EURO TRAGEDY - IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO EUROPEO JUNCKER PARLA DI POSSIBILE “RECESSIONE” E LE BORSE AFFONDANO - L’EUROPA HA MESSO PARECCHIA CARNE AL FUOCO NELLE PASSATE SETTIMANE MA L’EURO È TORNATO SOTTO 1,3 $ - IN GRECIA PIÙ CHE DI TRAGEDIA SI PARLA DI DRACMA - NESSUNO PRESTA PIÙ SOLDI A NESSUNO PER TIMORE DI RIMANERE CON IL CERINO ACCESO IN MANO E LE BANCHE PARCHEGGIANO CENTINAIA DI MLD IN BCE - TUTTI ASPETTANO LA SVOLTA POLITICA CHE L’EUROPA NON È ANCORA RIUSCITA A REALIZZARE…

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Marco Zatterin per "la Stampa"

Ci sono cose che si sanno, ma che è talvolta meglio non ribadire. Finirà per accorgersene anche Jean-Claude Juncker che, tornando dalla pausa natalizia, ha ingenerato ieri qualche nuova tensione sui mercati rammentando all'Europa che sta correndo «sull'orlo della recessione».

Lo ha fatto a fin di bene, il lussemburghese che guida l'Eurozona, l'intenzione era spronare i Ventisette a correre, agendo sulle stabilizzazione dei conti pubblici e lavorando a sostegno della crescita. Non voleva nemmeno essere pessimista, ha pure detto che «il 2012 sarà un anno chiave per l'euro» e alla fine «vedrete che alcune decisioni importanti per avvicinarsi gli obiettivi (di rilancio) saranno state prese». Niente da fare. L'euro è risceso sotto 1,30 col dollaro, in una giornata di cattivi umori.

Le piazze finanziarie hanno incassato ieri la loro prima giornata negativa dell'anno dopo due positive. Facile dare la colpa al comparto bancario che semina paure, eppure gli operatori e le banche d'affari continuano a non essere convinti della bontà del futuro europeo. Trova proseliti la fede di chi continua a scommettere su un'uscita della Grecia dal club della moneta unica, nonostante le smentite reiterate da tutti gli addetti ai lavori. «Il ritorno alla dracma non è un'opzione», ha ribadito lo stesso Juncker.

Anche lui non aiutato dal pressing dei greci sui privati che devono partecipare al loro mini crac pilotato. Il premier ellenico Lucas Papademos si è distinto nel rammentare il tragico destino che attende il suo paese qualora non fosse raggiunto un accordo con la Troika Fmi/Bce/ ue e i creditori privati di Atene. «Sarebbe il default», ha detto. L'insolvenza, la bancarotta. Anche lui voleva alzare la tensione per il negoziato «per un piano finanziario credibile per il triennio 2012-2015» che si apre a metà gennaio. Anche lui ha spaventato gli astanti.

Serve chiarezza. Serve dinamismo. L'Europa ha messo parecchia carne al fuoco nelle passate settimane. Ha un accordo internazionale detto «fiscal compact» in cui la cancelliera Merkel ha voluto far convogliare tutte le iniziative per il rafforzamento del governo dell'Eurozona, il coordinamento delle politiche comuni e le sanzioni per chi sgarra. Domani, come da programma, si vedono a Bruxelles i negoziatori delle istituzioni ue, degli stati membri del parlamento europeo. Un ulteriore incontro, si spera decisivo, è già calendarizzato per il 18, in vista della riunione dei ministri economici del 23 e quella a livello di capi di stato e di governo dell'Unione del 30.

Quest'ultimo summit è stato convocato per parlare di crescita. Era ora. La stima della Commissione per l'aumento del pil nell'anno che s'è appena aperto è dello 0,5 per cento, ma è la media di previsione in cui Bruxelles trova eccessivi ottimismi.

Fra lo 0,1 indicato per l'Italia dalla Commissione e il -1,6 stimato dalla Confindustria c'è una differenza che sollecita la paura che il nostro dato sia errato e non sia l'unico. Dunque si esige una strategia vera, che cominci anzitutto - aiutando in chiave politica l'azione della Bce (che ieri avrebbe comprato titoli portoghesi e irlandesi) - a riportare la liquidità sui mercati dei finanziamenti alle imprese. Questo, almeno,è quanto si sente ripetere con costanza a Bruxelles.

Non confortano le notizie che arrivano da Francoforte. A leggere i dati Bce sull'ammontare dei depositi di brevissimo termine che le banche vi lasciano parcheggiati per un giorno si trovano nuovi record. Sarebbero 453 miliardi, conseguenza del clima di diffidenza reciproca in cui nessuno presta più soldi a nessuno per timore di rimanere con il cerino accesso in mano. Gli analisti avvertono che «questa crescente mole di depositi potrebbe anche derivare da scadenze tecniche legate alle chiusure dei bilanci annuali». Nel dubbio tutti restano fermi e attendono la svolta politica di sostegno a euro e crescita che, sinora, l'Europa non è ancora riuscita a realizzare in modo convincente per tutti.

 

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