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LA FESTA DELL’UNITÀ? SEMBRA TORNATA QUELLA DELLA GUERRA FREDDA - IL 2 SETTEMBRE SI APRIRÀ A REGGIO EMILIA L'OTTANTESIMA FESTA NAZIONALE DEL PD: IL PROGRAMMA È ANCORA IN ALTO MARE MA NELLE ULTIME EDIZIONI SONO STATI INVITATI SOLO ESPONENTI DEM E DEI PARTITI ALLEATI, COME NEL PRIMO DOPOGUERRA QUANDO I DIRIGENTI DETTAVANO LA LINEA E I "MILITONTI" SI SENTIVANO CONFORTATI - UNA CHIUSURA FIGLIA DELLA LINEA DELLA "DUCETTA DEL NAZARENO" ELLY SCHLEIN E DELLO SPIRITO DEL TEMPO IN CUI OGNUNO SE NE STA NEL PROPRIO BUNKER A SPARARE CONTRO GLI AVVERSARI. LA STESSA PIGRIZIA HA CONTAGIATO ANCHE ATREJU, LA KERMESSE CREATA NEL 1998 DAI GIOVANI DI DESTRA GUIDATI DA GIORGIA MELONI…

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Fabio Martini per “La Stampa” - Estratti 

 

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Ancora qualche giorno e la Festa dell'Unità compie 80 anni. A prima vista si potrebbe confondere con uno dei tantissimi anniversari in ricordo di eventi irrilevanti e invece questo compleanno è destinato a celebrare qualcosa di originale: "l'istituzione" partitica più resistente della politica italiana. L'ultima. Non esistono quasi più le sezioni di partito, azzerati i giornali, rarefatti iscritti e congressi, ma la Festa dell'Unità è ancora lì.

 

Da 80 anni si ripete puntualmente la formula - politica, tortelli e musica – che era stata sperimentata nella prima delle Feste nazionali, quella che si svolse a Mariano Comense, dall'1 al 3 settembre 1945, poche settimane dopo la Liberazione. 

Nel corso dei decenni successivi la Festa è diventata una delle bandiere, prima del Pci e poi dei partiti che via via si sono succeduti sino al Pd. 

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L'ultima istituzione popolare e di strada della Prima Repubblica si dimostra una splendida ottantenne e resiste bene, ma di recente vive anche un curioso cambiamento: le Feste sono diventate "autarchiche".

 

Il 2 settembre si aprirà a Reggio Emilia l'ottantesima Festa nazionale, il programma è ancora in gestazione e magari spunterà qualche sorpresa, ma nelle ultime edizioni sono stati invitati soltanto esponenti del Pd e dei partiti alleati o limitrofi. 

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Una drastica mutazione rispetto al passato: dagli anni Ottanta le Feste nazionali erano diventate piazze pluraliste, aperte al confronto, lasciandosi alle spalle l'identità da "fortezza" degli anni precedenti, un'identità ben descritta nel 1976 da Alberto Moravia: "Le Feste dell'Unità hanno il vantaggio di combinare in sé tre idee base: quella della festa cattolica, quella dei Soviet e quella del mercato".

 

Una pennellata che restituiva l'essenza dei primi 30 anni del dopoguerra: i dirigenti visti come "divinità" laiche, a cominciare dal segretario, con la sua "benedizione" finale davanti a migliaia di fedeli; l'inamovibile stand dell'Urss; il "mercato" delle salamelle, ingegnosa e generosa fonte di autofinanziamento. 

 

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Un modello che aveva preso forma a partire da quella prima edizione alle porte di Milano: sull'esempio delle feste francesi dell'Humanitè, nel settembre 1945 si era svolta la "scampagnata dell'Unità", che presto sarebbe diventata anche l'ostentazione di una capacità gestionale da parte di un partito sempre all'opposizione.

 

Feste frequentate quasi unicamente dal popolo comunista e per questo il partito si auto-celebrava: nel settembre 1948, si annunciano "carri allegorici, belle ragazze, gare ciclistiche" e un corteo di cinque ore che Italo Calvino resocontò così: «Una incontenibile valanga passa per le vie di Roma». 

 

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E tuttavia, a partire dagli anni Ottanta molto cambia: si passa alle kermesse nazional-popolari, aperte anche ad artisti non di sinistra – da Iva Zanicchi a Sergio Endrigo – ma soprattutto ad ospiti scomodi: da Indro Montanelli a Giulio Andreotti, da Umberto Bossi a Gianfranco Fini, leader delle forze politiche oggi guidate da Giorgia Meloni e da Matteo Salvini. 

E dunque, dal punto di vista del "riconoscimento" dell'avversario, le più recenti Feste somigliano piuttosto a quelle della guerra fredda, quelle nelle quali i dirigenti dettavano la linea, i militanti si sentivano confortati nelle proprie certezze e al massimo era tollerata la presenza di qualche stand dell'Avanti!, il quotidiano dei socialisti, allora alleati di ferro dei comunisti. 

 

Certo, l'attuale introversione non è "colpa" di qualcuno o di qualcuna e semmai riflette lo spirito del tempo: ognuno se ne sta nel proprio bunker a sparare contro gli avversari.

 

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E infatti la stessa pigrizia ha in parte contagiato anche Atreju, la kermesse creata nel 1998 dai giovani di destra guidati da Giorgia Meloni. Dopo essersi aperta per diversi anni a ospiti "scandalosi", l'ultima edizione della festa ha assunto una dimensione monstre che ha finito per "annegare" in un mare di convitati le poche presenze eterodosse. 

 

(…)

 

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Qualche anno fa Mario Secchi, un vecchio compagno che aveva contribuito alla Festa del 1945 raccontò: «Volevamo fare bella figura ma non immaginavano che quella festa organizzata all'improvviso, sarebbe durata tanti anni…». Non è mai potuta esistere una contabilità, ma c'è un dato quantitativo che vale più di ogni commento: da quel primo settembre del 1945 sono stati milioni, decine di milioni, gli italiani che hanno partecipato, almeno una volta nella loro vita, ad una Festa dell'Unità. 

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