AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE DAI LORO…
Ferruccio Sansa per il “Fatto Quotidiano”
Il futuro di una regione in una festa. Il nuovo volto della Liguria di centrodestra è andato in scena domenica sera. Addio ai comizi, alla sala dei portuali, dove in passato si festeggiavano le vittorie della sinistra. Il nuovo corso di Giovanni Toti ha scelto una discoteca. Politici di mille colori, imprenditori fulminati sulla via dell’asse Lega-Forza Italia, ma anche donne in abiti da sera strizzatissimi e paillettes. Per capire che cosa aspetta la regione nei prossimi anni bisognava esserci.
Tra conversioni, visite strategiche, alleanze magari consumate a ritmo di gin tonic. Una via di mezzo tra Novella Duemila e i racconti sul sottobosco del potere di Nicolaj Gogol.
In prima fila ovviamente loro, i vincitori, anche se è difficile immaginare volti e modi più distanti dalla storia politica della Liguria (e infatti nessuno o quasi viene da qui): Toti, in brodo di giuggiole per la telefonata di Silvio Berlusconi, ma anche Paolo Romani, Mariastella Gelmini, Annamaria Bernini, Lara Comi e Ignazio La Russa. Più defilati, meno a loro agio i leghisti, anche se sono loro i veri trionfatori.
Gli stessi volti che si erano visti appena dieci giorni fa nel comizio di chiusura della campagna elettorale. Sembrano passati secoli da quel raduno rassegnato, stanco. Pareva l’annuncio di una debacle. Si sono presentate un migliaio di persone.
La prima impressione era quella di una festa in perfetto stile Berlusconi. Belle ragazze, signore un po’ più attempate, ma comunque in abiti luccicanti. Poi cori, tintinnio di brindisi. Insomma, migliaia di anni luce dall’understatement alla ligure. Un altro avviso che i tempi stanno cambiando, dopo le dichiarazioni di Toti sui migranti che hanno fatto rabbrividire mezza Liguria (ma, forse, godere l’altra metà, si vedrà). Gli incontri che contano si sono consumati, però, sotto la superficie.
Tanti volti noti, magari silenziosi, seduti in tavoli defilati. Però c’erano, anche chi appena un mese fa incontravi agli appuntamenti del Pd. Ecco allora Vittorio Malacalza, il nuovo signore di Genova. Il cittadino probabilmente più ricco, quello che si è mangiato in un boccone una bella fetta della banca Carige fino a diventarne il nuovo azionista di maggioranza.
E dire che in città molti lo davano simpatizzante della Paita e lo ricordavano appena sabato a sentire Matteo Renzi e a camminare a braccetto con il segretario democratico Giovanni Lunardon, come a consolarlo della batosta elettorale. Unico commento dell’interessato: “Sono qui per osservare”.
Malacalza non era il solo. Non lontano ecco Edoardo Garrone, altro peso massimo dell’imprenditoria genovese (che non si è mai schierato politicamente). Poi Davide Viziano di una storica dinastia di imprenditore edili. Quindi Paolo Odone, presidente della Camera di Commercio, forse in visita istituzionale in discoteca. Ma non mancavano volti del sottobosco politico che hanno corso con il centrosinistra, alle regionali o nel recente passato.
I cronisti in particolare hanno notato volti del fu Idv, travolto dagli scandali giudiziari: persone vicine all’assessore all’Urbanistica della giunta Burlando-Paita, Gabriele Cascino o ai maggiorenti del partito nel savonese. “È la natura umana, l’importante è che questo sostegno poi si traduca in lavoro comune”, sogghignava Roberto Bagnasco di Forza Italia. Infine l’evento clou, la telefonata dell’ex Cavaliere: “Renzi – esulta da Milano – non è più invincibile”. E cominciano le danze.
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