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Fabio Tonacci per "la Repubblica"
Milioni di cartelle esattoriali di Equitalia sono appese all'esito di una contesa tra giudici. Da una parte quelli di Cassazione, che considerano valida la notifica per posta con raccomandata e ricevuta di ritorno. Dall'altra decine di giudici di pace e commissioni tributarie che, da Nord a Sud, stanno annullando cartelle di pagamento. La motivazione? Deve obbligatoriamente essere un ufficiale giudiziario o un messo comunale a notificarle al contribuente. Questione cavillosa, da fiscalisti, ma che può fare una enorme differenza.
Lo sa bene una ex impiegata genovese in cassa integrazione. In un anno aveva accumulato 8mila euro di debito con l'Erario per multe non pagate. Equitalia stava per procedere al fermo amministrativo dell'automobile, ma lei ha fatto ricorso sostenendo che gli avvisi fossero irregolari. E il suo appello è stato accolto. A salvarla, per adesso, dalle "ganasce fiscali" è la sentenza 4486 del giudice di pace di Genova pubblicata il 27 giugno. In base a un decreto del 1973, infatti, Equitalia non è considerata soggetto abilitato alla notifica diretta degli atti e deve quindi appoggiarsi agli ufficiali delle riscossioni, alla polizia municipale o ai messi comunali. Quindi la notifica arrivata alla signora è da considerarsi "inesistente". Mai avvenuta.
A Genova è stato solo l'ultimo caso. Alla stessa conclusione sono giunte di recente le commissioni tributarie di Milano (sentenza 349/35 del 2011 a favore di un amministratore che ha dimostrato come l'avviso di Equitalia fosse arrivato a un dipendente di un'altra società ), di Catanzaro (sentenza 250/01 del 2010, è stata data ragione a un contribuente che aveva un debito di quasi 300mila euro perché «la notifica dell'atto può sì avvenire mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento, ma sempre attraverso un soggetto abilitato»), di Lecce (sentenza 909/05 del 2009, relativa a un mancato pagamento di imposte Iva, Irpef e Irap).
Su 34 milioni di cartelle Equitalia notificate ai contribuenti italiani negli ultimi due anni la percentuale di quelle inviate via raccomandata si stima essere molto alta, attorno al 40-50 per cento. Potenzialmente, se tutti facessero ricorso, sarebbe una catastrofe fiscale. Ma la realtà giuridica è un'altra, perché le decisioni di giudici di pace e commissioni tributarie raramente resistono ai tre gradi di giudizio. In Cassazione vengono ribaltate.
«Non bisogna illudere le persone - spiega Paola Conforti, responsabile legale di Equitalia - la Corte di Cassazione negli ultimi anni ha tenuto un orientamento costante e univoco, le notifiche via posta sono valide. Lo ha ribadito ancora una volta la sentenza 11708 dello scorso anno». Un pronunciamento che lascia poco spazio alla fantasia di chi fa ricorso: «La notifica può essere eseguita - si legge - direttamente dal concessionario
o mediante raccomandata con invio di ricevimento».
Epperò le decisioni dei giudici tributari di primo grado stanno agitando le acque già molto movimentate dei contenziosi legati alla riscossione a mezzo ruolo. «Solo tesi interpretative personali», le liquida Paola Conforti. Più possibilisti invece gli avvocati delle associazioni dei consumatori. «Si è aperto un varco interessante - spiega il legale Roberto Barbieri del Movimento dei Consumatori - può portare a nuove interpretazioni della giurisprudenza anche ai piani alti della Cassazione».
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