DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
1- BEFERA: «SERVONO EROI PER FAR PAGARE LE TASSE»
Giovanna Cavalli per il "Corriere della Sera"
Quella dello 007 del Fisco è quasi una missione, in una nazione di grandi, piccoli e spesso sfacciati evasori. «In Italia abbiamo bisogno di eroi per svolgere un'attività istituzionale ordinaria come quella per far pagare le imposte», diceva ieri sera Attilio Befera, direttore dell'Agenzia delle entrate, intervistato a Matrix.
Osservando con sconforto che «nei Paesi occidentali chi corre il rischio di andare in galera è chi non versa quello che deve di tasse. Qui da noi invece i pericoli li corre chi tenta di non farle evadere». Riferendosi ai ripetuti attacchi contro le sedi di Equitalia, ha spiegato che «ci stiamo attivando per proteggere i nostri uomini con telecamere, metal detector e altri sistemi di sicurezza». Un costo aggiuntivo per la pubblica amministrazione «che invece potrebbe utilizzare quei fondi per fare qualcosa di più utile alla comunità ».
E alla domanda se si fosse sentito abbandonato dalla politica, il direttore in questo momento più famoso d'Italia - bersaglio di aspre critiche di Lega e Pdl per il blitz di Cortina - ha risposto che «da quando il presidente Monti ha ringraziato gli uomini e le donne della Guardia di Finanza e gli operatori dell'Agenzia delle entrate, non ci sentiamo più soli».
E i suoi ispettori un po' degli eroi nazionali lo sono diventati per davvero, quando con gran spiegamento di forze, sono piombati nella perla delle Dolomiti scovando finti indigenti con suite a cinque stelle e auto da milionari. «L'operazione di Cortina non l'abbiamo studiata per avere consenso. à una come tante ne abbiamo fatte e ne facciamo. Ovunque. Al Nord come al Sud. Dire che l'evasione sta sempre da un'altra parte è un vizio tipicamente italiano».
2- BEFERA IL CAMALEONTE CHE CERCA IL DIALOGO
ALL'AGENZIA DELLE ENTRATE HA RESISTITO A TRE GOVERNI
Francesco Semprini per "la Stampa"
Stacanovista con la passione per la battuta pungente pronunciata a mezza bocca tra i fumi di «Toscano», ma anche creatura tributaria calcolatrice col «feeling» per il potente di turno. Attilio Befera, è certamente il personaggio del momento. Vuoi per il blitz di Cortina d'Ampezzo, vuoi per gli attentati ad Equitalia, mai come prima il direttore generale dell'Agenzia delle Entrate era stato tanto ambito o puntato dalle cannoniere mediatiche nazionali.
Una vita dedicata alla finanza creditizia, dalla laurea in Economia e commercio col massimo dei voti, alla cooptazione da parte del suo «talent scout» Vincenzo Visco, e l'inserimento tra gli ingranaggi dell'intricato sistema tributario italiano. Non ancora ventenne entra in Efibanca, nelle cui fila milita per trenta anni. Nel 1995 è nominato ispettore tributario del Secit, grazie anche alle simpatie dell'ex ministro Augusto Fantozzi, e due anni più tardi è dirigente generale al ministero delle Finanze.
Nel 2001, con la nascita delle Agenzie fiscali, passa all'Entrate, è direttore dell'amministrazione, e «reggente» sino all'arrivo di Massimo Romano. Da ottobre 2006 è al comando di Equitalia (già Riscossione spa), reggenza che mantiene anche quando prende in mano il timone delle Entrate nel giugno 2008. Ha due figli più che trentenni, un maschio e una femmina, un matrimonio terminato e una nuova compagna.
Ma Mister Equitalia è anche altro, sia fuori che dentro il civico 426 di Via Cristoforo Colombo. Eccolo come viene raccontato da chi lo conosce. Per rigenerarsi, riprendere fiato, ma anche riflettere su questioni importanti si consegna alla montagna in Abruzzo, la considera la sua culla, nonostante per l'anagrafe sia nato a Roma 29 giugno 1946. E' lì che fa passeggiate lunghissime a volte in solitario, ed è lì che, forse, ha riflettuto nel corso della sosta natalizia per dare il via libera al blitz anti-evasione a Cortina.
«Sia ben inteso le sue pause montanare sono brevi», tiene a precisare chi lavora con lui. Perché il dottor Befera è un vero e proprio stacanovista, in ufficio mai dopo le otto del mattino, e a casa mai prima delle nove di sera, pronto a sacrificare domeniche e festività sull'altare della ragion fiscale. Sempre presente come il suo alone di sigaro che lo segue ovunque vada.
Un mastino da Western con vocazioni da asceta della montagna, sembrerebbe. «Non è così», dicono gli amici che lo definiscono, vulcanico e brillante, con la passione per la musica classica, i film di Andrea Camilleri, e per i suoi cani, un alano e un bassotto. «E con il debole per la battuta, soprattutto se pungente», spiegano i collaboratori che tuttavia respingono l'immagine di uno sceriffo del fisco.
Befera sarebbe invece un sostenitore del rapporto di assoluta pariteticità col cittadino, un alfiere del rispetto del contribuente, filosofia questa che tenta di instillare nelle menti dei suoi collaboratori da sempre, anche attraverso comunicazioni e circolari interne. Tanto da aver promosso una serie di modifiche per la semplificazione delle famose e talvolta temute lettere di «regolarità e irregolarità » sulle dichiarazioni dei redditi. «Del resto la sua longevità in carica è la dimostrazione di questa sua capacità », affermano alcuni. «Più che la dimostrazione è la conferma, ma del suo fiuto politico, o meglio del cambiamento politico», mettono in guardia i critici.
In sostanza Befera avrebbe qualità camaleontiche, tanto è vero che pur essendo stato «scoperto» da Visco, di fatto ai tempi della reggenza di Romano Prodi, si fa è fatto ben volere anche da Giulio Tremonti. Alcuni dicono per motivi di continuità nella gestione tributaria delle entrate, taluni perché ha fiutato il cambio in corsa prima degli altri. Cortina docet.
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