DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
1 - OBAMA: ABBIAMO PROVE SUFFICIENTI ASSAD VA PUNITO. "AVVERTIMENTO A TUTTI I DITTATORI, MA RAID LIMITATI"
Paolo Mastrolilli per "La Stampa"
«Stiamo guardando alla possibilità di un atto limitato e definito, che faccia capire al governo siriano, e ad altri governi nel mondo, quanto la comunità internazionale tiene alle norme sull'uso delle armi chimiche». Così, nel giorno in cui gli Stati Uniti hanno presentato le loro prove della colpevolezza di Assad per l'attacco del 21 agosto, il presidente Obama ha confermato che l'intervento punitivo può avvenire ormai in ogni momento.
Il capo della Casa Bianca ha ribadito che «non ho ancora preso una decisione, e non stiamo contemplando l'ipotesi di una lunga guerra con soldati sul terreno». Però ha aggiunto che quella di Damasco «è una sfida lanciata al mondo», e questo obbliga a dare una risposta.
Pochi minuti prima il segretario di Stato Kerry aveva presentato il rapporto dell'intelligence americana. Quattro pagine in cui c'è scritto che il 21 agosto sono morte 1429 persone, fra cui 426 bambini. Il regime ha deciso di attaccare i sobborghi di Damasco, perché era frustrato dall'incapacità di scacciare i ribelli. Per tre giorni le unità coinvolte hanno spostato le armi, e si sono preparate distribuendo maschere anti gas. Quindi alle 2,30 del mattina hanno sparato i razzi, di cui l'intelligence Usa ha registrato il luogo di decollo e il punto di impatto: i primi erano tutti nelle zone controllate dal regime, i secondi in quelle dei ribelli.
«Molte persone - ha detto Obama - sono scettiche verso la guerra, incluso me. Dopo l'Iraq, c'è un certo sospetto verso qualsiasi azione militare, e lo apprezzo. à importante però riconoscere che quando oltre mille persone vengono uccise, incluse centinaia di bambini, usando armi che secondo il 98 o 99% dell'umanità dovrebbero essere bandite, e non c'è risposta, stiamo mandando un segnale. Questo è un pericolo per la nostra sicurezza nazionale».
Poco prima, Kerry era stato ancora più diretto: «Se un assassino come Assad uccide senza impunità , non ci sono più limiti. Va fermato, il mondo non può farsi da parte». Gli ispettori dell'Onu hanno terminato ieri la loro missione e già oggi il segretario generale Ban Ki-moon riceverà un primo rapporto verbale, «ma non c'è niente che ci possano dire che non sappiamo già ».
Quindi è inutile aspettare il loro rapporto scritto, che arriverà solo dopo gli esami di laboratorio in Europa, per agire. Il segretario di Stato ha aggiunto: «Sappiamo che gli americani sono stanchi della guerra, lo sono anch'io. La fatica, però, non ci assolve dalla responsabilità . La storia ci giudicherà duramente, se volteremo le spalle».
Quindi ha dato garanzie sulle dimensioni dell'intervento: «Il presidente fa quello che dice. Non manderemo truppe sul terreno, non sarà un'azione infinita, e continueremo a credere che la soluzione della crisi non è militare, ma politica».
Parlando poi con i giornalisti, un'autorevole fonte della Casa Bianca ha confermato che l'intelligence ha le prove satellitari, le registrazioni, le testimonianze e le analisi per confermare le sue accuse. «Assad ha deciso di usare le armi chimiche, e la catena di comando riconduce a lui». Quindi «stiamo considerando una risposta militare mirata solo a questo problema della violazione delle norme internazionali, non il cambio di regime. Poi però continueremo ad aiutare i ribelli, per favorire un processo politico in cui Assad lasci il potere».
L'attacco è imminente, anche perché non c'è altro da aspettare: il Congresso e gli americani sono informati; una risoluzione Onu è impossibile, visto il veto di Mosca; il rapporto scritto degli ispettori richiede molti giorni, e non rivelerà nulla di nuovo; gli alleati hanno già preso posizione a favore dell'intervento, come Francia e Turchia, o contro, come la Gran Bretagna. Martedì prossimo Obama partirà per il G20 in Russia e per quella data, ma forse anche stanotte, vorrebbe che tutto fosse già finito.
2 - LA SIRIA ASPETTA L'ATTACCO DEGLI USA: "PRONTI A RISPONDERE IN OGNI MOMENTO"
Da "La Stampa.it"
Sale la tensione in Siria, dove il regime si attende un attacco in «qualsiasi momento». Lo hanno detto fonti della sicurezza siriane alla tv panaraba Al Arabiya, aggiungendo che le forze siriane sono «pronte a rispondere». Intanto a Damasco testimoni riferiscono che la vita è tranquilla, con i negozi aperti, gente nelle strade e traffico normale.
Intanto gli ispettori dell'Onu hanno lasciato il Paese dopo l'inchiesta sull'attacco chimico del 21 agosto. La squadra di esperti era sul posto da lunedì per indagare sulle accuse di attacchi con armi chimiche contro i civili siriani. Secondo Washington, 1.429 persone tra cui 426 bambini sono morte in un attacco con armi chimiche lanciato dal regime siriano la scorsa settimana.
Ma ancora una volta Damasco ha respinto ogni accusa, bollando come «menzogne» le prove addotte dagli Stati Uniti. «Quelle che l'amministrazione americana ha definito prove inconfutabili non sono altro che vecchie storie diffuse dai terroristi (i ribelli, ndr) da oltre una settimana, bugie e storie completamente inventate», si legge in una nota del ministero degli Esteri.
Il ministero degli Esteri si è detto "stupito" dal fatto che «una superpotenza inganni la sua opinione pubblica in questa maniera ingenua basandosi su prove inesistenti». Il ministero si è inoltre stupito del fatto che gli «Stati Uniti fondino le loro posizioni di guerra e di pace su quello che diffondono i social network e i siti internet», ha proseguito il comunicato.
Nella giornata di ieri Barack Obama ha affermato di non avere ancora preso «una decisione finale» ma sulla sua determinazione non ha lasciato dubbi quando ha aggiunto che l'uso di armi chimiche in Siria è «una sfida al mondo» e «una minaccia ad alleati degli Usa come Israele, Turchia e Giordania», «una minaccia agli interessi della sicurezza nazionale americana».
A fianco di Obama ci sarà comunque «il più vecchio alleato degli Usa», la Francia, come l'ha definita Kerry, rendendo omaggio al presidente francese Hollande che a sua volta preme sull'acceleratore e non esclude di passare all'azione quanto prima, senza attendere la riunione straordinaria del Parlamento francese, prevista per mercoledì.
E per scacciare antichi fantasmi, Kerry ha sottolineato che le informazioni raccolte sono solide, e gli Usa non hanno alcuna intenzione di «ripetere gli errori» commessi per l'Iraq, quando il suo predecessore Colin Powell espose di fronte al Consiglio di Sicurezza Onu "le prove" che dimostravano il presunto possesso di armi di distruzioni di massa da parte di Saddam Hussein, poi mai trovate.
Né tantomeno sarà un'operazione stile Iraq o Afghanistan: «Non ci saranno truppe sul terreno e sarà un'azione limitata nel tempo», ha assicurato. Kerry ha sottolineato anche che «dopo 10 anni l'America è stanca della guerra. E anche io. Ma abbiamo le nostre responsabilità di fronte al mondo».
Hollande non intende tuttavia minimizzare la complessità di un blitz: «Ci sono pochi Paesi che hanno la capacità di infliggere una sanzione con i modi appropriati. Noi siamo pronti», ha affermato.
Mosca intanto continua a non arrendersi all'inevitabilità di un attacco: azioni che oltrepassino il Consiglio di sicurezza dell'Onu, «se si verificassero, attenterebbero gravemente al sistema basato sul ruolo centrale delle Nazioni Unite, dando un colpo serio all'ordine mondiale», ha tuonato il Cremlino.
La cancelliera Angela Merkel spera però che la Russia cambi atteggiamento all'Onu, affinché si arrivi a una posizione comune sulla Siria; così come la ministro degli Esteri Emma Bonino, secondo cui «anche se sembra più lento, più duro e a volte sembra non riuscire, la pressione diplomatica e politica è l'unica soluzione perseguibile». Anche perché, ha paventato, «da un conflitto drammatico e terribile corriamo il rischio di una deflagrazione addirittura mondiale».
Il primo ministro turco Recep Tayyp Erdogan si è detto stasera insoddisfatto da un'eventuale azione militare limitata contro la Siria, ritenendo che qualunque intervento dovrebbe avere come obiettivo un cambiamento di regime nel Paese. «Una operazione limitata non ci può soddisfare - ha detto il premier citato dalla televisione Ntv - Un intervento va fatto come fu fatto in Kosovo. Non basta un intervento di uno o due giorni. L'obiettivo è costringere il regime a lasciare».
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