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Stefano Folli per “la Repubblica”
Con ogni probabilità non accadrà, ma la logica politica vorrebbe che Fratoianni e Bonelli, resi celeberrimi dalle vicende delle ultime settimane, uscissero dalla "coalizione Letta" e stringessero un patto con Conte e i 5S.
Del resto, sono loro - insieme ad alcuni esponenti della sinistra Pd - i più desiderosi di riprendere il rapporto politico con quel che resta dei "grillini". Un blocco di questo genere sarebbe fondato su non poche affinità, prima fra tutte l'ostilità all'Ucraina e di conseguenza una politica estera molto attenta alle ragioni di Putin.
Non a caso Fratoianni alla Camera ha appena votato contro l'adesione di Finlandia e Svezia alla Nato: uno dei venti che hanno detto "no", quasi tutti fuoriusciti da sinistra dal M5S. È una posizione legittima, ma ci si domanda quale sintonia esista tra lui e quel patto appena siglato tra Pd e Azione/+Europa che è fondato invece sulla linea atlantista declinata senza esitazioni dal premier Draghi. Contro il quale - è stato ricordato anche questo - Fratoianni si è sempre battuto con coerenza.
Sappiamo che l'intesa Letta-Calenda trova uno dei suoi punti di forza nella politica estera pro-Ucraina, pro-Nato e pro-Unione, nonché nel rivendicare la famosa "agenda Draghi" (in sostanza riforme e buona amministrazione per ricevere i fondi del Pnrr), senza dimenticare la promessa di fare i "rigassificatori": a cominciare da quello contestato a Piombino. Secondo il segretario del Pd, l'accordo con Calenda crea «un magnete che servirà ad attrarre i voti della destra moderata».
ANGELO BONELLI NICOLA FRATOIANNI
Si comprende bene l'ambizione lettiana: la stessa su cui ragionavano i fautori del "terzo polo", se Calenda avesse voluto essere della partita. È il sogno di prosciugare in parte quel voto moderato, in prevalenza berlusconiano, frustrato dalla deriva verso la destra radicale. Ma contro il "terzo polo" l'obiezione è stata che avrebbe diviso le forze e fatto perdere altri collegi. Così si è arrivati al patto con Calenda, ben pagato dal Pd in termini di posti in lista.
Tuttavia resta da verificare se il «magnete» funzionerà lo stesso, anche con Fratoianni e gli altri nella coalizione. Il rischio è che il Calenda riconciliato con il Pd non sia attrattivo come il Calenda "terzopolista".
Di sicuro, tutto sarebbe più chiaro se un segmento della sinistra giudicasse intollerabile la convivenza con i seguaci di Draghi e scegliesse di dar vita a una grande alleanza rosso-verde con Conte, in competizione con Letta-Calenda. In quel caso il «magnete» di cui parla il segretario del Pd potrebbe lavorare con efficacia. Nessuno potrebbe più giocare sull'ambiguità dei Fratoianni e dei Bonelli.
S' intende, si leverebbe ancora più aspra l'accusa di voler dividere il fronte, questa volta da sinistra. Peraltro, ben presto emergerebbe che il vero scopo dell'operazione è ricostruire la coalizione con il Pd, ma alle condizioni dei 5S e dei loro amici ritrovati. Nella sostanza è impensabile.
Ecco perché Renzi, con il suo 2,8 per cento - secondo l'ultimo sondaggio -, se ne sta alla finestra in attesa degli sviluppi. Al momento è stato messo all'angolo dall'asse Letta-Calenda, tuttavia la sua tempra gli impedisce di arrendersi.
Se Fratoianni andasse coi 5S (improbabile), non ci sarebbe spazio per un "terzo polo" tutto renziano e l'ex premier dovrebbe cercare uno spazio dentro i confini dell'area Pd più Azione. Un'ipotesi che certo non vuole prendere in considerazione.
Se invece, come è più probabile, Fratoianni e gli altri resteranno nel centrosinistra, continuando con le punture di spillo anti-Nato, anti-Kiev e anti-Draghi, allora Renzi potrebbe mettere in campo il suo "terzo polo", immaginando una campagna difficile ma non impossibile volta a prendere il 5 per cento. Una campagna contro le ambiguità di un centrosinistra non abbastanza credibile per guadagnare voti a destra.
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