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ALLO STUDIO DEL GOVERNO IL "MODELLO COREA": C'È L'OPZIONE DEL TRACCIAMENTO DIGITALE
Jacopo Iacoboni per “la Stampa”
Questa mattina il governo italiano avvierà ufficialmente un progetto che cerca di emulare le migliori pratiche internazionali (soprattutto Corea del Sud, Taiwan, Singapore), con l' obiettivo di far partire varie operazioni tecnologiche mirate contro il Covid-19. Tra queste, spicca una: il tracciamento digitale dei contagiati asintomatici (il gruppo sociale più pericoloso nella trasmissione del coronavirus) e degli anziani, il gruppo esposto alle conseguenze sanitarie più gravi.
Tracciamento al quale si potrebbe arrivare con una specie di "passaporto digitale", che potrebbe anche essere una app dedicata, e ovviamente consensuale.
Il governo sembra dunque aver ascoltato, sia pure con serio ritardo, una sequela di idee e proposte sollevate da molti giorni da professori italiani (tra i quali Carlo Alberto Carnevale Maffè, Bocconi, Alfonso Fuggetta, Politecnico, Fabio Sabatini, La Sapienza), raccontate da La Stampa ormai dieci giorni fa.
La call è coordinata da una task force guidata da Walter Ricciardi, dell' Organizzazione mondiale della sanità, di concerto con i ministeri dell' innovazione e della sanità (e, va chiarito, non ha a che fare con la call dei giorni scorsi della ministra Pisano sui droni). Il progetto si articola in tre punti. Il primo è mettere a sistema i dati, di cui l' Italia già dispone. Moltissimi dati ci sono, ma sono aggregati tra regioni e stato centrale. Bisogna disaggregarli, in sostanza renderli fruibili e usabili.
Già solo ricostruire la mappa dei contatti dei contagiati asintomatici finora reperiti aiuterebbe tantissimo a mappare le catene trasmissive del virus. Il secondo punto riguarda un potenziamento della teleassistenza a casa, di quelli che sono chiusi in casa - lievemente malati, o forse positivi asintomatici.
Ma è il terzo punto quello cruciale, che più richiama l' esperienza di successo sud coreana: il contact tracing, ossia il tracciamento digitale dei contatti degli asintomatici e degli anziani, e l' attivazione di un "passaporto digitale" (viene chiamato proprio così, nella bozza di lavoro del team, di cui siamo a conoscenza), una specie di patente che ci consenta di sostituire il ridicolo modulo cartaceo di autodichiarazione, per evitare il lockdown.
Che forma può prendere questo "passaporto" è da vedere. Potrebbe essere una app, ma non è detto. Ricciardi anticipa a La Stampa quale sarà il primo passo della parte digitale: «Nessuno deve temere un Grande Fratello, ci potremo avvalere di un mix di tre strumenti che già esistono, nel tracciamento: compagnie telefoniche, carte di credito, telefoni cellulari».
Naturalmente tutto sarà gestito seguendo le eventuali osservazioni del garante per la privacy, e tenendo conto delle leggi sulla privacy. Ma proprio la tecnologia, in una fase di divieti che finora l' esecutivo ha imposto in maniera verticale e forse un po' alla cieca, può evitare i rischi di scivolare in forme di paternalismo autoritario.
Bisogna per esempio provare a spiegare bene ai nostri lettori che non si tratterebbe di una schedatura di massa di 60 milioni di italiani (sarebbe, oltre che illegale, stupido): basterà invece tracciare e ricostruire le catene trasmissive del virus dentro una sessantina di focolai, grandi o piccoli, del virus, e dunque in un numero circoscritto di persone. Per far questo la app potrebbe aiutare, ma non è neanche detto sia necessaria.
Lo scambio che s' è attivato tra governo e istituti di ricerca è stato catalizzato da diversi professori, che hanno trovato orecchie attente in Ricciardi, e sta coinvolgendo eccellenze italiane come il Politecnico, la Bocconi e il Centro medico Santagostino di Milano, l' Isi Foundation di Torino, la fondazione Kessler di Trento, e vari altri istituti. In Italia abbiamo certamente capacità e conoscenze per lavorare sui big data, purché la cosa non diventi parodistica, come in certi partiti politici, o peggio foriera di conflitti d' interessi, che qui - ci viene assicurato - saranno rigorosamente evitati.
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