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Estratto dell’articolo di Tonia Mastrobuoni per repubblica.it
Sahra Wagenknecht, Dietmar Bartsch linke
Oggi finisce un’era. Per la prima volta nella storia della Germania unificata, un partito ha proclamato il suo autoscioglimento al Bundestag. La Linke - terremotata dalla scissione dell’ex leader Sahra Wagenknecht, che con un pugno di parlamentari ha fondato il suo partito personale, “Buendnis Sahra Wagenknecht” (Bsw) - ha annunciato che dal 6 dicembre smetterà di esistere in Parlamento.
La “Fraktion”, intesa come raggruppamento parlamentare, “è politicamente morta”, ha proclamato nei giorni scorsi il leader della sinistra radicale tedesca, Dietmar Bartsch. Oggi ha aggiunto che la fine nel Bundestag può essere “un’opportunità per una ripartenza fresca”. In realtà la Linke ha sempre faticato alle ultime tornate elettorali a superare la soglia di sbarramento del 5 per cento, ma i maggiorenti hanno fatto capire che sperano che la sinistra possa rinascere a Est, nella sua culla. Anche se sembra una missione impossibile. I sondaggi danno la scissionista rossobruna Wagenknecht addirittura al 14, e in ascesa vertiginosa soprattutto al di là della vecchia Cortina di ferro.
L’annuncio di oggi è obbligato, dettato dallo stesso statuto del Bundestag: due partiti non possono appartenere allo stesso gruppo. E ogni forza politica presente in Parlamento deve raggiungere lo sbarramento del 5 per cento. Senza i dieci parlamentari scissionisti wagenknechtiani, la Linke finisce sotto quella soglia. Ma la fretta di Bartsch è dettata anche, tatticamente, dall’idea di impedire a Wagenknecht di continuare a usare i seggi mentre consolida la sua nuova forza politica e rischia di strappare altri membri alla Linke. Senza appartenenza alla “Fraktion” si perdono uffici, collaboratori, insomma il ricco apparato logistico e finanziario che spetta al parlamentare di ogni raggruppamento.
(…)
Le sue posizioni spiccatamente anti-occidentali e il suo orientamento ostile verso la tradizionale politica estera europeista e atlantista tedesca ha sempre impedito alla Linke di coalizzarsi al livello federale con la Spd e i Verdi. Anche nel 2005 e nel 2013, quando i tre partiti di sinistra avrebbero avuto la maggioranza al Bundestag per formare un governo alternativo a quello di Angela Merkel. Al livello regionale e comunale, i governi rosso-rosso-verdi esistono invece da sempre.
A Est, la Linke è stata dall’inizio (quando si chiamava ancora Pds) una Volkspartei, un partito di massa, con percentuali tali da consentirle di governare spesso nei land al di là della vecchia Cortina di ferro. Ma la prima, grande crisi è arrivata dieci anni fa con la fondazione di un altro partito anti-sistema che i tedeschi dell’Est percepiscono ormai come ‘loro’: l’Afd.
L’ultradestra ha accarezzato dall’inizio le frustrazioni dei tedeschi dell’Est, i loro risentimenti verso Merkel, la cancelliera cresciuta nella Germania comunista dalla quale molti si sono sentiti abbandonati, la loro nostalgia per il paternalismo comunista. In più, la Linke ha sempre sofferto di profonde lacerazioni interne, da correnti impegnate soprattutto a demolirsi a vicenda. Ed è stata attraversata negli ultimi tempi da scandali enormi, come quello delle molestie sessuali del compagno della leader Wissler verso alcune giovani collaboratrici del partito.
Sahra Wagenknecht, Dietmar Bartsch linke
Il colpo di grazia, però, è arrivato negli ultimi mesi con la notizia della scissione, del nuovo partito fondato dall’ex leader Wagenknecht. Secondo il politologo di Erlangen, Constantin Wurthmann, in virtù delle sue posizioni filorusse e anti-migranti che piacciono molto anche a destra, Sahra “la rossa” potrebbe scippare fino a metà degli elettori all’Afd. E un quarto degli elettori della Linke. Che era già ridotta un po’ ovunque al lumicino. E ora rischia seriamente di morire.
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