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1. ERDOGAN: KOBANE È IN MANO ALL’ISIS, SERVONO TRUPPE DI TERRA. CURDI, PROTESTE E FERITI
PROTESTE ANTI ERDOGAN A BERLINO
Il presidente Tayyep Erdogan ha annunciato che Kobane, la città siriana al confine con la Turchia, «sta per cadere» nelle mani dei jihadisti dell'Isil, che stanno stritolando le ultime resistenze dei curdi. Il presidente turco ha affermato che è necessaria un'operazione di terra per sconfiggere i jihadisti.
Non ha chiarito però se intende inviare i 10mila soldati e le decine di carri armati turchi schierati sul confine, a meno di 800 metri dalla città, o se prima chiederà un cambio di strategia della coalizione guidata dagli Stati Uniti, ai quali ancora oggi ha chiesto di intensificare i raid aerei. Il premier Ahmet Davutoglu ha condizionato un'intervento armato di terra all'impegno della coalizione a rovesciare il regime di Bashar Assad, con l'imposizione di una “no fly zone” nel Nord della Siria.
In realtà la Turchia interverrà soltanto quando i curdi saranno allo stremo perché li ritiene per le loro aspirazioni irredentiste una minaccia maggiore del Califfato. Ma la crisi di Kobane ormai invade anche le strade della Turchia.
DE MISTURA (ONU): AGIRE SUBITO
La comunità internazionale deve «agire subito» per difendere Kobane sul punto di cadere nelle mani dell'Isis. Lo ha detto l'inviato dell'Onu in Siria Staffan de Mistura. «Il mondo, noi tutti deploriamo che l'Isis sia in grado di prendere il controllo di una città che si è difesa coraggiosamente ma che potrebbe non riuscire più a farlo».
PROTESTE A ISTANBUL
Ci sono state manifestazioni di protesta oggi con alcuni feriti nei quartieri di Istanbul a Gezi e nella parte asiatica di Kadikoy, mentre nella città curda di Mus, a nord-ovest del Lago Van, è stato ucciso da un proiettile delle forze di sicurezza il giovane Hakan Baksun, 25 anni. Nelle città del sud-est della Turchia, a maggioranza curda, sono in corso scioperi e cortei.
A BRUXELLES IRRUZIONE DI MANIFESTANTI CURDI NEL PARLAMENTO EUROPEO
Un centinaio di manifestanti curdi hanno oggi fatto irruzione nel Parlamento europeo. Si sono registrati diversi feriti tra le forze di sicurezza. Lo si legge in una nota circolata dal presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, allo staff del palazzo. Secondo un funzionario del Parlamento, i feriti tra le forze di sicurezza sarebbero otto. I curdi da giorni protestano davanti al Parlamento europeo a Bruxelles.
2. MORIRE PER KOBANE
Alberto Negri per “Il Sole 24 Ore”
I curdi saranno pure un popolo senza stato, come i palestinesi, ma sono una nazione con l'anima. Eccoli qui a combattere contro il Califfato e a morire, forse inutilmente, per Kobane, come del resto abbiamo già visto i curdi iracheni battersi a Makmur e nella piana di Mosul, per sopravvivere, per il sogno di un'indipendenza che nessuno dei loro vicini vuole, ma anche per noi che in Occidente vorremmo cancellare, almeno a parole, l'Isis dalla faccia del Medio Oriente. Ma domani non ricorderemo più il nome di quella giovane guerriera, Arin Mirkan, madre di due figli, che si è immolata da kamikaze per fermare i miliziani alla periferia di Kobane: non ha visto la bandiera nera dei barbari sventolare sulla sua città.
la mappa di kobane kobani con l avanzamento di isis
I curdi sopportano da secoli questo e altro. Non sono innocenti e puri, fanno la guerra con tutti i mezzi, anche da terroristi, così viene classificato dalla Turchia il Pkk di Abdullah Ocalan, alleato fino a oggi dei curdi siriani. Ma il loro coraggio ispira ammirazione e i colori sgargianti dei loro abiti, i capelli sciolti delle loro donne, il sole zoroastriano a dodici raggi della loro bandiera gialla, la festa di primavera di Nowruz, ci dicono quanto siano antichi. Migliaia di anni di storia di un popolo indoeuropeo, non arabo, che cerca di dire al mondo: noi siamo qui con voi, da sempre. E anche prima di noi: sulla rocca di Erbil le mura dei curdi, quando combattevano con sumeri e assiri, risalgono a cinquemila anni fa.
la bandiera isis su un edificio alla periferia di kobani
Divisi in quattro nazioni (Turchia, Iraq, Iran e Siria) i curdi (tra i 35 e i 40 milioni) sono il popolo più numeroso del mondo senza uno stato. I curdi sono per la maggior parte musulmani sunniti ma anche sciiti, tenuti insieme da legami culturali e territoriali più che da religioni o ideologie, quei legami per i quali le tradizioni e la lingua hanno resistito all'usura dei decenni che li hanno visti separati. Sono sporavvissuti alle brutali repressioni da parte dei regimi della regione, ai gas di Saddam Hussein, e ancora prima a una serie di conquistatori che gli hanno impedito di diventare indipendenti.
Per la verità uno stato curdo era previsto dal Trattato di Sèvres del 1920, con il quale Italia, Francia e Gran Bretagna intendevano dividersi i resti dell'Impero Ottomano, un accordo che tracciava i confini di nuove nazioni là dove un tempo c'era soltanto la Sublime Porta. Ma il Trattato non entrò mai in vigore per la vittoriosa insurrezione repubblicana e le conquiste territoriali di Ataturk che cancellarono il progetto di un Kurdistan indipendente e anche lo spazio riservato all'Armenia.
I curdi non sono tutti uguali, sono diversi e a volte persino nemici tra loro. Tre anni di guerra civile negli anni 90 hanno contrapposto i due principali partiti del Kurdistan iracheno rappresentati da Massud Barzani e Jalal Talabani. Nonostante l'antica utopia curda sia quella di creare uno Stato unitario a cavallo tra Iraq, Siria, Turchia e Iran, la realtà è che sino a pochi mesi fa tra Erbil, capitale del Kurdistan iracheno, e Qamishli, quella della zona siriana di Rojava, non correva buon sangue. Dalla Turchia lo avevano detto in modo chiaro ai capi di Erbil: se voi vi alleate con Qamishli chiudiamo la frontiera e strozziamo la vostra economia.
Dalla millenaria rocca di Erbil si avvistano i lembi fiammeggianti dei pozzi di petrolio, la vera posta in gioco del Kurdistan che soprattutto per questo vuole staccarsi dal sempre più labile governo centrale di Baghdad. Ma oggi, nella guerra contro il Califfato - una battaglia che sul campo l'Occidente non ha nessuna voglia di combattere e per di più la fa con alleati riluttanti - risulta più facile dare qualche arma spuntata ai curdi come una cartolina di auguri di buona riuscita che occuparsi dei loro sogni di emancipazione.
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