
JOHN KENNEDY E’ STATO IL PIÙ INFEDELE PUTTANIERE DEL XX SECOLO MA SUA MOGLIE JACQUELINE S’ATTACCAVA…
GIORGIA, L’AMICA IMMAGINARIA DI DONALD – LA MAZZATA DEI DAZI AL 30% METTE SPALLE AL MURO MELONI, CHE ANCORA IERI HA INVOCATO “IL DIALOGO” CON IL DAZISTA IN CHIEF. UNA POSIZIONE SEMPRE PIU’ INSOSTENIBILE, MENTRE L'EXPORT ITALIANO RISCHIA DI PERDERE 35 MILIARDI DI EURO L'ANNO E I SETTORI PRODUTTIVI CHE FINORA HANNO SOSTENUTO FDI (VEDI COLDIRETTI) LANCIANO GRIDA DI ALLARME – SORGI: “LA PREMIER HA CERCATO DI NON VENIR MENO AL COMPITO DI MEDIAZIONE TRA LE DUE SPONDE DELL'ATLANTICO CHE SI È ASSEGNATA. FIN QUI, VA DETTO, SENZA GRANDI RISULTATI” – LE DIVERGENZE TRA MELONI E TRUMP SULL’UCRAINA RENDONO ANCORA PIÙ COMPLICATO L’EQUILIBRISMO DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA...
GIORGIA E IL CONFLITTO CON DONALD
Estratto dell’articolo di Marcello Sorgi per “La Stampa”
GIORGIA MELONI AL TAVOLO CON TRUMP ALLA CENA DEL VERTICE NATO DELL'AJA
L'inattesa – ma fino a un certo punto – scure dei dazi di Trump al 30 per cento, con la minaccia di alzarli ulteriormente se la reazione dell'Unione europea sarà di pari entità, ha posto Von der Leyen e Meloni di fronte alla necessità di una replica immediata e a un negoziato per il quale restano solo un paio di settimane a disposizione, prima della fatidica data del primo agosto che dovrebbe vedere l'entrata in vigore delle nuove tariffe.
La differenza tra le due reazioni salta subito all'occhio. Mentre VdL, pur mantenendo un tono formalmente cortese, annuncia che l'Europa, se la decisione di Trump sarà confermata, non potrà che ripagare il Presidente Usa con la stessa moneta, Meloni cerca di essere più dialogante e mostrarsi più fiduciosa sugli esiti della trattativa.
A partire da quali elementi, non è dato sapere. E la sensazione è che anche in una circostanza difficile come l'attuale, la premier italiana abbia cercato di non venir meno al compito di mediazione tra le due sponde dell'Atlantico che si è assegnata dopo l'inizio del secondo mandato di Trump. Fin qui, va detto, senza grandi risultati […]
[…] Meloni si è trovata a scegliere tra un Trump sempre più scettico sull'appoggio all'Ucraina e convinto di poter ottenere ascolto da Putin, dal quale invece ha ricavato sonore delusioni. Ma nel periodo in cui Mosca continuava a bombardare pesantemente il territorio ucraino e Trump arrivava ad annunciare la fine delle forniture di armi da parte degli Usa, strategiche per la difesa dí Zelensky, il governo non ha mai fatto venir meno la sua solidarietà a Kiev, compresa la chiara riconferma anche nella recentissima Conferenza sulla Ricostruzione dell'Ucraina e con l'ipotesi che sia l'italiana Leonardo a contribuire a costruire armamenti per una guerra che purtroppo non accenna a fermarsi.
Una scelta che va ad onore di Meloni. Ma che non giova, certo, alle sue relazioni con gli Usa, malgrado l'ennesimo ripensamento di The Donald, ora pubblicamente irritato con Putin e disposto perfino a insultarlo nel suo abituale linguaggio scurrile.
LA DOCCIA FREDDA PER MELONI CHE ORA PREDICA CALMA "TRUMP PROVA A FARCI PAURA"
Estratto dell’articolo di Francesco Malfetano per “La Stampa”
giorgia meloni e donald trump - vignetta by altan
Che Giorgia Meloni fosse stata informata da Ursula von der Leyen della portata dei dazi americani già a margine della Conferenza per la ricostruzione dell'Ucraina di giovedì non è più un segreto. Lo raccontano in molti accanto alla premier, spiegando il suo umore nero degli ultimi giorni.
La tensione, però, ieri è cresciuta oltre misura all'arrivo della lettera firmata da Donald Trump e indirizzata alla Commissione europea. Alla cortesia usata dalla Casa Bianca – che ha anticipato a Bruxelles il punto di caduta delle tariffe al 30%, comunicato poi ufficialmente solo a mercati chiusi - ha fatto da contraltare un tono più duro del previsto.
Il risultato è una doccia fredda che, tra i ministri italiani, viene interpretata come il tentativo americano di chiudere la «fase tecnica» del confronto e spingere l'Unione europea verso una risposta tutta politica, con un round di trattative dirette tra Trump, von der Leyen e i leader dell'Ue.
Un'ipotesi che circola da giorni nelle cancellerie, ma su cui a Palazzo Chigi si resta cauti. Non è un caso che la nota ufficiale italiana si limiti a rilanciare «gli sforzi della Commissione europea che verranno intensificati ulteriormente nei prossimi giorni», sottolineando la necessità di «evitare polarizzazioni che renderebbero più complesso il raggiungimento di un'intesa».
Il governo sceglie dunque la linea della prudenza. «Trump vuole spaventarci per spuntare condizioni migliori» è il messaggio che Meloni condivide con i suoi interlocutori, che siano leader Ue o altri spettatori interessati. Perché se da un lato il 30% imposto dal tycoon è considerato insostenibile rispetto al 10% considerato accettabile, dall'altro Meloni è convinta che la trattativa sia ancora aperta.
giorgia meloni alla casa bianca per il bilaterale con donald trump foto lapresse
«Quella cifra è uno strumento di pressione», avrebbe spiegato la premier ai suoi, definendo il passo americano come «un rilancio molto alto» in un negoziato tutt'altro che concluso. L'obiettivo, ora, è aggrapparsi alla possibilità di un accordo - magari imperfetto, ma capace almeno di limitare i danni.
E proprio in quest'ottica si inserisce la missione che martedì vedrà il ministro degli Esteri Antonio Tajani a Washington per incontrare il segretario di Stato Marco Rubio. Più o meno negli stessi giorni, a Roma, è atteso il commissario al Commercio Maros Sefcovic.
«Tutti devono remare nella stessa direzione», è il ragionamento che circola nella prima linea del governo. Una posizione che, se pure sembra discostarsi dalle contromisure ventilate da von der Leyen, entra in aperto contrasto con lo sprint francese. La linea del presidente Emmanuel Macron - tra i pochi a esporsi chiedendo l'introduzione immediata di contro-dazi - a Roma è considerata avventata.
Fonti della maggioranza parlano di «fastidio» per l'energia con cui l'Eliseo insiste sull'attivazione del meccanismo anti-coercizione. Meloni, invece, ha ribadito a von der Leyen e a tutti gli altri leader europei - sentiti singolarmente nel pomeriggio - che «ci sono ancora margini per trattare». Una posizione, del resto, vicina a quella del Cancelliere tedesco Friedrich Merz.
LETTERA DI DONALD TRUMP A URSULA VON DER LEYEN CHE ANNUNCIA DAZI AL 30% ALL UE
[…] La dem Elly Schlein accusa Meloni di aver anteposto «le amicizie politiche all'interesse nazionale». Per il M5S, la premier «non ha lavorato per l'Italia, né in Europa né con l'America», bollando come «destinata a soccombere» l'alleanza con von der Leyen. Neppure nel centrodestra la linea è compatta.
FdI predica cautela, ma la Lega attacca la Commissione guadagnandosi l'accusa di aver «tradito la Patria» da +Europa: «Paghiamo il prezzo di un'Europa a trazione tedesca», accusa una nota, imputando a Bruxelles l'eccesso di «ideologia green e burocrazia», da tempo dannoso per le imprese europee.
A complicare il quadro, c'è poi il pressing delle associazioni di categoria. Da Confindustria a Confcommercio, il tono si alza. Si parla apertamente di «disfatta per il made in Italy», e qualcuno – come in Coldiretti – inizia già a chiedere misure compensative. […]
Il problema, però, è concreto. Anche perché le conseguenze economiche si intrecciano a quelle politiche: i settori colpiti sono spesso sovrapponibili all'elettorato del centrodestra.
Il ricordo delle rivendicazioni da parte di Meloni di un ruolo da «ponte» tra le due sponde dell'Atlantico rischia di ritorcersi contro la premier. La corsa contro il tempo, in vista del primo agosto - giorno di entrata in vigore delle tariffe - dovrà tenere conto anche di questo. […]
donald trump e giorgia meloni vertice bilaterale improvvisato al g7 di kananaskis 1
GIORGIA MELONI CON DONALD TRUMP NELLO STUDIO OVALE
volodymyr zelensky giorgia meloni conferenza per la ricostruzione in ucraina foto lapresse
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