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Paolo Berizzi per “la Repubblica”
manuel valls francois hollande
Quanti altri Kouachi e Coulibaly ci sono in Francia? Di quanti aspiranti “martiri” della jihad è rifornito il vivaio del fanatismo islamico che a Parigi ha sterminato 17 persone in tre giorni? Fino a mercoledì scorso, giorno della strage a Charlie Hebdo, intelligence francese e analisti concordavano su un dato che, con la rilettura che se ne deve fare ora, allarma ancora di più: la Francia è, tra i Paesi europei, il primo serbatoio di reclutamento per i combattenti stranieri arruolati dal Califfo Abu Bakr Al Baghdadi e dalle cellule legate al Al Qaeda.
La palestra suo malgrado più prolifica nel fornire volontari alle milizie dello Stato islamico, che hanno preso il controllo di parte dei territori a cavallo tra Siria e Iraq, e ai gruppi qaedisti come Aqap (Yemen) e Aqim (Maghreb). Adesso la Francia dei fratelli Said e Chérif Kouachi, e del loro sodale Amed Coulibaly, si scopre ancora più “infiltrata” dallo jihadismo della porta accanto.
A certificarlo, aggiornando i numeri al rialzo, è il premier Manuel Valls. Che fotografa il fenomeno sulla base delle informazioni raccolte dai servizi segreti. «Sono 1.400 i cittadini francesi o residenti in Francia impegnati in Medio Oriente o in procinto di andarci. Un numero — spiega il primo ministro — risultato di un grosso aumento in un tempo molto breve».
L’impennata del tributo francese alla causa dell’Is è scandita, calendario alla mano, dallo stesso Valls. «A metà dicembre 2014 (appena un mese fa, ndr) i combattenti erano 1.200 tra quelli già operativi e quelli che si preparavano a diventarlo. Oggi sono 1.400. Quando sono diventato ministro dell’Interno nella metà del 2012 erano solo una trentina di casi». Facendo due conti, in due anni e mezzo dalle città francesi sono partiti per Siria e Iraq 1.370 nuovi jihadisti. Quarantacinque al mese. Per alcuni è stato l’ultimo viaggio. «Sono quasi 70 — aggiunge Valls — quelli morti in quei territori e nelle fila dei terroristi». Parigi, Tolosa, Marsiglia, Lione.
Sono le città dove l’opera di proselitismo del Califfato ha attecchito maggiormente: come pure in Belgio, più che altro per motivi legati alla vicinanza geografica con la Francia. La maggior parte dei combattenti francesi sono figli di immigrati di seconda generazione (nordafricani, maghrebini, arabi, siriani, iracheni): “naturalizzati” come, appunto, i Kouachi e Coulibaly. O come Mohammed Merah, il ventitreenne autore della doppia strage nel marzo 2012 a Tolosa e Montauban.
La rotta seguita dai volontari d’Oltralpe è tendenzialmente la stessa lungo la quale si muovono tutti i combattenti europei che giungono nelle zone controllate dal Califfato: un percorso che passa attraverso il “buco nero” di Istanbul. Da lì, una volta giunti in Siria, i combattenti stranieri si “perdono”.
Per lo più nelle terre in mano ai ribelli siriani, tra Deir el-Zor e Aleppo. Altri, ed è il caso dei fratelli Kouachi, si fanno le ossa nello Yemen, via Oman. Campi di addestramento per esercitazioni militari, indottrinamento religioso, rapine, sequestri. È la formazione dei miliziani stranieri che combattono sul fronte della jihad. Una quarantina sono gli italiani partiti tra 2012 e 2014. Meno di quanti ne partano ogni mese dalla Francia.
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