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DAGOREPORT – VINCENZO DE LUCA NON FA AMMUINA: IL GOVERNATORE DELLA CAMPANIA VA AVANTI NELLA SUA…
1. "SÌ, IL GENERALE DISSE: TIZIANO STAI LONTANO DA CERTI PERSONAGGI"
Massimo Vanni per 'la Repubblica'
Sotto scacco. Il Pd di Rignano, mini-culla del renzismo, rompe col sindaco uscente Daniele Lorenzini. Il medico del paese (8.700 anime) è deciso a ricandidarsi con una lista civica. E il Pd ora rischia grosso. Dietro la rottura politica c' è quella personale tra il sindaco e il primattore del Pd rignanese, Tiziano Renzi. Uno strappo nato sul terreno dell' inchiesta Consip.
Sindaco Lorenzini, intende davvero far perdere il Pd proprio a casa di Renzi?
«No, vorrei che gli elettori del Pd mi sostenessero, se ritengono positivi i miei 5 anni».
Però lei ha rotto con il Pd.
«Non sono più il candidato del Pd, mi sono state poste condizioni inaccettabili. Come correre col simbolo del partito, candidati scelti dai dirigenti e la riconquista della fiducia dell' assemblea, quella che il 16 febbraio mi aveva chiesto per acclamazione di ricandidarmi».
E ora vuole vuole fare a meno del simbolo del Pd?
«Certo, per andare oltre i confini del partito e aggregare una comunità che non sempre si riconosce nei partiti».
Tiziano Renzi però si è messo di traverso.
«Io rispetto l' opinione di tutti ma chiedo anche che sia rispettata la mia e quella dei miei sostenitori».
Per cinque anni ha avuto ottimi rapporti con Tiziano, poi all' improvviso...
«Mi dispiace che sia successo ma non credo che avere delle opinioni diverse sulla politica sia un motivo sufficiente per interrompere un buon rapporto».
Il Pd di Rignano fa quello che vuole Tiziano?
«Sarebbe offensivo nei confronti del gruppo dirigente pensare che decide solo Tiziano».
Ma la rottura tra voi due non è nata quando lei è stato chiamato come persona informata sui fatti dai magistrati che indagano su Consip?
«Sono sicuro che ci sia solo un nesso temporale. E penso che avere diverse opinioni politiche non abbia niente a che fare con le indagini giudiziarie».
Però sulla chat del partito Tiziano l' ha accusata di essere un "voltagabbana".
«Ripeto, sono sicuro che si tratti solo di una diversa valutazione di strategia politica».
Perché allora Tiziano se l' è presa tanto per le sue dichiarazioni ai magistrati?
«Non credo per questo. E credo che ogni cittadino debba raccontare ai magistrati la verità».
Quale verità?
«Solo di aver partecipato ad una cena a casa di Tiziano, con mogli e altri commensali».
C' era anche il generale dei carabinieri Saltalamacchia?
«Fra gli altri c' era anche lui. E in quella serata ho solo sentito una battuta intorno ad una grigliata e con un buon bicchiere di vino: "Non frequentare certa gente", ha detto il generale mentre Tiziano cucinava la bistecca tra una battuta e l' altra. Come ho detto ai magistrati, non ho sentito nessun nome e non ho capito il contesto al quale quella frase fosse riferita».
Ma Tiziano...
«Allora insiste Le ripeto: ho un' opinione diversa su come vincere le elezioni».
Ma lei è ancora il medico personale di Tiziano?
«Lo saprò quando mi arriveranno i tabulati dell' Asl».
Se il Pd perdesse Rignano lei diventerebbe l' eroe degli anti- renziani.
«Non abbiamo bisogno di eroi, abbiamo bisogno di gente che condivide un percorso. Basta che appoggino la mia lista 'Insieme per Rignano'».
Il Pd fiorentino tenta di salvare capra e cavoli proponendole primarie di coalizione.
«Irricevibile, non ci sarò».
2. «CONSIP, HO CHIESTO VERIFICHE»
Francesco Verderami per il ''Corriere della Sera''
C' è lui, che è il ministro della Giustizia e corre per le primarie del Pd. C' è lei, che è l' inchiesta Consip in cui è coinvolto Tiziano Renzi. E c' è l' altro, che è Matteo Renzi, avversario del Guardasigilli per la guida del Pd. Eppure Orlando giura di non nutrire «alcun imbarazzo» in questa storia dove politica e giustizia si intrecciano.
«Davvero, nessun imbarazzo», ripete il ministro-candidato: «Semmai ho notato l' insofferenza di molti pasdaran renziani per la mia partecipazione alle primarie, come potesse essere Matteo il solo a poter gareggiare. Per il resto non è la prima volta che compagni del mio partito si trovano alle prese con un' indagine». E malgrado si tratti di «compagni» eccellenti, fa mostra di non scomporsi, «non cambia il mio atteggiamento, basato sul principio di autonomia della magistratura e sul criterio di garanzia per i cittadini. Certo, mi spiace per questa vicenda. E spero possa risolversi bene per Renzi».
Orlando sostiene di non aver «mai parlato» della faccenda con il suo competitor, «ci siamo solo scambiati messaggi di auguri quando ci siamo candidati alle primarie». Nonostante il tentativo di derubricare la faccenda, è però consapevole dell' impatto di un' inchiesta che - per il suo doppio ruolo politico e istituzionale - lo pone al centro dell' intreccio.
Per di più dopo la scoperta che un capitano dei Carabinieri ha scambiato i protagonisti di un' intercettazione, dato rilevante ai fini della posizione di Tiziano Renzi. «Spetterà ai magistrati valutare se si tratta di errore o dolo». Ma da Guardasigilli ha deciso di intervenire chiedendo «alla procura generale di Napoli, attraverso gli uffici del mio dicastero, elementi sulle anomalie di funzionamento della polizia giudiziaria».
La mossa È un passo formale importante, «l' unico che posso fare.
Perché un ministro della Giustizia può avviare un' ispezione solo in presenza di responsabilità dei magistrati, che a oggi non si registrano. Mentre sulla polizia giudiziaria non ho poteri di vigilanza e di intervento». A suo modo di vedere, in questa fase «non credo che nemmeno il Csm» abbia molti spazi di azione, siccome «un magistrato si è accorto della manipolazione ed è intervenuto. Certo, emergessero altri fatti si dovrebbe valutare. In ogni caso l' episodio è grave e inquietante: cambiare le carte è un' alterazione della verità commessa da chi dovrebbe invece contribuire a ricercarla».
Se Orlando sfugge al gioco delle fazioni, se non accetta di schierarsi tra quanti gridano al complotto e quanti temono che si voglia minare l' inchiesta, «non è perché non mi sia fatto un' opinione ma perché qualsiasi mia parola violerebbe il confine tra potere politico e ordine giudiziario».
Si esprime invece sul rischio che casi come quello della manipolazione di intercettazioni possano ulteriormente pregiudicare la fiducia verso la giustizia dell' opinione pubblica, e prende le difese del sistema processuale italiano «che è uno dei migliori modelli di garanzia nelle democrazie occidentali; il problema è la strumentalizzazione dei vari passaggi del processo, che diventano anticipazione di un verdetto: tutto ciò si trasforma in un calvario per un cittadino anche in caso di assoluzione».
Il ministro-candidato non accetta l' idea che il suo partito sia messo alla sbarra: «È vero che il caso-Consip sta destando grande attenzione mediatica, ma certe questioni riguardano tutti. C' è un problema generale di selezione della classe dirigente, e se non c' è dubbio che il Pd si sia infragilito, per via di infiltrazioni di interessi privati, anche altre forze devono farci i conti, comprese quelle appena nate». L' allusione ai Cinquestelle è chiara, ma è sui democrat che si concentra: «Un partito in grande affanno, dove si consuma una diaspora silenziosa e perciò più pericolosa. Io penso che un altro Pd sia possibile, che l' emorragia possa essere fermata. Non a caso sono diventato il principale bersaglio degli scissionisti».
Culto della personalità Ai problemi del partito si aggiungono quelli del governo. Orlando critica la tattica di Renzi, schierandosi in difesa dei ministri tecnici, «che non solo erano stati scelti da chi oggi li attacca, ma si stanno muovendo in una logica di continuità con le scelte del precedente gabinetto». Perché allora mettere sotto pressione Padoan, «quando sappiamo che la situazione economica è ancora critica? Se uno ha la febbre non può prendersela con il termometro».
E perché prendersela con Calenda, «che porta avanti un lavoro già iniziato dal ministro Guidi? Questo tentativo di smarcamento non solo è poco credibile ma può provocare danni al Paese». È il «rischio Italia» descritto da Polito sul Corriere a cui fa cenno: «Se va cambiato qualcosa bene, però le riforme vanno completate. Ci aiutano anche in Europa».
Ma tra i renziani va di moda il culto della personalità, con accenti che al Guardasigilli non sono sfuggiti nel colloquio di Orfini con la Stampa: «E si capisce perché sia complicato per loro passare dall' Io al Noi», sorride. Le energie andrebbero spese in altra direzione, su una legge elettorale che eviti «larghe intese perenni»: «Anche perché reggerebbero sei mesi. D' altronde il rapporto con i grillini è precluso dalla loro linea politica. E un governo con i moderati sarebbe difficile». Orlando dice «moderati» per non citare Berlusconi. Ma messo alle strette, non si esime da un giudizio: «Certo che bisogna rivalutare il suo ventennio. È stato un grande presidente del Milan».
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