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Claudia Guasco per "Il Messaggero"
Il ritratto tracciato dal gip è quanto di più distante dalla rappresentazione di un uomo di giustizia. «Vincenzo Giglio è un personaggio considerato notoriamente avvicinabile in ambienti criminali di elevato spessore», la cui unica preoccupazione «è quella di preservare la sua immagine pubblica». Al punto che, dopo una lettera di minacce arrivata al Procuratore capo di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone, parla al telefono di una «mossa abile», ovvero di una mozione di solidarietà «perché queste iniziative fanno fico».
Pare impossibile si tratti del giudice in prima fila nella lotta alla criminalità organizzata, presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, pronto a scuotere le coscienze pubbliche nei dibattiti.
Giglio, 51 anni, è stato arrestato nell'ambito di un'inchiesta della Direzione distrettuale Antimafia di Milano con l'accusa di aver agevolato la 'ndrangheta nella sua veste di presidente della sezione. Deve rispondere di corruzione, rivelazione di segreti d'ufficio e favoreggiamento personale aggravato dalla finalità di favorire l'associazione mafiosa. Nell'inchiesta «Infinito» contro gli affiliati del clan Valle-Lampada non ci sono solo i rappresentanti delle famiglie ma anche professionisti che avrebbero messo a disposizione i loro servigi.
Tra questi un magistrato, un politico, un avvocato, un medico e un maresciallo della Guardia di Finanza. Il finanziere è Luigi Mongelli, arrestato per corruzione, il politico è Giuseppe Morelli, consigliere regionale calabrese eletto nella lista «Pdl-Berlusconi per Scopelliti», in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreti d'ufficio e corruzione, l'avvocato è Vincenzo Minasi, difensore del foro di Palmi.
Tutti, scrive nell'ordinanza il gip Giuseppe Gennari, contribuiscono alla creazione di quella «zona grigia che poi gli associati sfruttano per assumere notizie riservate, ottenere favori nelle aste immobiliari, allargare la propria capacità di penetrazione nel tessuto economico e istituzionale». In questa ragnatela di rapporti, chi aiuta non viene dimenticato.
«Giglio ci guadagna il posto per la moglie, Morelli il sostegno politico e affari con i Lampada, Giusti viaggi e donnine, il capogruppo del Pdl nel Consiglio regionale della Calabria, Luigi Fedele, il sostegno elettorale, i Lampada le notizie sulle indagini che li riguardano». Giancarlo Giusti, giudice del Tribunale di Palmi, è indagato per corruzione in atti giudiziari. E' lui che, al telefono con Giulio Lampada, mostra i muscoli: «Non hai capito chi sono io, sono una tomba. Dovevo fare il mafioso, non il giudice».
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