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A cura di Gluck per Dagospia
1. POVERO GIUSEPPE VERDI RIPUDIATO NELLA "SUA" MILANO
Venerdì 7 dicembre un fantasma si aggirava alla "Scala" in occasione della prima del "Lohengrin".
No, non era l'ombra del grande Giuseppe Verdi ignorato dai soloni indebitati del teatro Piermarini nel bicentenario della sua nascita. La scelta di aprire la stagione con il coetaneo del maestro di Busseto, Richard Wagner, è stata stigmatizzata dai pochi ancora capaci di resistere al fascino dell'istituzione "Scala", che naviga beatamente tra i debiti e lascia all'opera di Roma, diretta da Riccardo Muti, l'onore di ricordare al meglio il Verdi tradito dalla "sua" Milano. E, assente il capo dello Stato, i padroni di casa si dimenticano pure di far suonare l'Inno di Mameli prima dell'apertura del sipario. Se ne ricorderanno alla fine, a gaffe consumata e registrata in mondovisione. E dopo telefonata stizzita di Giorgio Napolitano.
2. UNA "STECCA" ISTITUZIONALE CHE IRRITA IL COLLE
Insomma, una partenza con tanto di stecca (istituzionale) che viene (sot)taciuta per carità di patria (scaligera).
Soltanto la Regina incontrastata delle cronache culturali, Natalia Aspesi ("la Repubblica"), e il musicologo, Pallino Isotta ("Corriere della Sera), appunto due lodevoli eccezioni, non spargono incenso sulla "Scala" trasfornata in sotto-Scala, "a prescindere", come diceva Totò.
Non è stato uno spettacolo "trionfale" il "Lohengrin" cantato in tedesco (quattro ore e passa) e diretto con modesta onestà professionale da Daniel Barenboim.
Guai, però, a rilevarlo nei titoli!
Guai far notare al sovrintendente Stéphane Lissner proprio lui che parla di risparmi, che per il ruolo di Elsa sono stati pagati cachet profumati a ben tre soprano!
3. TRE SOPRANO E TRE CACHET PER IL RUOLO DI ELSA
Un record sì, questo del teatro scaligero.
E soltanto grazie ai re Magi, Abramo Bazoli, Paolo Scaroni e Francesco Micheli (avvistato sulle nevi di St.Moritz) , il teatro è potuto tornare in possesso di alcuni preziosi cimeli verdiani messi all'incanto alla Sotheby's di Londra. Asta di cui il capataz francese neppure sapeva l'esistenza così impegnato a contare i soldi del tesoretto accumulato (7 milioni di euro) durante la sua lunga permanenza alla guida della "Scala".
Ma l'ombra oscura che aleggiava sopra il palco reale occupato dal premier dimissionario, Mario Monti, non era nemmeno quella del presidente Giorgio Napolitano che, avvisato anzitempo da Gianni Letta sulle mosse (funeste) del redivivo Cavalier Pompetta, era rimasto prudentemente chiuso al caldo del Quirinale.
Lo spettro che svolazzava sotto le volte restaurate del Piermarini era quello impalpabile e beffardo di Berlusconi. Tanto da far sussurrare a qualcuno seduto in platea: "Oggi va in scena il Fantasma dell'opera con protagonista Silvio".
Molte delle sciure incipriate accompagnate di malavoglia dai consorti ingessati (nello smoking), che si sono sorbite la maratona musicale in tedesco - senza capire un'"acca" su quanto stava accadendo sulla scena -, sono le stesse che appena una settimana fa, in abiti casual chic, si sono messe in fila per votare Matteo Renzi alle primarie del Pd.
"Solo in odio compagno" Bersani, raccontano alle amiche fidate. E adesso, impazienti e frementi di raggiungere l'agognata cena del dopo Scala, non nascondono - svolazzando sollevate nel foyer - un pizzico di soddisfazione nel ritrovare sotto l'albero di Natale il cadeau inatteso della (ri)candidatura del loro Berlusca.
4. I "PORTOGHESI" DELLA PRIMA PUNTUALI SOLO A TAVOLA
Alla cena ufficiale al circolo de "La società del giardino" (catering di Carlo Cracco), in cinquecento hanno preso d'assalto il buffet in cui l'ospite d'onore era il mesto Rigor Mortis accompagnato dalla signora Elsa, seduta vicino al maestro Barenbolm poco amato dalla critica.
Il direttore, inebriato forse dalla sufficienza risicata guadagna dal suo "Lohengrin", striscia nei pressi del premier lanciandosi in una sorta di supplica patetica: "Io adoro tantissimo questo teatro, ma per avere risultati ci vogliono dieci anni". Dimentico di aggiungere, il maestro, che lui da 7 anni è alla guida dell'orchestra scaligera nonostante non appaia destinato a lasciare, nel 2015? un segno indelebile con la sua bacchetta (umida).
Puntuali con la forchetta in mano, molto meno erano stati alle 0re 17 alcuni dei "portoghesi" della Scala (biglietti pagati dagli sponsor) nel prendere posto in sala. Ovviamente tra i ritardatari è citata soltanto la coppia schizzata e più fotografata: Lapo Elkann e Lady Goga Ashkenazi. L'ereditiera kazaka che ha preso dimora in un palazzo del centro storico in cui per lunghissimi anni ha regnato la mitica Anna Bonomi Bolchini.
"Altri tempi, però. Quando i portieri dello stabile indossavano ancora la livrea", sospira nostalgica una signora snob che sembra uscita da uno sketch irresistibile della sublime Franca Valeri.
5. NELLA "SCALA" DEL CAFONAL VINCE IL "BARETTO" DI VIA SENATO
Mentre Bruno Ermolli, vice presidente della Fondazione "Scala", insieme al sindaco Giuliano Pisapia faceva gli onori di casa alla "Società del Giardino" senza nascondere la gioia per il rientro in campo del suo amico Berlusconi, i reduci storditi del "Lohengrin" wagneriano potevano finalmente cafonaleggiare spensierati ai tavoli del "Baretto" di via Senato.
Prima donna assoluta, ovviamente, la simpatica Gabriella Magnoni Dompè con il suo abito-scultura in neoprene disegnato da Bottega Veneta. Volando di tavolo in tavolo come una falena fastidiosa, Valeria Marini, s'intratteneva con lo stilista Lorenzo Riva, Lella Curiel, Adriana e Laura Teso, Marinella Di Capua, Daniela Javarone e compagnia bella.
Nell'esclusiva cucina da "Cracco", guidati da Marta Marzotto e Marta Brivio Sforza, s'attovagliavano il nipote picchiatello dell'Avvocato, Lapo Elkann, con "Goga" e i suoi cari (madre, sorelle e amiche).
Tutt'altra aria si respirava nella cena placée offerta nella sua casa milanese dal ministro Corrado Passera. Restano "segreti" i nomi dei suoi ospiti, accolti dall'esuberante moglie, Giovanna Salza. "Un dopo Scala al buio prevede almeno la presenza del direttore del Corriere, Ferruccio de Bortoli...", ironizza uno degli invitati all'intimità della maison Passera. Incontri ravvicinati del terzo tipo (pericolosi) anche al "Boecc" di piazza Belgiojoso. Manager privati e pubblici (una quindicina) si sono incrociati tra una portata e l'altra sotto gli occhi di un magistrato venuto dal Sud. E del solito editorialista che al taccuino preferisce il tacchino.
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