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Francesco Semprini per “la Stampa”
Si chiudono 13 anni di guerra, ma i combattimenti non finiscono. Il 31 dicembre in Afghanistan termina l’operazione «Isaf», e il primo gennaio inizia l’operazione «Resolute Support», ma per i circa 9.800 soldati americani che restano sul territorio afghano continua a essere una missione di guerra. Il presidente Usa Barack Obama, infatti, li ha autorizzati a svolgere missioni di combattimento, almeno per un altro anno.
In base a un ordine firmato quasi in segreto dal Commander in chief, nel 2015 le forze americane in Afghanistan potranno ancora attaccare i taleban, e anche utilizzare contro di loro i caccia F-16, i bombardieri B-1B e i droni Predator e Reaper. In ogni caso, Obama ha salutato la fine della missione come «la conclusione responsabile della più lunga guerra nella storia americana» (immediata la replica dei taleban che hanno fatto sapere che continueranno la resistenza).
LA FINE DELLA MISSIONE
La Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf), che ha ufficialmente concluso l’attività con una cerimonia nel suo quartier generale a Kabul, era nata per decisione del Consiglio di sicurezza dell’Onu nel 2001, anno dell’intervento militare internazionale in Afghanistan, ma è diventata operativa due anni dopo, sotto il comando della Nato.
Isaf è stata una Coalizione internazionale composta da militari della Nato e di 43 Nazioni. Il comando era semestrale, a rotazione, e diviso in zone regionali: la provincia occidentale di Herat fu affidata al comando del contingente italiano. In ogni caso, una parte delle forze americane, che hanno costituito il grosso del contingente di intervento, hanno continuato a mantenere la loro indipendenza operativa alle dipendenze del Pentagono.
ventimila soldati usa feriti in afghanistan
LA NUOVA OPERAZIONE
Lo scorso maggio Obama ha annunciato che dal 1° gennaio 2105 resteranno in Afghanistan 9.800 soldati americani (insieme a circa 4.000 militari degli alleati Nato tra cui Germania, Italia e Turchia), con lo scopo principale di addestrare e assistere le forze di sicurezza afghane. Si tratta di un contingente che sarà poi ridotto della metà nel corso dell’anno. Coloro che rimarranno faranno base principalmente a Kabul e a Bagram, per poi essere a loro volta ritirati entro la fine del 2016, prima che Obama termini il suo secondo mandato alla Casa Bianca.
DOPO IL 2016
Dopo di allora, gli Usa manterranno in Afghanistan dei consiglieri militari che lavoreranno con il governo di Kabul, ma il loro incarico non è stato ancora definito. Le prospettive per l’immediato futuro afghano sono rese ancora più preoccupanti dal mancato decollo del governo del presidente Ashraf Ghani.
GLI ATTENTATI NON SI FERMANO
Gli insorti non risparmiano violenza: dall’inizio di dicembre l’Onu ha diffuso preoccupanti cifre sull’aumento delle vittime civili, sostenendo che i 3.188 morti registrati alla fine di novembre 2014 rappresentavano un aumento del 19% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
soldati italiani in afghanistan
A queste vittime devono aggiungersi gli oltre 4.600 soldati e agenti di polizia afghani uccisi solo fra gennaio e ottobre di quest’anno. Una cifra che in 10 mesi è stata superiore a tutte le 3.485 perdite (54 italiane) accusate dalla Coalizione internazionale dal 2001. A oltre tre mesi dal suo insediamento, il capo dello Stato non è riuscito a ufficializzare una lista di ministri a causa del conflitto che lo oppone ad Abdullah Abdullah, avversario sconfitto nelle presidenziali.
soldati italiani in Afghanistan
Dopo una mediazione svolta dal Segretario di Stato Usa, John Kerry, Abdullah è rientrato nel gioco del potere ottenendo il coordinamento del futuro governo di unità nazionale. Ma nonostante dichiarazioni rassicuranti, i due leader non si sono messi d’accordo e l’Afghanistan è oggi come un nave che attraversa un mare in tempesta senza nessuno al timone.
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