JIHAD A CASA NOSTRA - I SERVIZI DI INTELLIGENCE SEGNALANO UN ALTO RISCHIO DI ATTENTATI IN EUROPA - ALTRO SCHIAFFO PER OBAMA SULLA COALIZIONE ANTI-ISIS: L’IRAN NON VUOLE COOPERARE

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1 - ISIS: IRAN,ABBIAMO RESPINTO RICHIESTA USA COOPERAZIONE 

 Il rapper jihadista Abdel-Majed Abdel Bary Il rapper jihadista Abdel-Majed Abdel Bary

(ANSA-AFP) - L'Iran ha respinto una richiesta di cooperazione da parte degli Usa contro lo Stato islamico. Lo ha detto la guida suprema Ali Khamenei. "Gli Usa attraverso il loro ambasciatore in Iraq ci hanno chiesto di cooperare contro lo Stato Islamico. Ho rifiutato perché hanno le mani sporche",ha detto uscendo dall'ospedale dopo un'operazione.

 

2 - ANCHE L’EUROPA ORA HA PAURA - RISCHIO ATTENTATI DI STAMPO JIHADISTA

Giampaolo Cadalanu per “La Repubblica

 

«Questo britannico paga per la tua promessa, Cameron, di armare i peshmerga contro lo Stato Islamico». La voce del boia arriva un po’ offuscata dal cappuccio che nasconde il volto. Ma il messaggio è chiaro: l’Europa è in guerra. Italia, Gran Bretagna, Germania, non potranno partecipare alla lotta contro il califfato, chiamandola con un altro nome, e mandare armi nell’illusione di non pagare un prezzo alto.

IRAQ - JIHADISTI DELL' ISISIRAQ - JIHADISTI DELL' ISIS

 

Erano una minaccia evidente le ultime parole che il povero David Haines ha sentito, inginocchiato sulla sabbia del deserto, prima che il coltello del carnefice si posasse sulla sua gola. Ma non erano rivolte a lui. E sono arrivate sonore oltre il Mediterraneo, al di là dei confini porosi del Vecchio Continente.

 

Non c’è un oceano Atlantico a diluire gli incubi, l’Europa e il Medio Oriente sono troppo vicini. La minaccia è reale, e gli europei ne sono ben coscienti. Il richiamo dello Stato Islamico ai militanti perché si preparino all’uso delle cinture esplosive, la paura espressa apertamente dalla diplomazia vaticana persino per la vita del Papa, gli assassinii dei due reporter americani e del cooperante inglese “celebrati” davanti all’obiettivo: sono tutti elementi che si accumulano di fianco all’allarme generale per i “jihadisti di ritorno”, figli rinnegati d’Europa, pronti a ritornare a casa dopo aver imparato l’arte del terrore, per metterla in pratica fra i concittadini infedeli.

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Ne sa qualcosa David Cameron, che dopo la decapitazione del primo ostaggio britannico ha convocato i capi militari e della sicurezza per un vertice di emergenza. Il premier di Sua Maestà parla di «atto spregevole» e di «puro male», ma i suoi suonano solo come anatemi, di fronte alle parole che Haines ha pronunciato prima di morire.

 

Secondo la trascrizione del video, prima di essere ucciso l’ostaggio ha puntato il dito proprio contro il capo del governo,considerato «interamente responsabile » della sua morte, perché il Regno Unito è «volontariamente entrato in una coalizione con gli Stati Uniti contro lo Stato islamico».

 

Il messaggio si è sentito molto bene anche in Italia. E non sembra davvero un caso che la paura di un bagaglio sospetto a bordo di un Airbus 3-20 della libanese Middle East Airlines decollato da Ginevra e diretto a Beirut abbia spinto il comando Nato di Torrejon a ordinare che l’aereo venisse scortato da due cacciabombardieri Eurofighter fino a compiere un atterraggio di emergenza a Fiumicino, paralizzando per diverse ore l’attività di tutto lo scalo.

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Tutto nella norma, garantisce l’Aeronautica: il territorio e lo spazio aereo nazionali sono sorvegliati 365 giorni l’anno, 24 ore su 24, da radar e caccia pronti al decollo da Grosseto, Gioia del Colle e Trapani. Apparentemente, è stato solo il ritardo di un passeggero dopo il check-in del bagaglio. Ma è difficile negare che il nervosismo stia crescendo anche nel nostro Paese, perché nonostante la prudenza dei modi resta la sostanza dell’aiuto italiano ai guerrieri curdi, che per l’Is equivale a una dichiarazione di guerra.

 

Secondo gli esperti del centro studi Soufan Group, a giugno erano oltre duemila i giovani europei, in gran parte di nazionalità britannica o francese, che avevano raggiunto i combattenti dello Stato Islamico. I servizi segreti belgi raddoppiano questa stima. Il ministero degli Interni di Parigi valuta che i jihadisti nel suo Paese siano almeno 930, di cui 350 già impegnati in terra siriana o irachena sotto le bandiere nere. Ad altri settanta è stata invece impedita la partenza.

 

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E se gli Stati Uniti suggeriscono di togliere la cittadinanza agli integralisti, l’Europa non può: i Paesi dell’Unione hanno firmato un trattato che vieta espressamente la revoca della cittadinanza, a meno che le persone interessate l’abbiano ottenuta in modo fraudolento, o ne abbiano due.

 

Nonostante questo accordo, il ministro della Giustizia olandese Ivo Opstelten ha segnalato che l’Aja ha provveduto a “cancellare” i passaporti di almeno 33 persone sospettate di voler raggiungere la Siria per combattere, e in alcuni casi ha affidato i figli dei sospetti a orfanotrofi.

 

Secondo Magnus Ranstorp, direttore della Ricerca al Centro per gli studi delle minacce asimmetriche del Collegio nazionale svedese di Difesa, «è altamente probabile che si possa assistere in Europa a un attentato come quelli di Londra o di Mumbai». Altri esperti prevedono la proliferazione di attacchi più semplici, opera di singoli jihadisti, come quello condotto dal francese Mehdi Nemmouche al museo ebraico di Bruxelles, nel maggio scorso. Ma tutti sottolineano: adesso il fronte è l’Europa.