DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Fausto Carioti per Libero Quotidiano
RUTELLI FRANCESCHINI MATTARELLA GENTILONI
Soffre, il Partito democratico abbandonato dagli elettori. Soffre al punto che s' offre a chiunque. Hanno perso due milioni e mezzo di suffragi rispetto alle Politiche del 2013 e cinque milioni in raffronto alle Europee, però i democratici puntano a governare lo stesso, nell' unico modo per loro possibile: un' ammucchiata di partiti, più ce ne sono e meglio è.
Non tutti concordano, perché chiaramente sono divisi pure su questo. I renziani credono che li si noti di più se non partecipano alla festa e da giorni si contano in vista di una possibile scissione. Ma c' è un gruppo sempre più folto di dirigenti, che parte da Dario Franceschini e di cui fanno parte il premier Paolo Gentiloni, il guardasigilli Andrea Orlando e il nume tutelare Walter Veltroni, in cui si freme dalla voglia di partecipare a un governo del presidente con tutti dentro, vincitori e sconfitti.
Mica per le poltrone, s' intende, bensì per "senso di responsabilità", per impedire la nascita di una maggioranza M5S-Lega, per non lasciare cadere nel vuoto gli appelli di Sergio Mattarella e per altre nobilissime ragioni che, nel caso, non faticheranno a spiegarci.
Lo stesso segretario reggente, Maurizio Martina, ieri ha aperto la porta a un accordo: «Ascolteremo Mattarella, capiremo se nelle giornate e nelle settimane a venire ci saranno indicazioni. Non siamo insensibili al suo delicato lavoro». Così domani saliranno sul Quirinale per far intendere al capo dello Stato che pure loro hanno due forni: uno aperto al pubblico, nel quale dicono agli avventori che intendono restare all' opposizione, e uno riservato agli abitanti del Palazzo, dove il messaggio che danno è possibilista, tendente verso lo speranzoso.
Manca il vigoroso appello degli intellettuali, ma potrebbe arrivare presto: da giorni, a sinistra, si racconta che Veltroni sta raccogliendo un gruppo di professori e uomini di presunta cultura organici allo schieramento progressista, pronti a sottoscrivere un documento il cui contenuto non è difficile immaginare: ogni soluzione è buona per scongiurare che il Paese finisca nelle mani del tandem Di Maio-Salvini e quindi, cari compagni, non date retta a Matteo Renzi e uscite dall' Aventino.
PROGETTO INIZIALE
Il progetto iniziale era un altro e molti, inclusi i ministri Franceschini e Orlando, lo avevano spiegato senza giri di parole: bisognava presentarsi dai Cinque Stelle e discutere con loro di un' alleanza a due. Se si sono fermati non è perché l' idea di far parte del primo governo Di Maio li disgusti, ma perché hanno capito che non sarebbero andati da nessuna parte. Colpa di Renzi e dei suoi, anche in questo caso. I grillini hanno 109 senatori e 222 deputati, per raggiungere la maggioranza necessitano di almeno altri 47 dei primi e 94 dei secondi. Il Pd conta 52 eletti a palazzo Madama e 111 a Montecitorio e sulla carta, quindi, i numeri ci sarebbero. Ma il segretario uscente è contrario e con lui c' è ancora metà dei parlamentari.
VERDONE GERINI VIAGGI DI NOZZE
Luigi Di Maio ci ha provato anche ieri, a tentare il Pd. Ospite della trasmissione di Giovanni Floris, ha assicurato di essere pronto a siglare un accordo di governo con i democratici o con la Lega: un modo per invitare i primi a liberarsi di Renzi e la seconda a mollare Silvio Berlusconi. Per il Pd gli ha risposto il capogruppo al Senato, il renziano Andrea Marcucci: «La proposta del leader Cinque Stelle è ovviamente irricevibile». Silenzio da tutti i piddini che in pellegrinaggio da Di Maio sarebbero andati già il cinque marzo.
Resta però in piedi, per semplici ragioni numeriche, l' ipotesi del governo con tutti dentro, e pazienza se Renzi e i suoi non ci staranno. Il "famolo strano" di Carlo Verdone applicato alla politica, un' orgia tra diversi che oggi ha poche possibilità di realizzarsi e diventerebbe impossibile nell' istante in cui l' accordo tra Salvini e Di Maio dovesse materializzarsi.
IL RUOLO DEL COLLE
Nemmeno Mattarella, per ora, sta lavorando al "governo del presidente": vuole vedere se qualcuno gli porta i numeri per un governo politico all' altezza delle aspettative degli italiani, di cui lui intende essere "portavoce", ha fatto sapere ieri. Ma se i primi due giri di consultazioni andranno a vuoto, l' ipotesi di un esecutivo di larghissime intese, messo in piedi per cambiare la legge elettorale e varare i provvedimenti economici indispensabili, diventerà più concreta.
Per non perdere l' abitudine alle poltrone, intanto, ieri i democratici hanno chiesto la presidenza della commissione speciale di Montecitorio, quella che dovrà esaminare il Documento di economia e finanza, primo provvedimento importante della legislatura. Commissione che in realtà, in questa fase, è una sorta di "governo" informale, composto da tutti i partiti. Un' ammucchiatina, possibile preludio a qualcosa di più grosso.
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