DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Giovanni Sallusti per ''Libero Quotidiano''
Ci sono notizie che racchiudono lo spirito impazzito di un' epoca. Se poi il tempo è questo immusonito e acefalo che ci è toccato in sorte, quello del politicamente corretto, certe notizie molto seriose trascolorano direttamente nel grottesco involontario. Prendete questa: Facebook censura la dichiarazione d' indipendenza americana.
katy perry con la dichiarazione di indipendenza
Non è un' esagerazione da titolista alticcio, è accaduto veramente, nei giorni scorsi, durante le celebrazioni per il 4 luglio, il giorno in cui i coloni riuniti a Philadelphia separarono definitivamente il proprio destino da quello del Re tiranno e tassatore. Il giornale texano Liberty County Vindicator ha deciso di pubblicare sulla propria pagina Facebook una serie di estratti della Dichiarazione.
L' operazione non è stata gradita dall' algoritmo, o dai cretinetti liberal che lo manovrano, in quanto tra gli stralci postati è comparsa anche la frase: «Il Re d' Inghilterra ha tentato di istigare contro gli abitanti delle nostre zone di frontiera i crudeli selvaggi indiani la cui ben nota norma di guerra è la distruzione indiscriminata di tutti gli avversari, di ogni età, sesso e condizione».
L' ODIO
Inaccettabile: la carta, che ha tra i suoi ideatori e firmatari Thomas Jefferson e Benjamin Franklin, che si ispira al giusnaturalismo liberale di John Locke, che è stato il primo mattone per costruire quella che è diventata la più grande democrazia del globo terracqueo, viene immediatamente catalogata come «hate speech», discorso d' incitamento all' odio, propaganda razzista, qualcosa come un volantino delle Ss. Via, post rimosso dai solerti controllori del social network, una psicopolizia virtuale che certo sarebbe piaciuta molto a Re Giorgio.
Come ha detto il direttore del Vindicator Casey Stinnett: «Forse se Thomas Jefferson avesse parlato di "nativi americani in una fase impegnativa del loro sviluppo culturale" sarebbe stato meglio. Sfortunatamente Jefferson, come la maggior parte dei coloni britannici del tempo, non aveva sentimenti così amichevoli per i nativi americani».
I DIRITTI
No, Thomas Jefferson non parlava la lingua felpata e ipocrita di certi suoi figliastri odierni politically correct, secondo lui scotennare bambini, per quanto appaia incredibile a qualche nerd secchione e rimbambito della Silicon Valley, era un' azione «crudele» che qualificava l' autore come «selvaggio», e questo non gli impedì da presidente di tutelare le tribù indiane e di proclamare, in netto contrasto con certa vulgata suprematista del suo tempo, che non erano intellettualmente inferiori.
Thomas Jefferson e gli altri cinquantacinque delegati che firmarono quel documento in una stanza di Philadelphia, tra le altre cose, hanno battezzato una nazione attorno all' idea che gli individui «siano dotati di alcuni inalienabili diritti», e che tra questi vi siano «la Vita, la Libertà e il perseguimento della Felicità», formulazione che non si rintraccia in nessuno dei dottissimi e sterminati documenti politici e costituzionali europei, tantomeno nell' italica Carta più bella del mondo.
LA LIBERTÀ
Forse Mark Zuckerberg non lo sa, ma è esattamente il motivo per cui ha potuto sperimentare e creare qualcosa come Facebook nel suo dormitorio universitario, senza che piombassero nella stanza il burocrate, il messo comunale, l' ufficiale giudiziario, l' esattore del Fisco, i funzionari deputati a verificare l' autorizzazione X e l' allaccio Y della rete Z. È lo stesso motivo per cui altri occhialuti e alienati genialoidi hanno potuto inventarsi Google e Apple nel garage dietro casa, è perfino la ragione per cui un tizio di nome Walt Disney potè iniziare la sua bislacca attività di creatore di cartoni animati in una rimessa di Los Angeles.
Alle nostre latitudini, l' ultimo usciere pubblico avrebbe imposto la chiusura dei garage per esercizio abusivo e lavoro irregolare al secondo giorno, e oggi non avremmo le multinazionali hi-tech globali, e soprattutto non avremmo Topolino.
Da quelle parti, invece, è un diritto inestirpabile della persona perseguire la propria felicità, intraprendere, scommettere sulle proprie idee e persino azzardare sui propri sogni. E lo è da sempre e per sempre, perché scolpito in quella famigerata Dichiarazione.
Per cui, le scuse di Facebook al giornale texano diventano una toppa più surreale del buco: «Sembra che abbiamo fatto un errore e abbiamo rimosso qualcosa da voi postato che non era contrario agli standard della nostra comunità». Certo che non era contrario agli standard della vostra comunità, capre, l' ha fondata.
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