DAGOREPORT – MATTEO FA IL MATTO E GIORGIA INCATENA LA SANTANCHÈ ALLA POLTRONA: SALVINI, ASSOLTO AL…
Estratto dell'articolo di Marco Bresolin per “la Stampa”
Anche se non rientra tra gli obiettivi del Pnrr, l'Italia deve mettere a gara le concessioni balneari. Un'ulteriore proroga di quelle attualmente in vigore comporterebbe una violazione della direttiva europea Bolkestein, come sancito da una sentenza del luglio 2016 della Corte di Giustizia dell'Ue.
La Commissione lo ha ribadito ieri attraverso un suo portavoce, ma il governo ne è ben consapevole, tanto che sulla questione è in corso un'interlocuzione sull'asse Roma-Bruxelles dalla quale emerge che non ci sono margini per prorogare le concessioni in scadenza il 31 dicembre 2023. A meno che non si voglia aprire un nuovo fronte di scontro con l'Ue.
La stessa premier Giorgia Meloni sembra intenzionata a muoversi con i piedi di piombo. «Io non ho cambiato idea sul tema della difesa dei nostri imprenditori balneari da una direttiva che secondo me non andava applicata in quel settore» ha premesso ieri la leader di Fratelli d'Italia, che dall'opposizione aveva condotto una dura battaglia contro l'applicazione della Bolkestein, ma che ora deve fare i conti con la realtà.
«La questione è molto complessa – ha riconosciuto – e il punto è capire quale sia, nell'attuale situazione, la soluzione più efficace a livello strutturale. Sto lavorando a una soluzione che non sia temporanea, per questo stiamo convocando intanto i partiti di maggioranza per ragionare insieme e poi convocheremo le associazioni dei balneari». I rappresentanti della categoria – soddisfatti per il chiarimento relativo agli obiettivi del Pnrr – sostengono però che la soluzione strutturale auspicata dalla premier richiede tempo e che per questo deve per forza di cose passare da un'ulteriore proroga delle concessioni.
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IL SENTIERO STRETTO DELLA PREMIER
Francesco Olivo per “la Stampa”
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Meloni, nella riunione di oggi con la maggioranza, spera di poterne uscire e ha chiesto il miracolo a Raffaele Fitto, l'uomo dalle missioni spericolate.
Il ministro degli Affari europei sta trattando con l'Ue, sperando di poter strappare qualcosa, ma il margine è poco. In un momento così l'ultima cosa da fare è irritare l'interlocutore e questo, secondo Meloni, sarebbe chiedere l'ennesima proroga alle gare per le concessioni, non più 2024, ma 2025. L'insidia, quindi, oggi è rappresentata dagli emendamenti che Forza Italia e Lega hanno presentato al decreto Milleproroghe e che non hanno nessuna intenzione di ritirare.
«Nessuno ce lo ha chiesto», spiega Maurizio Gasparri, senatore azzurro e storico difensore della categoria. Anche il Carroccio mantiene gli emendamenti, come conferma il capogruppo in Senato Massimiliano Romeo, specificando che le decisioni possono cambiare dopo l'incontro annunciato dalla premier con le categorie.
(...) In Forza Italia nessuno ha dimenticato quello che è successo durante il governo Draghi, quando Meloni gridò al tradimento per la mediazione trovata tra le forze di maggioranza, fare le gare dando molti vantaggi agli attuali titolari delle concessioni.
Sono passati nove mesi, ma sembra una vita: «Ci hanno detto di tutto, si sono presi i voti della categoria e ora sta a loro trovare una soluzione». Nessuno crede che si possa incontrare una mediazione possibile tra il «fare le gare» e il «mai le gare». L'unica strada, secondo Gasparri, è chiedere la proroga di un anno, puntando sul ritardo nella mappatura, che secondo il provvedimento del governo Draghi, è la premessa per poter indire le gare: «Il monitoraggio è ancora in corso, non è stato completato ed è fondamentale per verificare se siamo di fronte a una risorsa scarsa oppure no, come noi pensiamo che sia». Se non lo fosse, infatti, salterebbe il principio della direttiva Bolkestein. Ma l'argomento per il momento non ha fatto breccia a Bruxelles ed è difficile che qualcosa possa cambiare adesso.
salvini meloni berlusconi piazza del popolo 2
C'è anche un'altra questione che mette in agitazione la categoria e la maggioranza: le deleghe su questa materia non sono state assegnate.
Sin dal giuramento al Quirinale, Daniela Santanché, ministra del Turismo, aveva fatto sapere di voler rinunciare per sgombrare il campo da un evidente conflitto di interesse (è un'imprenditrice del settore). Ma quelle competenze non le ha prese nessuno, non il ministero delle Infrastrutture di Matteo Salvini, e nemmeno Nello Musumeci, ministro del Mare, «evidentemente è un mare senza spiagge», ironizzano in Senato.
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