
FLASH! - COME REAGIRE ALLA TERZA GUERRA MONDIALE DI TRUMP? PIU’ CHE UNA WEB-TAX SULLE BIG TECH, PER…
Ferdinando Imposimato per "La Voce delle voci" - www.lavocedellevoci.it
L'alternativa al governo Monti, lontano mille miglia dall'equita' sociale e molto prossimo ai proconsoli delle banche, sanguisughe instancabili degli italiani, non puo' essere rappresentato dal tandem Lega-Pdl, che pure fa capolino profittando del disastro del centro sinistra. Il quale, frantumato in una miriade di brandelli, alle prossime elezioni andra' senza un programma comune ispirato a giovani, scuola, lavoro, lotta alla corruzione, all'evasione fiscale e alle enormi spese militari per miliardi di euro, recuperabili attraverso un disimpegno dell'Italia dai vari fronti di guerra.
Ancora oggi subiamo la dittatura dell'America, dopo esserci prestati a montare la grottesca storia della fornitura dell'uranio all'Iraq, che persino George Bush ha ritrattato. Di questa sciagurata politica, in grado di dissanguare le casse dello Stato, la Lega sembra essersi dimenticata, fingendo di voler fare gli interessi dei piu' deboli, che il carroccio ha invece abbandonato per anni.
Roberto Calderoli, dopo averci regalato senza vergognarsi la legge elettorale porcata - il primo, autentico attentato alla democrazia, consentendo di governare anche a chi ha minoranza dei consensi - ha condiviso, con sprezzo del ridicolo, la bocciatura dell'arresto di Nicola Cosentino.
I "ribelli della Padania" insultano i meridionali per i supposti legami con la mafia che contamina il purissimo Nord, ma non si vergognano di lasciare libero, assieme a Berlusconi e su suo ordine, colui che viene considerato dalla Procura Antimafia di Napoli «il referente politico del clan dei Casalesi», boss che stanno ormai invadendo l'Italia a macchia d'olio. Cosentino avrebbe fatto da garante presso una importante banca nazionale per un prestito da qualche milione di euro a una societa' legata ai casalesi che voleva realizzare un centro commerciale.
Non ci si puo' meravigliare di questa decisione, che ha suscitato lo sdegno dei leghisti, se ci rendiamo conto della mutata strategia della Lega rispetto ad affari e imbrogli. Basta leggere la sentenza della Cassazione, che confermava la condanna a due anni all'ex ministro Aldo Brancher per ricettazione aggravata di 800.000 euro, pari a oltre un miliardo e mezzo di vecchie lire. Quello che lascia ancora piu' sgomenti e' il ruolo del leghista Calderoli in questa vicenda.
Avevamo sempre pensato che fosse una specie di medico, pero' non credevamo che potesse essere coinvolto in intrallazzi e mazzette, pur senza subire alcuna condanna. Ma a noi interessa la verita' storica, non quella processuale. Altrimenti dovremmo considerare Silvio Berlusconi un sant'uomo, per non avere subito alcuna condanna. Il penoso spettacolo cui ci ha costretti ad assistere l'autore del Porcellum, che a meta' dicembre ha esibito un patetico e volgare nastro verde in Senato con l'accusa di "Governo Ladro", ha superato ogni limite di decenza.
ODOR DI MAZZETTA
Ma non e' di questo che vogliamo parlare. Ci preme dire che Calderoli e' stato coinvolto in una delle tante vicende di corruzione che hanno colpito il nostro Paese nell'indifferenza generale. Scrive la Cassazione (presidente della sezione penale l'inflessibile Antonio Esposito), che Giampiero Fiorani, all'epoca amministratore delegato della Banca Popolare di Lodi, nel corso di due interrogatori aveva raccontato una storia inquietante. Che qui riproponiamo, per informazione dei lettori.
«Nel febbraio-marzo 2005 Aldo Brancher, nel corso di un incontro a Roma, aveva detto che lui e il senatore Calderoli avevano bisogno di 200.000 euro per le spese della campagna elettorale. Al ritorno da Lodi, Fiorani aveva detto a Spinelli che vi era la necessita' di preparare quella somma in contanti. Fiorani dava per scontato che (Spinelli) li avrebbe prelevati da una "cassa nera".
Dopo circa 20 giorni da quell'incontro, Brancher gli aveva comunicato la data in cui egli e Calderoli sarebbero stati a Lodi, e, nel giorno fissato, Brancher e Calderoli si erano presentati nel suo ufficio. Spinelli, che era stato preavvertito, era anche lui nei pressi dell'ufficio del Fiorani con una busta gialla contenente la somma di 200.000 euro».
Continua la sentenza della Cassazione: «Vi era stato un dialogo tra il Fiorani, Brancher e Spinelli, nel corso del quale Spinelli aveva consegnato la busta a Brancher. Costui, ricevuta la busta, aveva raggiunto il senatore Calderoli, che si trovava in un'altra sala. Fiorani sottolineava di non avere assistito alla divisione della somma tra loro due, ma aveva potuto notare che Calderoli era visibilmente entusiasta, tanto da tenere un accalorato discorso in favore della Banca Popolare di Lodi».
E cosi' prosegue nelle motivazioni la suprema corte: «Queste accuse, secondo il corretto convincimento dei giudici di primo e secondo grado, avevano trovato riscontro in quanto riferito da Spinelli che aveva ricordato l'episodio negli stessi termini. I giudici di merito avevano rilevato, con argomentazione logica convincente, "che il comizio (di Calderoli) si fosse effettivamente svolto il 31 maggio 2005 e nella circostanza vi era stato l'incontro di Fiorani con l'onorevole Brancher ed il senatore Calderoli"».
Questo giallo politico-affaristico viene sviluppato con una serrata ricostruzione storica in cui la Cassazione mostra di non credere alle affermazioni del senatore Calderoli. Il quale aveva cercato di smentire Fiorani, sostenendo che «il colloquio di quel giorno era durato circa un quarto d'ora e durante quel periodo tutti i partecipanti si erano trattenuti nella stessa sala».
Nella motivazione e' stata puntualmente messa in evidenza la circostanza che «il senatore Calderoli aveva ovviamente esercitato il suo diritto di difesa rispetto ad un'accusa che lo vedeva come destinatario finale di una somma di illecita provenienza; e non doveva sorprendere il fatto che (Calderoli) avesse reso una versione che escludeva anche solo la possibilita' che il collega parlamentare avesse potuto ricevere denaro a lui asseritamente in parte destinato».
Tuttavia i giudici avevano archiviato il processo contro Carderoli, «perche' l'esistenza dell'accordo di suddivisione derivava solo dalle dichiarazioni dell'onorevole Brancher riferite da Fiorani e non certo perche' questi non era stato ritenuto attendibile in relazione al verificarsi del fatto». Inoltre «proprio dai documenti prodotti dalla difesa del senatore Calderoli e dagli articoli dedicati dai quotidiani all'evento, emergeva che il parlamentare Calderoli si era trattenuto presso i locali della BPL, con l'onorevole Brancher ed altri, per circa un'ora e non per i 15 minuti indicati dal Senatore».
Pur nel rispetto della decisione di archiviazione dei giudici di merito, condivisa dalla Cassazione, resta il fatto storico indiscutibile. Calderoli si trovava nella stanza accanto a quella in cui era avvenuto il pagamento della mazzetta da parte di Fiorani a favore di Brancher. E Brancher aveva detto di dovere spartire la mazzetta con Calderoli. Ancora: Calderoli aveva atteso Brancher per circa un'ora nella stanza accanto. E subito dopo aveva manifestato grande apprezzamento per la Banca Popolare di Lodi, che poi si scopri' essere una fonte di corruzione di personaggi di ogni genere e persino del Governatore della Banca d'Italia.
Viene da fare una semplice considerazione. Non si era mai visto un personaggio scaltro e avveduto, come Brancher, portarsi al seguito un testimone scomodo, se questi non avesse avuto interesse a controllare l'entita' della somma percepita dall'alleato politico per evitare frodi a danno del compare. Non aveva senso, per un parlamentare del Pdl, portare con se' uno dei vertici della Lega, facendogli fare anticamera per piu' di un'ora.
E lo stesso Fiorani non avrebbe pagato quella somma se non avesse creduto che doveva servire a ungere un capo della potente Lega. Per non dire poi che tutte le accuse, formulate da Fiorani contro i vari prezzolati, avevano trovato sempre riscontri in fatti obiettivi. Calderoli e' stato anche smentito dalla Cassazione quando ha cercato di salvare Brancher dicendo che era rimasto sempre assieme a lui senza che fosse avvenuto nulla.
CROAZIA DELLE MIE BRAME
Secondo episodio. Questa volta il protagonista e' Umberto Bossi, implacabile castigatore di costumi che pero' qui finisce con le mani nella marmellata. Vediamo i fatti. Un certo Sebastiano Cacciaguerra veniva accusato e condannato dal tribunale di Udine per bancarotta fraudolenta, per avere consumato parte rilevante della societa' Euroservice, con sede a Udine, dichiarata fallita dal tribunale friulano nel 2004.
Fin qui niente di strano. La cosa diventa intrigante quando si scopre che Euroservice aveva destinato parte del suo capitale, si badi bene, ai soci della Ceit. Ed ancora fin qui nulla di strano. Fino a quando non si scopre che la Ceit gestiva una operazione immobiliare in Croazia, alla quale erano, dice il capo di accusa, «direttamente interessati esponenti della Lega Nord». E qui la cosa diventa piu' interessante, se si tiene conto che la Lega ha costruito la sua fortuna politica sul ritornello di "Roma ladrona".
Si diceva ancora, nella imputazione dei magistrati di Udine, che Euroservice srl aveva ottenuto, grazie al diretto interessamento di Stefano Stefani, deputato della Lega Nord, un finanziamento dalla filiale di Vicenza di Cassamarca spa (poi diventata Unicredit Banca Impresa) nel gennaio 2001, per 1 miliardo di lire; banca di cui Stefani era cliente "conosciuto". Le garanzie era state prestate da Maurizio Balocchi, deputato della Repubblica e tesoriere della Lega Nord, amministratore e socio di Ceit; da Enrico Cavaliere, presidente del Consiglio della Regione Veneto, appartenente alla Lega Nord, amministratore e socio Ceit; e da Umberto Bossi, l'Umberto in persona.
Ma il nostro eroe non era ne' socio ne' amministratore della Ceit, di cui comunque alcune quote erano detenute - indovinate un po' da chi? - da Emanuela Marone, la baby pensionata moglie del Torquemada alla Brianzola, il senatu'r Bossi. Euroservice veniva cosi' utilizzata quale strumento per acquisire disponibilita' finanziarie ed eseguire pagamenti riguardanti una iniziativa immobiliare in corso di realizzazione in Croazia - il Progetto Skipper - gestito dalla Lega Nord o dai suoi maggiori esponenti politici.
Da notare che Ceit, di cui era azionista di minoranza la consorte di Bossi, aveva fatto investimenti per 20 miliardi di lire a fronte di un capitale sociale di 20 milioni, ma «non aveva neppure una penna biro», «non aveva un dipendente», e «si trovava in gravissimo ed evidente pericolo di insolvenza».
Alla fine a rimetterci e' stato solo Cacciaguerra, ma restano gli artifizi e imbrogli che vedono protagonisti i vertici della Lega con societa' fittizie, al solo scopo di avere finanziamenti da banche primarie a scapito della collettivita'.
E dire che il prode Calderoli, col fischietto in aula degno della miglior sceneggiata napoletana, scrive in una lettera alla Padania che il 2012 sara' fondamentale «sia per la battaglia per l'indipendenza della Padania, sia in difesa di quello che abbiamo conquistato, la nostra casa e le nostre pensioni di anzianita'».
Calderoli dimentica che la maggior parte dei fallimenti di bravi e generosi imprenditori veneti, che si sono suicidati per non avere potuto onorare i loro impegni, sono stati conseguenza dei disastri compiuti da Bossi con il degno compare Silvio Berlusconi. In realta' le rozze e volgari prediche di Calderoli vengono da un pulpito che non ha nessun credito: ne' politico, ne' morale, ne' comportamentale.
La verita' e' che la Lega vuol fare dimenticare le sue responsabilita', essendo stata al Governo per otto degli ultimi dieci anni, senza avere mai detto una parola all'ex premier, amico ed estimatore di mafiosi assassini, come Vittorio Mangano, e promotore di carriere politiche folgoranti per prostitute di alto bordo e servi sciocchi del padrone, un uomo che ci ha esposto per anni al ludibrio internazionale.
La malafede della Lega e' apparsa chiara quando ha scelto di votare - pochi giorni fa, assieme al Pdl - contro una decisione della Corte Costituzionale che aveva dichiarato incompatibili le cariche di senatore e di sindaco, a differenza di cio' che ha deciso la Camera, in conformita' della decisione della Corte. Si tratta di un obbrobrio costruito dalla santa alleanza Bossi-Berlusconi, che resiste, nonostante tutto, come sistema di potere. La Lega ancora una volta ha dimostrato la sua propensione a difendere i privilegi dei doppi incarichi. Contro la tesi che chi fa il parlamentare debba fare, seriamente e a tempo pieno, solo il parlamentare.
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