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G. A. per "Il Messaggero"
Una nuova identità provvisoria da usare sul posto di lavoro per riconoscere e tutelare le persone che stanno cambiando sesso o genere. Nell'ultima bozza del contratto degli statali arriva una novità che finora nel settore pubblico avevano introdotto in pochi (lo aveva fatto il ministero delle Infrastrutture guidato da Enrico Giovannini lo scorso luglio).
Si chiama identità alias ed è presa dall'esperienza di scuole e università (in Italia è in vigore in 32 su 68 atenei), che da anni garantiscono alle persone in transizione, con contemporaneo percorso psicologico in corso, un percorso alternativo a quello dei cisgender: chi si riconosce nel genere e nel sesso di nascita.
Prima di cambiare nome sulla carta d'identità e completare il percorso intrapreso, quindi, può arrivare un primo riconoscimento che prima non c'era.
COME FUNZIONERÀ
L'obiettivo, si legge nel documento in discussione è «eliminare situazioni di disagio ed evitare che possano determinarsi forme di discriminazioni». Il lavoratore o la lavoratrice che ha avviato la transizione può fare richiesta della nuova identità presentando «adeguata documentazione medica».
A quel punto, se la domanda viene accettata, può avere l'alias al posto del nome di battesimo sul fascicolo personale, ma anche sul cartellino di riconoscimento, come credenziale per la posta elettronica e sulla targhetta postata fuori dalla porta dell'ufficio.
Il nome alternativo non verrà invece utilizzato per documenti «strettamente personali» come busta paga, matricola, provvedimenti disciplinari e sistemi per rilevare le presenze.
Non solo: anche tutti gli atti firmati dalla o dal dipendente avranno l'intestazione con il nome di battesimo. Ulteriori dettagli, tra cui la modalità effettiva con cui sarà riconosciuta la seconda identità, arriveranno con appositi regolamenti interni nelle varie amministrazioni.
IL PERCORSO
Ottenuta l'identità alias i dipendenti potranno poi concentrarsi più serenamente sul procedimento giuridico per ottenere la rettifica del nome e del genere anagrafico. Per farlo, in Italia, un Tribunale che deve accertare il completamento della transizione, valutando per lo più l'aspetto psicologico e il riconoscimento sociale.
Durante il giudizio, poi si può scegliere se chiedere l'autorizzazione per l'intervento chirurgico che serve a cambiare sesso.
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