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Giovanni Orsina per “La Stampa”
giovanni orsina foto di bacco (2)
A più di quattro anni di distanza, credo si possa dire oggi con una certa sicurezza che l'ondata populista giunta allo zenit nel 2018, prima col successo elettorale del Movimento 5 stelle e della Lega salviniana, poi con la formazione del governo gialloverde, si sia in larga misura esaurita.
Il procedere oscillante e le spesso incaute accelerazioni comunicative del leader leghista possono essere interpretate come lo sforzo un po' disperato di richiamare in vita un'atmosfera che si è ormai dispersa. E la scissione della creatura di Beppe Grillo ha tutta l'aria di esser figlia della convinzione diffusa che quell'esperienza sia giunta al capolinea, e che chi si vuol salvare debba cercarsi o crearsi un veicolo politico alternativo.
Al rifluire dell'ondata populista ha contribuito senz' altro il Covid-19, e forse ancor di più la risposta - molto meno salvifica di quanto non si sia detto, ma di certo non irrilevante - che l'Unione europea ha dato alla pandemia. Il populismo italiano ha preso forma dopo la crisi del debito sovrano e l'esperienza del governo Monti, e l'insoddisfazione e le recriminazioni nei confronti dell'Europa vi hanno giocato un ruolo di primo piano.
BEPPE GRILLO - GIUSEPPE CONTE - LUIGI DI MAIO - BY MACONDO
Nel momento in cui l'Unione ha mutualizzato un pezzetto di debito e messo denari sull'Italia, lo spazio per l'euroscetticismo si è oggettivamente ristretto. Il cambiamento di atmosfera, poi, è figlio pure della guerra in Ucraina, anche se in questo caso il processo è soltanto all'inizio e ancora non sappiamo di preciso dove porterà.
Più che di ogni altra cosa, però, credo che l'ondata populista sia stata vittima del proprio stesso successo. Il Movimento 5 stelle è stato al potere per l'intera legislatura, la Lega per buona parte della sua lunghezza. Per più di un anno hanno governato insieme, rivoluzioni non ne hanno fatte, e alla fine hanno divorziato in malo modo. Alla loro innegabile abilità nel canalizzare politicamente la protesta e il malcontento, insomma, non ha corrisposto una pari capacità di fornire alla frustrazione delle risposte concrete. E gli elettori, che sono infelici sì, ma non fessi, li hanno mollati.
vincenzo spadafora primo di nicola luigi di maio iolanda di stasio
Quegli elettori non sono tornati contenti, però. L'ondata populista montata nel 2011, culminata nel 2018 e adesso in via d'esaurimento è stata soltanto un epifenomeno, la contingente manifestazione politica di una profonda e radicale insoddisfazione di settori assai consistenti dell'opinione pubblica, convinti di vivere in un mondo di cui hanno perso il controllo, che non dà più loro garanzie sul futuro, dal quale si sentono emarginati e ignorati.
jean luc melenchon emmanuel macron
Un'insoddisfazione diffusa in tutte le democrazie avanzate, le cui manifestazioni politiche vanno e vengono, ma che sembra avere una considerevole forza strutturale e resistere a tutti i tentativi di riassorbirla o soffocarla. La recente stagione elettorale in Francia ha dato una dimostrazione evidente di questa forza. I segnali che provengono dagli Stati Uniti non paiono molto differenti. Non per caso, i voti che ha perduto Matteo Salvini si sono in larga misura trasferiti in un altro partito che si oppone all'ordine attuale delle cose, Fratelli d'Italia.
GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI
Mentre quelli del Movimento 5 stelle si sono dispersi in vari rivoli, ma non sembrano affatto esser rifluiti verso le forze politiche moderate e «di establishment». Nel frattempo l'astensionismo monta di voto in voto. E la sfera pubblica si balcanizza sempre di più.
La fine dell'ondata populista, insomma, non ci riporta affatto verso un sistema politico solido, ordinato, fornito di una legittimazione robusta.
Al contrario, rischia di farci cadere dritti dentro una specie di marmellata ingovernabile che sarà ingurgitata, con visibile ripugnanza, dalla metà del Paese o poco più. In conclusione, e con una certa brutalità, la trappola dentro la quale è chiusa la politica contemporanea può essere descritta in questo modo. L'accelerazione dei processi d'integrazione globale degli ultimi decenni ha creato nelle democrazie avanzate una faglia geografica, sociale e culturale molto profonda.
Convinte che la soluzione vada cercata in un'integrazione ancora più completa e rapida, le forze politiche tradizionali non riescono più, né forse mai più riusciranno, a parlare agli scontenti. I partiti cosiddetti populisti raccolgono i voti infelici, ma al dunque non riescono a dis-integrare il proprio Paese dal resto del globo, perché i costi economici e sociali di un'operazione cosiffatta sarebbero immensi.
E agli elettori frustrati non resta allora che saltare da un populista all'altro, nella vana speranza di trovare infine una risposta; oppure accettare di godersi il teatro populista pur sapendo che dietro il palcoscenico non c'è nulla; o infine mandare tutti a quel paese e, nelle domeniche elettorali, andarsene al mare. Vedremo nei prossimi mesi se le conseguenze del conflitto in Ucraina basteranno a rompere questo circolo vizioso e a riportare la politica verso terre meno desolate. -
CONTE SALVINImatteo salvini giorgia meloni meme by carli BEPPE GRILLO LUIGI DI MAIO MEME GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI CURLINGsalvini conte di maio salvini conte
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