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DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
Marco Zatterin per “La Stampa”
I leader europei daranno la parola a Jean Claude Juncker intorno alle 17 di sabato, dopo aver ascoltato il presidente del Parlamento Schulz ed essersi concessi alla foto di famiglia, sempre che non vi siano ritardi. Dal nuovo capo della Commissione Ue, in carica da novembre, il summit attende le ultime sulla formazione dell’esecutivo e un grido d’allarme riassumibile in «ho un problema con le donne». I governi ne hanno proposte pochissime, 4 su 23 candidati scoperti, un numero del tutto insufficiente per ottenere la fiducia di Strasburgo. Gliene occorrono almeno altrettante. Sennò, suggeriscono più fonti, «farà meglio a rinviare la presentazione della squadra».
Sul taccuino dell’ex premier lussemburghese i nomi rosa sono l’italiana Mogherini, la ceca Jourová, la bulgara Georgieva e la svedese Malmström, due nuove e due conferme. A sentir le indiscrezioni si potrebbero aggiungere altre due signore, l’olandese Ploumen e la belga Thysssen, ma i casi non sono chiusi. Si arriverebbe a sei. Mancano Cipro, Slovenia e Danimarca, con possibilità di salire a otto, perché nessuno conta su Nicosia. Copenaghen deciderà dopo aver capito se il premier Thorning-Schmidt arriverà alla vetta del Consiglio, come molti suggeriscono.
Partita aperta e difficile. Soprattutto se nessuno fra quanti ha detto la sua cambierà cavallo.??Il punto di riferimento è la Commissione uscente del portoghese Barroso. Nove donne. «Sfortunatamente, nonostante le richieste, la maggior parte dei governi ha insistito nel mandare candidati di sesso maschile», s’è lamentato Juncker. La questione del genere nell’attribuzione delle poltrone Ue è diventata cruciale come la competenza. Nessuno vuole rivedere le polemiche che hanno scosso le nomine della Bce, l’opinione pubblica è contro un mondo di sole cravatte.
«Senza un numero significativo di donne siamo privi di legittimità e credibilità», ha avvertito il lussemburghese. È la stessa cosa che si pensa dall’altra parte della barricata, in quel Parlamento a cui i Trattati hanno attribuito la facoltà di dare la fiducia all’esecutivo comunitario. I socialisti europei «non daranno il sostegno a una Commissione che abbia meno donne dell’attuale», tuona il gruppo socialista per bocca del presidente Pittella: «Quattro soli nomi è un livello inaccettabile».
D’accordo liberali, verdi e anche i più cauti popolari.?Juncker lo sa. I governi, no, sembrano aver sottovalutato la questione. Il lussemburghese promette di dare portafogli importanti ai rappresentati di quello che un tempo si chiamava «sesso debole». La nuova Commissione rischia grosso? «Mettiamo che si arrivi con 7-8 donne dotate di portafogli pesanti – ragiona una fonte diplomatica –. Il Parlamento si farebbe davvero saltare tutto per l’equilibrio di genere?».
È da vedere. Mentre come ultima risorsa resta la possibilità data a Juncker di chiedere ai leader di ripensare le loro scelte, ma è difficile che ci sia una vera rivoluzione.?L’Italia segue la partita da un’ottica diversa. D’intesa coi socialisti, il premier Renzi ha indicato il ministro degli Esteri, Federica Mogherini come Rappresentante per la politica estera. Tutti dicono che la cosa si farà, che le resistenze di luglio sono sparite. Più difficile la seconda decisione del vertice, il presidente del Consiglio.
Al momento, la rosa vera è di cinque nomi, assicurano le fonti: la presidente lituana Grybauskaite (Ppe), la Thorning-Schmidt (Soc), il liberale estone Ansip, il premier irlandese Enda Kenny (Ppe), l’ex leader lettone Dombrovskis (Ppe). Il fiammingo in carica, Herman van Rompuy, è da ieri al telefono con tutti i leader europei (Renzi oggi pomeriggio). Venerdì sera spera di avere le idee più chiare. Ed evitare che il vertice di sabato finisca domenica.
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