DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Estratto da www.ilfattoquotidiano.it
Il giudice per le indagini preliminari di Genova ha archiviato l’accusa di abuso d’ufficio per i magistrati di Firenze, l’aggiunto Luca Turco e il sostituto Antonino Nastasi, denunciati dal senatore Matteo Renzi e da Marco Carrai, ex membro del cda della fondazione Open.
I due avevano lamentato che la procura toscana aveva trasmesso al Copasir atti dell’indagine che la Cassazione aveva definito “non trattenibili”. Era stato il Copasir a chiedere ai pm toscani di avere gli atti per “esigenze di sicurezza nazionale”.
Per il presidente dell’ufficio gip di Genova Nicoletta Guerrero, gli “elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a ritenere che in un eventuale giudizio si potrebbe giungere, con alta probabilità, a una condanna […] ”. Per il pm Nastasi, non si pone “questione alcuna non avendo costui sottoscritto atti nella presente vicenda”.
Se da un lato, scrive il giudice, “appare certamente legittima la lamentela del dott. Carrai alla diffusione di materiale […], dall’altro non v’è prova che detta diffusione possa essere attribuita con certezza ad una condotta dolosa del pm Turco che effettuò la trasmissione al Copasir, organo per sua natura tento alla assoluta segretezza”.
Il giudice rileva poi che nel corso della discussione sia il difensore di Carrai che il pm hanno formulato ipotesi dolose: “Il primo per ritenerne la alta probabilità, il secondo per escluderla.
L’avvocato Dinoia ha ritenuto che il dottor Turco scientemente e quindi con dolo, avrebbe avuto la intenzione di colpire il senatore Renzi attraverso la documentazione sequestrata al Carrai, dando direttive alla Guardia di finanza di confezionare la annotazione del 17 febbraio 2022 da ricevere prima della decisione della Cassazione e poter inviare al comitato parlamentare per la sicurezza nazionale”.
E sottolinea: “Non esiste in atti prova di un ‘piano diabolico’ e conseguentemente, in ottemperanza al dettato della riforma Cartabia, non può oggi essere formulata prognosi concreta che in un eventuale giudizio si possa giungere alla condanna dell’indagato”. […]
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