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1 - IL SACCHEGGIO DEI LIBRI: ARRESTATO IL DIRETTORE DE CARO
Vincenzo Iurillo e Ferruccio Sansa per il "Fatto quotidiano"
Incunaboli e manette. à stato arrestato Marino Massimo De Caro, manager bibliofilo consulente dei ministri Galan e Ornaghi. Prototipo dell'uomo d'affari bipartisan, amico di vita e affari del berlusconiano Marcello Dell'Utri e del dalemiano Roberto De Santis. Galeotta la sua passione per i libri. Vicenda nata da un articolo di Tomaso Montanari sul Fatto Quotidiano. Prendi la più antica biblioteca di Napoli, la Girolamini: 159.700 volumi, tra le più ricche del Mezzogiorno e conosciuta in tutto il mondo.
Affidala incredibilmente a un direttore, Massimo Marino De Caro, coinvolto e poi prosciolto fino al 2009 in un'inchiesta per sospetta ricettazione di un libro antico.Lo stesso De Caro che appena nominato ordina una movimentazione dei volumi senza registrare gli spostamenti, così da rendere irrintracciabili i libri. Condisci il tutto con una sorprendente disposizione del conservatore della Biblioteca, padre Sandro Marsano (indagato), che esonera un dipendente dai servizi di controllo e ordina "di non attivare più gli impianti di videosorveglianza, perché De Caro aveva la necessità di accedere alla biblioteca anche fuori dagli orari di apertura".
Mescola con un gruppo di persone, guidate da De Caro, che (secondo i pm) nella notte avrebbe fatto razzia dei libri. Il risultato è una biblioteca "smembrata e mutilata, forse irrimediabilmente", come afferma il procuratore aggiunto Giovanni Melillo che ha coordinato l'inchiesta dei carabinieri per la Tutela del Patrimonio Artistico culminata ieri negli arresti di De Caro e di quattro suoi fiduciari con accuse di peculato e ricettazione.
Con De Caro&C. sono indagati anche il conservatore della Biblioteca, padre Sandro Marsano, e una collaboratrice del senatore Marcello Dell'Utri, Maria Grazia Cerone. L'ordinanza del Gip Francesca Ferri racconta la sottrazione di centinaia di volumi dal valore inestimabile. Furti documentati da video realizzati dagli stessi dipendenti entrati in conflitto con De Caro (che, secondo una testimone, maneggiava assegni con l'intestazione del Senato).
I video mostrano incursioni notturne in biblioteca, andirivieni di auto da cui scendevano uomini con borse o scatoloni. Le persone filmate avevano le chiavi. La svolta una settimana fa: in un box di Verona i carabinieri trovano 257 libri della Girolamini. Era stato affittato il 20 aprile, due giorni dopo il sequestro giudiziario della biblioteca. Come si è potuto compiere questo saccheggio? Il procuratore Alessandro Pennasilico teorizza "un'insensibilità dei napoletani all'adeguata tutela delle ricchezze culturali".
E Melillo: "Da anni si diceva che all'interno dei Girolamini avvenivano strane sottrazioni. Gli intellettuali ne parlavano, ma la denuncia formale è stata fatta dal professor Tomaso Montanari, un fiorentino". Intanto sono stati trovati 11 volumi antichi con timbro della Biblioteca Arcivescovile di Genova. Erano in casa di padre Marsano. Gli investigatori vogliono capire a che titolo ne fosse in possesso.
L'arresto di De Caro potrebbe suscitare timori bipartisan. Perché De Caro fa affari con figure vicine ai vertici di centrodestra e centrosinistra. A Firenze è indagato per corruzione con Dell'Utri. Al centro dell'indagine uno degli impianti solari più grandi d'Europa, quello di Gela, progetto da cento milioni. I pm ipotizzano che, per ottenere il via libera delle autorità , sia stato chiesto l'intervento di Dell'Utri mentre De Caro si è interessato al progetto come consulente insieme con Domenico Di Carlo (non indagato), già capo della Segreteria del ministro dell'Agricoltura Saverio Romano.
Tutto parte dalle carte dell'inchiesta P3. Gli inquirenti fiorentini avevano trovato traccia di un pagamento di 558 mila euro che Dell'Utri (indagato in quell'inchiesta) aveva ricevuto da De Caro. De Caro al Fatto aveva spiegato: "Ho pagato Dell'Utri per un libro rarissimo che riporta la lettera del 1493 scritta da Colombo a Isabella d'Aragona". De Caro pare quasi gettare sospetti sui carabinieri: "Quel libro io l'ho già mostrato ai Carabinieri del Nucleo artistico di Venezia, ma dopo la perquisizione dei Ros nella mia casa di Verona, il libro non c'è più. Mi hanno rubato un valore di un milione di euro e farò una denuncia per furto".
Ma Dell'Utri e De Caro, insieme con Aldo Micciché (latitante in Venezuela che vanta legami con famiglie ândranghetiste), hanno fatto affari per acquistare una partita di petrolio venezuelano da milioni di euro. Per trovare una raffineria in Italia De Caro si rivolge all'amico De Santis. Racconta De Caro: "Ma D'Alema l'avrò visto al massimo sei o sette volte".
2 - ECCESSO DI SERENITÃ
Tomaso Montanari per il "Fatto quotidiano"
Rispondendo a una interrogazione alla Camera il 19 aprile scorso, il ministro Lorenzo Ornaghi diceva di aspettare "sereno l'esito delle indagini". Fosse stato un po' meno "sereno" avrebbe potuto evitare di perdere la faccia. Le responsabilità del Mibac in questa storia, infatti, sono tante e pesantissime: una gravissima e continuata omissione della tutela di un inestimabile bene dello Stato. Il primo punto riguarda la nomina di uno come Marino Massimo De Caro a direttore dei Girolamini.
La Biblioteca è statale, ma una convenzione prevede che il conservatore del complesso sia un religioso (Sandro Marsano, indagato anch'egli), il quale deve scegliere il direttore della Biblioteca tra gli stessi religiosi . Visto che la Congregazione dell'Oratorio è ormai svuotata, si pensò bene di scegliere De Caro, chiedendo una deroga al Mibac. Ebbene, quando, il 1° giugno 2011, il Direttore Nazionale delle Biblioteche Maurizio Fallace ratificò la nomina, avrebbe dovuto prendere qualche informazione.
E sarebbe bastato Google per capire che era come mettere una volpe a guardia del pollaio. Ciò non venne fatto per una ragione ben precisa: De Caro era consigliere del ministro dei Beni culturali, Giancarlo Galan (probabilmente su richiesta di Marcello Dell'Utri, già capo di Galan in Publitalia). E questo è il secondo punto. Perché, prendendo il posto di Galan, Ornaghi conferma De Caro come proprio consigliere, senza nemmeno chiedersi chi fosse? à stata solo un'imperdonabile leggerezza, o il ministro tecnico ha obbedito a pressioni politiche? Terzo, cruciale, punto. Il 23 febbraio viene disposta una ispezione ai Girolamini. La svolta? Manco per nulla: l'ispezione viene ârimandata'.
E quando (5 aprile) i bibliotecari onesti chiedono formalmente al Mibac di valutare molto attentamente la consegna della chiave del sancta sanctorum della biblioteca al direttore, da Roma arriva un burocratico, terribile, nulla-osta. L'ispettrice, invece, arriva solo il 17 aprile, cioè quasi venti giorni dopo il mio articolo sul Fatto (30 marzo) che ha fatto esplodere la questione. E ciò che scrive supera ogni immaginazione: la biblioteca appare devastata. Due giorni dopo arrivano i sigilli dei carabinieri.
Quarto punto. Nemmeno la millanteria della laurea (accertata da Gian Antonio Stella il 17 aprile) convince Ornaghi a cacciare il suo immacolato consigliere. Va alla Camera a dire che ne accetta l'autosospensione. Solo dopo una visita del procuratore aggiunto di Napoli, si decide a cacciarlo. Ma non lo dice a nessuno: troncare, sopire.
Scandalosamente, Marsano e De Caro rimangono al loro posto: De Caro si dimette il 15 maggio, Marsano viene rimosso (dai suoi superiori) solo il 21. E nella lettera in cui Marsano accetta le dimissioni di De Caro, il religioso scrive che, essendo state suggerite dal direttore Fallace, egli ritiene le dimissioni "un ordine superiore".
Il che fa cadere come un castello di carte le autogiustificazioni che Ornaghi aveva esibito alla Camera, scaricando il barile sugli Oratoriani: sappiamo con certezza che, se Ornaghi avesse voluto, avrebbe potuto indurre De Caro a dimettersi quasi due mesi fa (invece che pochi giorni prima che fosse arrestato!).
Se i carabinieri del Nucleo di Tutela guidato da Raffaello Mancino e il pool di magistrati guidato dal Giovanni Melillo avessero reagito come il Mibac, oggi la devastazione e il sacco dei Girolamini sarebbero in sereno svolgimento. Lorenzo Ornaghi ha l'occasione di fare qualcosa che nessuno in questo Paese sembra saper fare: chiedere scusa agli italiani, e ringraziare le migliaia di cittadini che, firmando l'appello promosso dallo storico dell'arte Francesco Caglioti, hanno innescato il salvataggio dei Girolamini. Vera supplenza civile e popolare di una tutela pubblica ormai vacante.
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