilette del Pentagono: «Ci ho fatto anche la pipì». Ma come, e Bersani? «Io ho fatto pipì perché il segretario faceva pipì. Altrimenti avrei resistito, chiaro». L'autoironia aiuta sempre ma la fedeltà alla linea (e qualche bacchettata agli oppositori interni) serve di più quando bisogna essere eletti in Parlamento. Speriamo solo che, in quel caso, non trascuri i social media anche perché, altrimenti, da chi sarebbero richiamati all'ordine i tanti Giamburrasca del Pd se non ci fosse lei, la Maestrina della velina rossa?

 

 

PIERLUIGI BERSANI E CHIARA GELONI pier luigi bersani CHIARA GELONI DI YOUDEMPIERLUIGI BERSANI E CHIARA GELONI CHIARA GELONI PIERLUIGI BERSANI E CHIARA GELONI pier luigi bersani PIER LUIGI BERSANI