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TIÈ! STAVOLTA È L'ITALIA A FARE L'ARCIGNA RIGORISTA: NO AL NUOVO PRESTITO DEL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE PER SALVARE BUENOS AIRES DAL BARATRO DEL DEFAULT - SECONDO I MEDIA LOCALI, A OPPORSI ALLA TRANCHE DA 5,4 MILIARDI DI DOLLARI CHE DOVREBBE EROGARE L'AGENZIA GUIDATA (ANCORA PER POCO) DALLA LAGARDE, SONO SVEZIA, PAESI PASSI E PURE L'ITALIA. INTANTO FUGGONO I CAPITALI…
1. ARGENTINA: MEDIA, ITALIA CONTRO NUOVA TRANCHE PRESTITO FMI
(ANSA) - Italia, Svezia e Paesi Bassi si oppongono a un nuovo prestito per l'Argentina da parte del Fondo monetario internazionale. È quanto rivela il quotidiano argentino Pagina 12, che avrebbe confermato che i tre paesi europei hanno espresso il loro rifiuto a convalidare la prossima tranche del prestito. Il rifiuto sarebbe stato espresso venerdì, durante un incontro straordinario della direzione del Fmi. Secondo quanto riferito dal quotidiano, i tre Paesi credono che il governo di Mauricio Macri violi i termini del programma concordato con l'agenzia, e vogliono attendere il ricambio presidenziale delle elezioni del 27 ottobre, prima di impegnare più risorse.
GIUSEPPE CONTE CON MAURICIO MACRI
La discussione tra le autorità del Fmi ruota intorno ai 5,4 miliardi di dollari che l'agenzia dovrebbe erogare a partire dal 15 settembre. Non è nemmeno prevista la data della revisione formale che i tecnici del Fondo dovranno effettuare. Al crescente scetticismo tra i rappresentanti europei si contrappone la posizione degli Stati Uniti, che per ora mantiene il suo sostegno al programma. Lo staff del Fondo ha anticipato alle autorità durante la riunione di venerdì che l'Argentina avrebbe istituito le misure sul mercato dei cambi varate nel fine settimana.
La riunione di venerdì doveva concentrarsi sull'economia della Guyana ma, come riferito da pagina 12, la valutazione del paese caraibico è stata oscurata dalla relazione orale informale su Buenos Aires fatta dal capo della missione Fmi in Argentina, Roberto Cardarelli. La dichiarazione ufficiale della riunione si limita a segnalare che "Cardarelli ha informato il consiglio sui recenti eventi in Argentina, un briefing informale". Tuttavia, secondo Pagina 12, il dibattito è andato oltre. I tecnici dell'organizzazione hanno infatti rivelato che le autorità argentine avrebbero realizzato misure per il controllo del mercato dei cambi, e almeno tre Paesi hanno espresso il loro rifiuto a consentire la successiva tranche del prestito Fmi.
2. FUGA DEI CAPITALI, ARGENTINA IN GINOCCHIO
Anna Guaita per ''Il Messaggero''
Con i mercati americani chiusi ieri per via del Labor Day, la reazione alle manovre di emergenza del governo argentino non sono state pienamente misurabili. Oggi si dovrebbe avere una valutazione internazionale più completa del decreto pubblicato domenica sulla Gazzetta Ufficiale di Buenos Aires con cui si informava che la Banca centrale argentina veniva autorizzata dal governo a limitare gli acquisti in dollari sul mercato dei cambi. Con questa decisione il governo di Mauricio Macri è sembrato gettare la spugna per tornare ad abbracciare le pratiche protezionistiche che il presidente precedente, Cristina Kirchner, aveva seguito per due mandati presidenziali.
Il “Decreto di necessità e urgenza” (DNU) stabilisce dei limiti per le imprese che esportino, imponendo loro di cambiare in pesos argentini entro cinque giorni i dollari incassati con la vendita della loro merce. Per quanto riguarda gli individui, potranno esportare cifre del valore non superiore ai 10 mila dollari, e non potranno comprare valuta per un valore superiore a questa stessa cifra senza aver prima ricevuto un permesso dalla Banca Centrale. Nel 2015 Macri era stato eletto con un programma pro-business e free-trade, e con la promessa di riportare l’Argentina sul mercato mondiale, snellendo l’economia delle regolamentazioni che la imbrigliavano. La rivista Forbes sosteneva però ieri che nei suoi quattro anni da presidente, Macri ha fatto quattro passi avanti in senso liberista e quattro passi indietro in senso protezionista, e quello sui cambi sarebbe il quarto.
hernan lacunza ministro delle finanze argentina 3
LE MISURE
Il Decreto, spiega invece il governo Macri, sarebbe ideato per «proteggere i risparmiatori». Nel testo si sostiene che le misure puntano a «contenere l’impatto delle fluttuazioni dei flussi finanziari sull’economia reale». Alcuni analisti rispondono scettici che imporre misure restrittive di emergenza è facile, ma è poi difficile ritirarle. Pare tuttavia che, essendo stato sconfitto alle primarie, e sapendo di non avere quasi più speranze di essere rieletto a ottobre, Macri si sia arreso.
Ma proprio la sua probabile sconfitta e la verosimile vittoria del rivale, il peronista populista Alberto Fernandez, che ha come vice proprio Cristina Kirchner, hanno preoccupato gli investitori con l’effetto di precipitare una crisi economica-finanziaria che era grave, dopo che l’anno scorso il peso aveva già perso il 50 per cento del proprio valore. Nel giorno delle primarie, la borsa argentina, il S&P Merval Index, è arrivata a perdere il 48%, in quello che sarebbe stato il secondo crollo a livello mondiale negli ultimi 70 anni, anche se nella giornata l’indice ha poi chiuso in calo “solo” del 37,93%. Intanto la valuta argentina ha perso il 36% contro il dollaro, man mano che i risparmiatori si sono buttati sulla moneta statunitense, eterno bene rifugio.
LA CADUTA
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La Banca Centrale ha venduto dollari a man bassa per cercare di limitare la caduta della moneta nazionale, con risultato limitato, se non con quello di aver bruciato un miliardo di dollari e aver ridotto le riserve di moneta Usa del 20 per cento in meno di un mese. La corsa ai dollari si era fatta anche più frenetica quando si è saputo che il governo di Buenos Aires ha chiesto al Fondo Monetario Internazionale di rinegoziare la restituzione del prestito di 56 miliardi di dollari contratto l’anno scorso. Due agenzie di rating, Standard & Poor e Fitch hanno conseguentemente bocciato il debito sovrano argentino, affibbiandogli l’una un CCCe l’altra un CCC, che corrispondono a “selective default”. Il prestito doveva risollevare l’economia argentina, che però è rimasta in recessione, con una inflazione al 22 per cento.
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