DAGOREPORT - È TORNATA RAISET! TRA COLOGNO MONZESE E VIALE MAZZINI C’È UN NUOVO APPEASEMENT E…
1- VIDEO - BERSANI CONTRO TRAVAGLIO: «NON PUOI FARE IL MONOPOLISTA DELLA MORALE»
http://video.corriere.it/bersani-contro-travaglio-non-puoi-fare-monopolista-morale/64634644-63ee-11e1-b5fe-fe1dee297a67
2- ARRIVANO I NO TAV. BERSANI FUGGE A PRANZO
A ROMA I MANIFESTANTI OCCUPANO LA SEDE PD E IL SEGRETARIO DEI DEMOCRATICI TROVA RIPARO AL RISTORANTE
Francesca Angeli per "il Giornale"
No Tav e pure no Bersani. La protesta della Val di Susa arriva nel cuore di Roma, precisamente nella sede del Partito democratico, in via Sant'Andrea delle Fratte. Tanta strada ma sicuramente non per incontrare il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. Infatti quando ai manifestanti che irrompevano nella sedeÂdel partito è stato offerto un incontro con Bersani hanno risposto: «No grazie, siamo qui per protestare, per far capire che quelli della Val di Susa non sono soli». Ma evidentemente comunque meglio soli che accompagnati da Bersani.
La protesta, che in queste ultime ore purtroppo ha avuto risvolti drammatici e anche violenti, una volta insediata nella sede del Pd assume invece un volto più grottesco, quasi ridicolo. Basta leggere i commenti su , Pier Luigi Bersani: «La sede del Pd occupata dai No Tav, democratici sgomenti: erano anni che non entrava qualcuno di sinistra», cinguettato da Coinquilina 2000. E ancora: «I No Tav abbandonano la sede del Pd: pare rinuncino perché hanno scoperto che al Pd non sanno cos'è la Tav», ironizza Popoloviola.
Il blitz dei manifestanti, una cinquantina, si è consumato velocemente, circa un paio d'ore di tensione e scontri per fortuna soltanto verbali tra i manifestanti ed alcuni dirigenti del Pd tra i quali Andrea Orlando ed Emanuele Fiano. Fuori dalla sede gli agenti della Digos sono riusciti ad evitare il peggio grazie alla trattativa condotta dal capo Lamberto Giannini che ha permesso che il gruppo si allontanasse verso l'Università La Sapienza senza procedere all'identificazione. L'azione dei No Tav comunque è stata filmata e le riprese sono già in mano alla polizia scientifica.
Perché occupare la sede del Pd? «Se lo dovevano aspettare - dice uno degli autodefiniti occupyPd -Fra i mandanti dell'Alta velocità c'è anche il Pd che si è schierato a favore e se ne frega di quello che il popolo No Tav esprime». Insomma i manifestanti considerano il Pd, definito Profitti democratici su uno striscione sbandierato dai protestatari, un «traditore» per la sua posizione rispetto alla Tav e anche per il modo in cui l'UnitÃ
sta seguendo la protesta. «Parlano dei feriti tra i poliziotti- accusano- ma non dei manifestanti massacrati di botte».
Una ragazza si rivolge ai democratici presenti e li chiama «pecorelle» come il militante che provocava il carabiniere. Certamente questa volta Bersani non può cavalcare la protesta come fece quando salì gioioso sul tetto dell'Università con gli studenti per sostenere quelli che non volevano la riforma universitaria. Riforma che ora il governo di Mario Monti sta portando avanti in piena tranquillità e senza cambiare una virgola con il sostegno di tutte le forze politiche, pure del Pd ovviamente.
Stavolta Bersani si trova in una posizione scomoda e quindi cerca di dare un colpo al cerchio ed uno alla botte, consigliando ai manifestanti di non farsi strumentalizzare. «Sono molto preoccupato è un fase delicatissima, io sono disposto giorno e notte a parlare con i giovani e con chiunque ma serve una netta presa di distanza dalla violenza - dice il leader Pd ÂC'è chi sta cercando acqua dove nuotare,c'è gente che quando annusa disagio e protesta ci infila violenza ed eversione e lo abbiamo già visto. Il Pd non lo permetterà ».
Insomma no alla violenza, insiste Bersani, serve un «confronto civile». Sembra però che non appena i No Tav hanno fatto irruzione nella sede del Pd Bersani abbia prontamente cercato un confronto civile con la tavola da pranzo. à Dagospia ad insinuare che testimoni avrebbero visto il segretario Pd recarsi frettolosamente al ristorante prima che il clima nella sede si surriscaldasse troppo.
3- LA COOP CEMENTO & ROTAIE DAL PCI ALLE SOBRIE INTESE
Giorgio Meletti per il "Fatto quotidiano"
Il ruolo guida della Cmc di Ravenna nell'operazione Torino-Lione aiuta a capire la trasversalità del consenso politico per un'opera che appare - al di là delle resistenze locali in Val di Susa - costosa e di dubbia utilità . Perché la Cooperativa Muratori e Cementieri di Ravenna, fondata nel 1901 da 35 manovali, oggi è un gigante delle costruzioni, con centinaia di soci e migliaia di dipendenti, e un fatturato di 800 milioni di euro.
E se nel corso della Prima Repubblica ha prosperato come braccio armato del sistema di potere economico targato Pci, oggi è diventata una potenza autonoma nel business del cemento: prima, come tutte le cooperative rosse, prendeva ordini dai vertici di Botteghe Oscure, oggi i leader del centro-sinistra devono limitarsi a un atteggiamento di deferente simpatia verso una grande realtà economica con la quale condividono radici antiche e recenti.
Lungo i futuri binari della Val di Susa, dove per ora la Cmc sta realizzando la galleria esplorativa (93 milioni di appalto), rotolano dunque due storie parallele. Ecco da una parte l'allora ministro dei Trasporti Pier Luigi Bersani che il 29 gennaio 2001 firma l'accordo con il governo francese per fare l'alta velocità tra Torino e Lione, e va quasi in estasi: "Quella di oggi è una decisione storica perché come Cavour decise di realizzare il traforo
del Frejus, ora si decide su un passaggio altrettanto strategico.
Una delle opere più grandi in Europa, con tempi ben scanditi". Ben scanditi, certo: "I cantieri partiranno nel 2006", diceva il ministro. E chi disse "questi sono fatti e non parole, una importante vittoria del metodo del dialogo e del partito del fare"? Il ministro dei Lavori pubblici Antonio Di Pietro, il 19 novembre 2007, quando il governo Prodi ottenne dall'Ue l'agognato cofinanziamento dell'opera.
Dall'altra parte c'è un rosso ormai pallido: i cantieri ferroviari sono stati sempre il punto d'incontro delle larghe intese e la Cmc è un simbolo di questa tradizione. Quando fu varata la grande operazione Tav (Torino-Milano-Napoli) nel 1991, la spartizione officiata dal numero uno delle Fs Lorenzo Necci prevedeva per le coop rosse una quota di appalti che doveva stare tra il 13 e il 19 per cento. I grandi costruttori privati cercarono però di far fuori la Cmc e le altre sostenendo che la fine del Pci decretata dalla svolta di Achille Occhetto toglieva alle coop ogni diritto alla quota.
Pochi mesi dopo il gotha dei costruttori privati (da Vincenzo Lodigiani a Enso Papi della Cogefarimpresit) fu messo in galera da Antonio Di Pietro, e i suoi partiti di riferimento (Dc e Psi) scomparvero. Così tutto fu azzerato e la Cmc tornò in pista, in un mercato che ha ricostruito pazientemente i suoi equilibri spartitori.
Nel curriculum della coop di Ravenna c'è la partecipazione alle più importanti tratte dell'alta velocità : Milano-Torino, Milano-Bologna e Bologna-Firenze. E anche una presenza importante in tutti i maggiori affari nel mondo delle grandi opere: un bel pezzo della nuova Salerno-Reggio Calabria e il nuovo passante autostradale di Mestre.
La forza della Cmc è nel suo passato. Non solo nella gloriosa storia ultrasecolare, ma anche nell'intreccio del suo destino con i lagami politici. E' Papi, manager Fiat delle costruzioni, ad accusare il consigliere Enel in quota Pci Giovanni Battista Zorzoli: "Al momento di individuare le imprese per l'appalto relativo alla riclassificazione della centrale di Montalto di Castro, Zorzoli fece pressioni perché fosse inserita la Cmc di Ravenna nel raggruppamento stesso". Arrestato il 15 gennaio 1993, Zorzoli, è stato condannato a quattro anni e tre mesi di carcere come collettore delle tangenti rosse sugli appalti dell'Enel. Mentre la Cmc, nonostante il coinvolgimento nelle inchieste di alcuni suoi manager, è uscita con le ossa rotte dall'era di Mani pulite non per colpa dei magistrati ma del mercato.
Come tutte le aziende del settore ha sofferto il crollo degli appalti pubblici a metà anni â90, e stava per fallire. Fu salvata da Gianni Consorte, il padre padrone dell'Unipol, con i soldi delle altre cooperative, segnatamente quelle sempre ricche dei supermercati. E' il momento in cui le coop si emancipano dal partito e decidono di far da sole, facendo scattare il meccanismo della solidarietà mutualistica.
Consorte organizza il sistema finanziario attraverso la Finec, e propizia anche il ribaltone ai vertici della Cmc: a casa il potente Roberto Caporali, sale alla presidenza nel 1996 Massimo Matteucci, entrato in Cmc con i calzoni corti, che sedici anni dopo è ancora lì che comanda.
Perché ormai le cooperative sono governate da un sistema di tipo "cesaristico", come denunciava già molti anni fa l'allora presidente della Lega Coop Lanfranco Turci: sono passate da un sistema di designazione politica dei manager a quello della cooptazione autoreferenziale, tipo fondazioni bancarie: un dirigente salta solo quando la fa davvero grossa, come Consorte che in seguito alla fallita scalata di Unipol alla Bnl fu cacciato da un sinedrio di manager cooperativi potenti e sconosciuti. E siccome sono i risultati che contano, ecco che la Cmc si tiene stretti i suoi appalti, che non sono nè di destra nè di sinistra: sono di cemento, e tanto basta. I politici seguono.
PIER LUIGI BERSANI SANTORO A SERVIZIO PUBBLICONO TAV NELLA SEDE DEL PD AL NAZARENO NO TAV NELLA SEDE DEL PD AL NAZARENO MARCO TRAVAGLIO NO TAVNO TAV NELLA SEDE DEL PD AL NAZARENO Scontri No tavSCONTRI NO TAV - BARRICATA CONTRO LA POLIZIABLOCCHI NO TAV SULL AUTOSTRADA TORINO BARDONECCHIA jpegIDRANTI DELLA POLIZIA CONTRO I NO TAV IN VAL SUSAANTONIO DI PIETROBLOCCO DEI NO TAV SULLA TORINO BARDONECCHIANO TAV AUTO INCENDIATE Cmc di RavennaCONSORTEysoc19 lanfranco turci
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