DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
Alessandro Giuli per “Libero quotidiano”
I Responsabili? Ma chi se li ricorda più? Tempo una settimana e il paesaggio della politica italiana, ribaltato dall'irruzione di Mario Draghi con il suo incarico presidenziale, ha seppellito nel retrobottega dell'inutilità l'intero manipolo di voltagabbana dal quale aveva cercato di attingere Giuseppe Conte per tenere in piedi il simulacro della sua maggioranza allo sbando.
Effigiati come una figura retorica dall'ex grillino Lello Ciampolillo, il senatore che sconfiggerebbe il Covid con la dieta vegana, hanno vissuto i loro giorni di celebrità autoproclamandosi "Costruttori" e immaginando per sé un ruolo salvifico da ricompensare con le più alte onorificenze.
Guidati idealmente dal centrista Bruno Tabacci, il più sveglio della banda e non per caso l'unico destinato a sopravvivere all' impresa squinternata, i Responsabili si erano raggrumati da diverse latitudini con la medesima volontà di trasformare lo spettro delle elezioni anticipate nell' occasione di una carriera fulminea. E qui non ci riferiamo tanto all'ex berlusconiana Sandra Lonardo, dama di mondo e moglie dell'intramontabile Clemente Mastella, la quale ha compreso prima di altri la mala parata e si è dissolta con tempismo.
Guardiamo piuttosto alle figure di Maria Rosaria Rossi o Luigi Vitali, Andrea Causin o Riccardo Nencini, all'ex camerata Renata Polverini e ovviamente all'ineffabile Ciampolillo.
maria rosaria rossi renata polverini
Ciascuno di loro ha immaginato di regolare conti pregressi con il proprio passato (la Rossi con il suo "ex badato" Silvio Berlusconi); di sfangare la legislatura ritagliandosi un percorso nomadico sempre premiante (Causin passato dal Pd a Forza Italia e infine ai centristi per Conte); di tornare al vecchio ovile senza abbandonare del tutto il nuovo (il socialista Nencini che ha votato la fiducia a Conte accanto al Pd senza rompere con Italia Viva di cui è socio contraente con tanto di simbolo).
SILVIO BERLUSCONI E LUIGI VITALI
Il comune denominatore di queste scelte è ovviamente l'agiata sopravvivenza dei protagonisti che si sono allineati alla ragione sociale governista espressa subito dal Movimento Associativo Italiani all'Estero (Maie) e dai rappresentanti delle minoranze linguistiche, ovvero gli eterni sostenitori di una maggioranza purchessia.
Nel caso di Vitali, traditore per una notte recuperato in extremis da una telefonata del Cavaliere, s'indovinava la caratteristica compresenza dello stato confusionale e di un tariffario (metafora) disponibile alla migliore offerta fino all'ultimo istante.
Non che mancassero aspirazioni più alte dello status quo: è verosimile che più d'un responsabile conservi ancora ben riposto nell'armadio l' abito buono per un giuramento da sottosegretario nell'abortito Conte ter.
Dopotutto l'operazione, nelle premesse dell' ex premier e di Tabacci e dei Mastella, oltre a neutralizzare il ribellismo di Matteo Renzi doveva preludere a un ambizioso progetto di lunga gittata: la cosiddetta "lista Conte", punto d'arrivo del raggruppamento parlamentare trasformista. Ma ecco che, a distanza di così pochi giorni, il nucleo di questo nuovo partito personale incoraggiato da sondaggi benevoli si è rivelato l'ennesimo soggetto smarrito della politica italiana.
Poteva forse essere la polizza d'assicurazione sul futuro dell'avvocato di Volturara Appula nelle trattative con i Cinque Stelle e il Pd, ma alla fine lui ha preferito obbedire al richiamo all'ordine di Beppe Grillo e si è riunito al gregge di Luigi Di Maio.
E adesso? Sparite le telecamere, usciti dal cono di luce mediatico che ne illuminava i sorrisi enigmatici e ne scandagliava più o meno improbabili curricula, dei Responsabili non resta che il rarefatto ricordo, come il bagliore di un sogno interrotto nel dormiveglia.
Mancò la fortuna, non il disonore. Ma a ben vedere, sia pure loro malgrado, nel piccolo pascolo trasformista resta intatta una non trascurabile greppia consolatoria: quei circa 350mila euro di stipendio ancora da intascare da qui a fine legislatura. Non tutte le sfortune riescono col buco.
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