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Francesca Pierantozzi per Il Messaggero
Poveri giurati di Cannes, che si sono sgolati a ripetere che no, la Palma d'oro alla Vie d'Adèle (cruda, sensuale, tenera passione omosessuale tra due ragazze raccontata da Abdellatif Kechiche) non è politica, che no, non è un film gay, che no, l'attualità non c'entra. Ieri, la Francia si è svegliata celebrando la Palme pour tous, la Palma per tutti, premio più che mai d'attualità , dieci giorni dopo la promulgazione del «mariage pour tous», il matrimonio omosessuale, e mentre «la manifestazione per tutti» il collettivo popolare opposto alle nozze gay, continua a dare battaglia per le strade.
La sera in cui «la Francia di cui non siamo fieri» scende per le strade per dire no alle nozze omosessuali, «la palma alla Vie d'Adèle fa piacere» ha scritto Libération, prima di concentrarsi sull'estetica-choc del film. Anche la ministra della Cultura Aurélie Filippetti non si è lasciata sfuggire l'occasione: questa opera di Kechiche «valorizza la libertà di amare, ma anche l'importanza di questa libertà nella costituzione di un individuo - ha commentato la Filippetti - E' un inno d'amore alla gioventù di Francia che riflette le sue speranze, la sua fede nella scuola e la sua energia, nel momento in cui altri cercano invece di dividerla».
LA BUFERA
Che il dibattito sulle nozze gay, l'omofobia, le manifestazioni siano negli spiriti almeno quanto le forti immagini del film è dimostrato anche dal tweet di Canal Plus, che ieri ha animato la giornata francese. Per commentare la Palma d'oro a Kechiche e soprattutto alle sue due attrici, Léa Seydoux e Adèle Exarchopoulos, l'emittente che ha l'esclusiva del festival non ha trovato meglio da fare che twittare il seguente: «si accarezzeranno la gattina per festeggiare la Palma d'oro? #cannes2013».
Non passa nemmeno un minuto, esclusa l'ipotesi di un pirataggio, i social network e i commenti cominciano a scatenarsi, puntando il dito contro «il cattivo gusto» e soprattutto «un'omofobia nemmeno latente» veicolata dalla prima tv via cavo. Dopo aver cercato di sdrammatizzare («un'infelice battuta») ed aver poi ritirato il tweet, la direttrice della comunicazione di Canal Plus Régine Billot è dovuta scendere personalmente in campo per assicurare «che non c'era davvero nessuna cattiva intenzione» dietro il tweet e che «il gruppo (di Canal Plus) è molto impegnato contro il razzismo e l'omofobia».
Reazioni extra-cinematografiche anche dalla Tunisia, patria del regista Abdel Kechiche, che alla primavera araba, «alla gioventù tunisina», alla sua aspirazione «a esprimersi liberamente, a vivere liberamente, ad amarsi liberamente» ha dedicato la Palma. Il ministro della Cultura tunisino Mehdi Mabruk si è congratulato con Kechiche, senza perdere tempo a soffermarsi sul film e meno che mai sulla storia che racconta.
L'ISLAM
Mabruk si è limitato ad augurare al regista «molto successo nel mondo del cinema». Peccato che questo successo non arriverà probabilmente mai in Tunisia. Il ministero ha preferito per ora soprassedere e non ha dato alcuna indicazione su un'eventuale uscita della pellicola nei cinema della Tunisia, diretta da un governo degli islamici del partito Ennahda. Difficile però che il regime nato dopo la rivoluzione del gennaio 2011 dica sì alla Vita di Adele, dopo aver già detto no a svariate opere, mostre e festival giudicati non conformi con i valori dell'Islam.
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