giorgia meloni enrico letta

I GRILLINI SENTONO PUZZA DI INCIUCIO: SOSPETTANO CHE ENRICO LETTA E GIORGIA MELONI SI STIANO METTENDO D'ACCORDO SULLA PRESIDENZA DELLE COMMISSIONI "DI GARANZIA" (COPASIR E VIGILANZA RAI), CHE PER PRASSI SPETTANO ALL'OPPOSIZIONE, LASCIANDO A BOCCA ASCIUTTA I CINQUESTELLE - I FEDELISSIMI AVVERTONO CONTE: "CERCHERANNO DI FREGARCI" - CHE SIA VERO O MENO, E' LA NARRAZIONE PERFETTA PER LA PROPAGANDA GRILLINA CHE VUOLE LANCIARE L'OPA A SINISTRA SUL PD...

Federico Capurso per “la Stampa”

 

giuseppe conte chiusura campagna elettorale m5s 9

Giuseppe Conte ha deciso di rallentare e riprendere fiato, dopo le fatiche della campagna elettorale. I suoi fedelissimi però tengono alta l'attenzione e fanno già suonare un primo allarme: «Enrico Letta e Giorgia Meloni si stanno mettendo d'accordo, cercheranno di fregarci».

 

Preoccupazioni che toccano, per iniziare, le presidenze delle due commissioni parlamentari «di garanzia», che spettano all'opposizione: la commissione di Vigilanza Rai e quella di controllo sui servizi segreti, il Copasir. Per prassi, una dovrebbe andare al Pd, l'altra al Movimento.

 

CONFRONTO LETTA MELONI

I buoni uffici tra Letta e Meloni - sibilano i 5S - potrebbero invece portare a un «inciucio» che lasci il Movimento a mani vuote. E da qui, estendere l'esclusione ad altre occasioni, altre poltrone, anche in futuro. La teoria del complotto è utile alla propaganda pentastellata. L'obiettivo dei vertici M5S è quello di «continuare a prosciugare il bacino di voti del Pd»: gettare un'ombra su Letta e sui suoi rapporti con la destra rientra in questa strategia. «Vogliamo replicare ciò che ha fatto Giorgia Meloni con la Lega». In altre parole, cannibalizzare il consenso degli ex alleati.

 

MANIFESTI DI LETTA E MELONI SUGLI AUTOBUS

Da subito, nel momento più difficile dei Dem, ancora stretti tra la sconfitta elettorale e il traghettamento verso il congresso di marzo. Sei mesi di tempo, quindi, per trasformare Conte nel punto di riferimento del campo largo. Non «di sinistra», quella è una parola che l'ex premier non usa mai. Piuttosto, «progressista», puntualizza lo stesso Conte, e che parli «a un elettorato autenticamente democratico».

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