DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…
Giovanni Bianconi per il Corriere della Sera
Lo accusano di aver aperto procedimenti penali per favorire i suoi amici avvocati con perizie compiacenti o altre attività «serventi» (i cosiddetti «fascicoli sponda»); oppure per carpire informazioni su inchieste collegate, o addirittura inquinarle attraverso i «fascicoli specchio».
È ciò che sarebbe accaduto con l' indagine su un falso complotto ai danni dei vertici dell' Eni, messa in piedi e alimentata con falsi verbali e altre attività «abnormi», allo scopo di «sviare e introdurre elementi di criticità» nell' inchiesta della Procura di Milano sull' amministratore delegato del «cane a sei zampe» Claudio Descalzi e il suo predecessore Paolo Scaroni (poi rinviati a giudizio per corruzione).
Una sorta di depistaggio, insomma, che l' ex pubblico ministero di Siracusa Giancarlo Longo, napoletano di 48 anni già trasferito dal Csm al tribunale civile partenopeo dopo le denunce di un gruppo di colleghi, avrebbe organizzato in combutta con gli avvocati Pietro Amara e Giuseppe Calafiore. Quest' ultimo, destinatario di un ordine di arresto come Amara e Longo, per adesso è latitante a Dubai.
Località che conosceva per averci trascorso il Capodanno 2014 con il magistrato e il suo collega avvocato; viaggio pagato dall' imprenditore Fabrizio Centofanti, legato a doppio filo ad Amara, di cui gli inquirenti hanno trovato la contabilità autografa. Negli appunti risultano le spese sostenute per i biglietti aerei e l' albergo che ora sono diventati un indizio della corruzione in atti giudiziari contestata dalla Procura di Messina.
Secondo l' ufficio guidato dal procuratore Maurizio De Lucia, dietro l' inchiesta aperta dall' ex pm sul presunto intrigo internazionale contro l' Eni ci sarebbe la «regia occulta dell' avvocato Amara il quale, avvalendosi dell' asservimento di Longo, era il promotore della complessa operazione giudiziaria finalizzata ad ostacolare l' attività di indagine della Procura di Milano».
La denuncia iniziale - un sequestro di persona tentato a Siracusa dai contorni molto fumosi - è stata coltivata da Longo che si è auto-assegnato l' inchiesta, e da lì ha cominciato a chiedere atti ai colleghi milanesi. L' ipotesi di una cospirazione contro i vertici dell' Eni inquisiti a Milano è stata alimentata, nel procedimento aperto a Siracusa, attraverso dichiarazioni di soggetti che sono risultati in contatto fra loro e addirittura pagati per rendere le loro testimonianze.
Uno è il tecnico petrolifero Massimo Gaboardi, ma le perizie tecniche svolte sul computer di Longo hanno accertato che i due verbali da lui sottoscritti (il primo come testimone e il secondo da indagato, nel quale gli era stato assegnato un avvocato d' ufficio dello studio Calafiore, poi nominato difensore di fiducia) erano stati confezionati da un altro computer, quello dell' avvocato Calafiore, in orari precedenti a quelli in cui si sono svolti gli interrogatori.
Questa e altre anomalie hanno convinto il giudice che ha ordinato gli arresti che la conduzione del fascicolo, poi trasmesso per competenza a Milano, «dimostrano non tanto superficialità e disattenzione nello svolgimento delle indagini, quanto una precisa regia e consapevolezza di utilizzare l' azione giudiziaria per fini illeciti». In cambio della «mercificazione della funzione» contestata per questo e altri «fascicoli specchio», «fascicoli sponda» e «fascicoli minaccia» aperti per indagare «soggetti ostili agli interessi di alcuni clienti dell' avvocato Calafiore», l' ex pm Longo avrebbe ricevuto «denaro e altre utilità». Tra queste la vacanza a Dubai, riscontrata dagli appunti di Centofanti, e un soggiorno all' hotel Vanvitelli di Caserta con moglie e figli (insieme alla famiglia Calafiore) a Capodanno 2016.
I soldi della corruzione, per l' accusa sono gli 88.000 euro e spiccioli versati in contanti da Longo su alcuni conti correnti fra il dicembre 2014 e il marzo 2017. Gli investigatori della Guardia di finanza hanno accertato che i versamenti avvenivano quasi sempre in concomitanza ai prelievi sui conti di due società riconducibili a Amara e Calafiore (200.000 euro nello stesso periodo).
Nella «indole mistificatoria» attribuita a Longo, i colleghi che l' hanno mandato in carcere fanno rientrare anche il modo in cui ha scoperto e interrotto le intercettazioni nel suo ufficio. Il 14 febbraio scorso, dopo aver ricevuto un messaggio sul telefonino, Longo si è messo all' affannata ricerca della microspia, guardando dappertutto e ripreso in diretta dalla telecamera che alla fine ha trovato.
Il telefono dov' è arrivato l' avviso, invece, è sparito, l' ex pm ha dichiarato di averlo perso. Nella relazione di servizio in cui ha denunciato il ritrovamento della microspia ha scritto di averla individuata casualmente, ma le immagini registrate dimostrano tutt' altro. Ed è scattata una nuova accusa per falso in atto pubblico.
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