DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera”
Lettere riservate, resoconti di riunioni, verbali del consiglio di amministrazione: sono le carte depositate presso la commissione parlamentare Banche a rivelare che gli interventi dell' allora ministra per le Riforme Maria Elena Boschi, «preoccupata per la possibile fusione tra Banca Etruria e Popolare di Vicenza», avvengono quando la trattativa tra i due istituti di credito è in pieno svolgimento.
Mentre Boschi parte per Milano e va a pranzo con il presidente di Consob Giuseppe Vegas, Bankitalia cerca una soluzione per fare fronte alla disastrosa situazione patrimoniale dell' istituto di credito di Arezzo. E per questo mette intorno allo stesso tavolo di palazzo Koch i rappresentanti delle due banche, compreso Pier Luigi Boschi che all' epoca era da poco diventato vicepresidente. Sforzo inutile: il tentativo non va a buon fine perché è proprio il vertice di Etruria a bocciare la proposta di PopVicenza. Neanche un anno dopo, travolto da un buco miliardario, l' istituto aretino viene commissariato.
Il 3 dicembre 2013 il governatore di Bankitalia Ignazio Visco manda una lettera al presidente del cda di Etruria Giuseppe Fornasari e «dispone la convocazione del cda entro 10 giorni dal ricevimento della missiva con all' ordine del giorno l' integrazione della Popolare in un gruppo di adeguato standing in grado di apportare le necessarie risorse patrimoniali, manageriali e professionali».
I vertici della banca individuano in Rothschild e Lazard gli advisor «per il supporto» nella ricerca. Di 27 gruppi contattati solo due si fanno avanti. Uno è PopVicenza. Il 18 marzo 2014 il presidente Gianni Zonin annuncia pubblicamente la presentazione di un' offerta. Che cosa accade dopo è svelato nel verbale del cda di Etruria del 6 giugno 2014 che ricostruisce l' intera vicenda.
Un «accordo di processo» tra le due banche viene stipulato il 12 aprile 2014. Pochi giorni dopo «le parti avviano un approfondimento congiunto avente ad oggetto, in particolare, la realizzazione di un' operazione di integrazione alla pari tra banche popolari prendendo in considerazione la possibilità di procedere ad una fusione tra i due istituti di credito». Proprio in quei giorni Boschi vede Vegas. Secondo alcune indiscrezioni è Denis Verdini a fare da tramite per organizzare il pranzo milanese. Parlano della fusione e Vegas spiega «che non è argomento di sua competenza».
Il negoziato intanto procede. Il 15 maggio «la prospettiva di fusione viene discussa dai rispettivi advisor in una riunione nell' ambito della quale sono state vagliate le possibili linee guida dell' operazione». Il 28 maggio PopVicenza formula l' offerta che «prevede un' acquisizione per cassa di Etruria da realizzarsi a mezzo di offerta pubblica di acquisto e mediante trasformazione della banca in società per azione».
lorenzo rosi pier luigi boschi
Due giorni dopo si riunisce il cda di Etruria per valutare l' iniziativa e la ritiene «in netta discontinuità rispetto alle ipotesi di lavoro sinora considerate nell' ambito della trattativa condotta tra le parti». È l' inizio della fine. Il 5 giugno c' è un incontro informale nella sede di Bankitalia dove i rappresentanti di Etruria spiegano che le condizioni di PopVicenza non possono essere accettate.
Undici giorni dopo questa posizione diventa ufficiale. In un «appunto per il direttorio» datato 18 giugno 2014, il capo della Vigilanza Carmelo Barbagallo spiega che «il 16 giugno 2014 durante un incontro richiesto con urgenza dal presidente di Etruria per aggiornare la Vigilanza sullo stato delle trattative» Rosi ha spiegato che «l' Opa per cassa su almeno il 90 per cento del capitale non può essere accolta in quanto sarebbe bocciata dall' assemblea dei soci».
La conclusione di Barbagallo è secca: «C' è la sensazione che all' interno del cda di Etruria sussista una spaccatura tra i favorevoli a un' aggregazione in tempi brevi e chi vuole preservare l' autonomia con questa seconda linea che sta prevalendo». È così: la seconda linea vince e la fusione salta, proprio come voleva la ministra Boschi.
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