FORA DAI BALL, PADANO! - I SOLDI DELLA BANDA BELSITO ERANO COSÌ POCO TRASPARENTI CHE PERFINO UNA BANCA DELLA TANZANIA HA RISPEDITO AL MITTENTE I 4,5 MLN € DI INVESTIMENTI PADANI! - PER USCIRE DAL PAPOCCHIO AFRICANO IL TESORIERE FORMATO “FAMILY” SI AFFIDA AL TANDEM BRANCHER-CALDEROLI, GIÀ PROTAGONISTI DELLA FAMOSA BUSTARELLA-GATE DA 200 MILA € CHE GIANPI FIORANI DISSE DI AVER GIRATO PER FORAGGIARE LA CAMPAGNA ELETTORALE…

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1 - LA BANCA TANZANIANA RESPINSE I SOLDI DELLA LEGA: QUEI 4,5 MILIONI DI EURO ERANO POCO TRASPARENTI...  Da "Corriere.it"

Sentivano puzza di soldi sporchi e quindi hanno preferito non accettare il denaro offerto dalla Lega. Sarebbe stato solo un tentativo di investimento quello dei 4,5 milioni di euro che l'ex tesoriere indagato della Lega Francesco Belsito ha cercato di depositare su una banca tanzaniana. Secondo i primi accertamenti degli inquirenti milanesi l'istituto di credito probabilmente per una questione di trasparenza bancaria ha «congelato» i fondi per oltre un mese e poi li ha restituiti al mittente, cioè li ha rimandati sul conto del Carroccio presso la banca Aletti, senza quindi che sia stato effettuato l'investimento.

L'INCHIESTA - Dalla prima lettura delle carte e dall'interrogatorio tra cui l'acquisizione di alcuni documenti bancari e l'interrogatorio di Paolo Scala, l'uomo d'affari indagato assieme a Belsito e al consulente d'impresa Stefano Bonet, i pm hanno effettuato una prima ricostruzione del giro che avrebbero fatto i soldi investiti all'estero. Da quanto si è potuto capire 1,2 milioni di euro sono stati investiti presso un fondo cipriota da cui poi, quando la vicenda è uscita tra molte polemiche sulla stampa, sono stati riportati in Italia circa 850 mila euro.

Diversa sarebbe stata la strada presa dagli altri 4,5 milioni di euro prelevati dalle casse della Lega: il tentativo sarebbe stato quello di effettuare un investimento in una banca in Tanzania dove sarebbero rimasti però congelati e poi respinti dallo stesso istituto di credito o per le preoccupazioni in quanto la vicenda era già uscita sui giornali, o per i sospetti su una operazione non trasparente.

2 - FIORANI E TANZANIA RISPUNTA LA COPPIA CALDEROLI-BRANCHER
Paolo Colonnello per "La Stampa"

Come dice il "Nano" Fracesco Belsito, l'ex tesoriere della Lega Nord, in un'intercettazione dell'8 febbraio scorso, «qua l'unico che rispetto è Roberto Calderoli...». E si capisce, perché certe amicizie, certi intrecci, nascono da lontano e portano lontano.

Come il sodalizio tra l'onnipresente Aldo Brancher e l'ex ministro leghista alla Semplificazione del governo Berlusconi. I due spuntano come il prezzemolo in questa inchiesta esattamente come alcuni anni fa erano spuntati in un'altra clamorosa vicenda giudiziaria: la scalata alla Banca Antonveneta organizzata dall'ex enfant prodige della Bassa, Giampiero Fiorani.

Un banchiere ideale per il Carroccio, l'uomo che dalle brume delle campagne lodigiane sognava, con la complicità dell'allora governatore di Bankitalia Antonio Fazio, di creare il più importante istituto di credito popolare europeo e che già aveva salvato dalla bancarotta, rilevandone gli sportelli, il fallimentare esperimento della banca "padana", la Credieuronord, accusata tra l'altro di aver coperto certe truffe sulle quote latte. La storia è nota: finì malissimo.

Non per tutti, però. Calderoli, ad esempio, se la cavò abbastanza bene. E grazie a chi? A Brancher, il ministro "meteora" durato in carica appena 17 giorni. L'ex prete, ufficiale di collegamento tra Berlusconi e la Lega, che sembra essere bene informato dei misteri dell'operazione "Tanzania" e che all'epoca preferì addossarsi le responsabilità di una tangente da 200 mila euro piuttosto che gettare nel fango l'amico Roberto.

I fatti, confermati poi anche da una sentenza della Cassazione, andarono così: «Nel febbraio marzo del 2005 Aldo Brancher, nel corso di un incontro a Roma, aveva detto che lui e il senatore Calderoli avevano bisogno di 200 mila euro per le spese della campagna elettorale.

Al ritorno da Lodi, Fiorani aveva detto a Spinelli (suo collaboratore, ndr) che vi era la necessità di preparare quella somma in contanti». Dopo circa 20 giorni Brancher comunica a Fiorani la data in cui lui e Calderoli sarebbero stati a Lodi per un comizio. Nel giorno fissato, ovvero il 31 marzo 2005, Brancher e Calderoli si presentano nel suo ufficio. Spinelli, preavvertito, si palesa con una busta gialla contenente i 200 mila euro.

Continua la sentenza della Cassazione: «Vi era stato un dialogo tra Fiorani, Brancher e Spinelli, nel corso del quale Spinelli aveva consegnato la busta a Brancher. Costui, ricevuta la busta, aveva raggiunto il senatore Calderoli che si trovava in un'altra sala. Fiorani sottolineava di non aver assistito alla divisione della somma tra loro due, ma aveva potuto notare che Calderoli era visibilmente entusiasta, tanto da tenere un accalorato discorso a favore della Banca Popolare di Lodi».

Come si sa, la Lega, che fino a quel momento era stata ostile ai progetti di Fazio e Fiorani, cambiò di colpo opinione. Calderoli, che per questa vicenda rimase a lungo indagato, ovviamente smentì tutto («Mai visto nessuna busta») e alla fine venne archiviato. Ad aiutarlo ci pensò Brancher, che non confermò mai di avergli passato la famigerata "busta gialla". La Cassazione dovette arrendersi «e non certo perché Fiorani non era stato ritenuto attendibile in relazione al verificarsi del fatto» che i giudici della Suprema Corte ritennero dunque storicamente accertato.

È per questo che i carabinieri del Noe non si stupiscono quando sentono l'ex tesoriere della Lega, Belsito, affidarsi a due personaggi come Brancher e Calderoli per cercare di uscire dall'impasse dell'"operazione Tanzania".

 

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