ETEROGENESI DI FINI – SCOMPARSI I REPUBBLICONES CHE VEDEVANO IN LUI L’ANTI-CAINANO A COLPI DI UN’INTERVISTA AL GIORNO, RIECCOLO ALLA CAMERA INSIEME AGLI SFIGATI MENIA E BOCCHINO

Antonello Caporale per "il Fatto Quotidiano"

Toh, chi si rivede! Ma è Gianfranco Fini, abbronzato al solito, beato lui, con una bellissima cravatta di un verde lucido, nessuna ruga in più, asciutto, serio. Come nuovo. La trasformazione dell'inquilino di maggior peso della Camera in un ospite di passaggio ha radunato un bel po' di attivisti della memoria nella magnifica Sala della Regina, il luogo di più assolato prestigio che Montecitorio potesse riservargli.

Lui, l'ospite, era l'oggetto narrante del libro in cui Paolo Armaroli, l'amico costituzionalista (anch'egli ex) ha ricostruito il doppio Gianfranco. Ciascuno di noi ha uno specchio, e ogni specchio rimanda una versione, un volto, un profilo. Ieri è stata fatta l'anamnesi di Fini, con accurati e caritatevoli speech. Molto materno quello di Anna Finocchiaro. Solidale anche Luciano Violantre.

L'uditorio di età avanzata ha ripercorso in un attimo la lunga traiettoria che portò Gianfranco, pupillo di Almirante (naturalmente la signora Assunta in prima fila) al potere dell'Italia postfascista. "C'è un tempo per parlare e uno per riflettere", ha detto l'ospite. E ha fatto intendere che a breve uscirà un suo libro, e dunque la conta delle coltellate date e ricevute da Silvio Berlusconi, l'amico divenuto acerrimo nemico, è rimandata in una prossima presentazione.

Ci siamo dovuti accontentare di Armaroli e del pensiero lungo che ha ravvivato la nostra mente: due Gianfranco a confronto, statista e camerata, tifoso della democrazia e un po' anche dei manganelli (ahi Genova!). Con la cravatta, in tuta da sub, innamoratissimo della giovane e promettente compagna. Allo stadio con la vecchia moglie. A Montecarlo col cognato.

Un Fini di diritto e di rovescio. Un Fini di successo e un altro, questo qua, di cocente sconfitta. Perdente a 24 carati. Anche per questo, perdonerete la malizia, per osservare da vicino un ex vincente, assistere al suo nuovo incedere ora libero da vassalli, autisti, portaborse, avevamo raggiunto la sala in speranzosa attesa.

C'era un bel mucchio di amici reduci, i più prossimi, falcidiati anch'essi dall'esito disastroso di un partito disastroso, forse il più farlocco della storia della Repubblica. Si chiamava Fli, e stava per Futuro e Libertà. Futuro di chi? Italo Bocchino, ricordate sì?, è dovuto retrocedere dall'epopea di Porta a Porta, perenne predellino dinanzi alla tv, a una scrivania, concessa per antica amicizia, del gruppo Romeo, gestore, a Napoli e in altre città, di affari immobiliari con qualche grattacapo giudiziario.

Che pena e che peccato. I Fini boys erano tanti, col tempo diluiti e infine scomparsi. Ne restavano ieri alcuni ancora integri. Come il triestino Menia, grande fascista in gioventù e oggi abbacchiatello. Gasparri è scappato, come pure La Russa, figurarsi Matteoli... Si chiamavano colonnelli, ma oggi - con l'aria che tira - sono accampati nei dintorni di re Silvio, l'uomo solo al comando.

 

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