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Davide Frattini per "Il Corriere della Sera"
Un'attrice mancata che ha bisogno di soldi, la lotta interna tra i capi religiosi di un'organizzazione benefica, le immagini estorte in una camera d'albergo, il ricatto. Quasi tre anni fa Amit Forlit è stato coinvolto come testimone in uno scandalo che i giudici del tribunale di Gerusalemme stanno ancora valutando.
Forlit è il titolare della Gadot Information Services, l'agenzia di investigazioni israeliana che ha assoldato i tre detective italiani trovati dalla Digos attorno all'abitazione di Mukhtar Ablyazov. Da lui - ricostruisce l'inchiesta amministrativa di Alessandro Pansa, il capo della polizia - hanno ricevuto «l'incarico di individuare nella zona di Casal Palocco la presenza del ricercato», il dissidente kazako.
Il registro delle imprese segnala che alla fine di aprile - poche settimane prima dell'operazione Ablyazov - la società di Forlit ha ottenuto un prestito di 230 mila shekels (circa 50 mila euro) da una banca israeliana. In garanzia offre una Audi A6: il mutuo e il capitale sociale di 10 mila euro non sembrano raccontare un'agenzia particolarmente sviluppata. La sede è a Herzliya, sobborgo elegante a nord di Tel Aviv, al telefono l'investigatore israeliano conferma: «Ho assunto i tre italiani per seguire Ablyazov, non voglio dire altro».
Nel gennaio del 2011 è stato fermato e interrogato dalla polizia locale, perché è stato lui a presentare e raccomandare l'attrice Tom Darom ai detective denunciati in un caso di minacce e pressioni illecite. Darom, allora venticinquenne, aveva lavorato in passato per Forlit: «Stavo scrivendo una sceneggiatura con protagonista un agente privato - ha testimoniato - così ho contattato Amit e mi ha proposto di partecipare a qualche sua operazione». L'attrice è stata usata per indagini sotto copertura dentro ai locali notturni di Tel Aviv: «Dovevo interpretare una ragazza che si vuol divertire e raccogliere informazioni su alcune persone a quelle feste».
La nuova «interpretazione» - un intervento a cui Forlit non ha partecipato - prevedeva invece di presentarsi come una ricca benefattrice a Dudi Zilbershlag, molto noto nella comunità ultraortodossa di Gerusalemme e fondatore di Mifal Chaim-Meir Panim. Due altri leader dell'organizzazione che aiuta le famiglie povere tra gli haredim avrebbero cercato di ricattarlo: secondo l'accusa, volevano ottenere foto compromettenti per estrometterlo dal gruppo e perché erano convinti che intascasse parte delle donazioni.
Dopo una sere di incontri, Darom ha invitato il religioso nella sua stanza d'hotel a Tel Aviv e gli ha proposto di spogliarsi per potergli massaggiare la schiena. «Quando mi hanno reclutata per la missione, mi avevano convinto che fosse importante smascherare Zilbershlag: i detective hanno insinuato che fosse corrotto e che molestasse le donne. Non sapevo ci fossero le telecamere nascoste e che tutto venisse filmato».
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