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POSTA! - L’AVVOCATO DEGLI ESPULSI DAL M5S LORENZO BORRÈ: “LA PRASSI DEI VERTICI PENTASTELLATI È SEMPRE STATA QUELLA DI INTERPRETARE COME VINCOLANTE L'OBBLIGO DI VOTARE LA FIDUCIA OGNI VOLTA CHE VENGA POSTA DA UN GOVERNO SOSTENUTO DAL PARTITO” - “PONENDO LA FIDUCIA SULLA RIFORMA CARTABIA, CHE STA ALLA POLARITÀ OPPOSTA DELLA RIFORMA BONAFEDE, DRAGHI METTE I PENTASTELLATI DI FRONTE A UN BIVIO. ANZI A UN TRIVIO: VOTARE LA FIDUCIA RINNEGANDO I PRINCIPI GIUSTIZIALISTI; NON VOTARLA (MAGARI ASTENENDOSI) E AUTOESPELLERSI IN MASSA DAL PARTITO OPPURE…”
Riceviamo e pubblichiamo:
La coerenza, si sa, è una virtù che si vaglia nel tempo e che consiste grosso modo nel rimanere fermi sui principi fondanti e che si applica mantenendo ferme le regole poste a presidio dei medesimi principi. Orbene, che in politica le cose non stiano esattamente in questi termini ce l'ha insegnato Giolitti, eroe tragico del trasformismo, con una sua nota massima.
ALFONSO BONAFEDE GIUSEPPE CONTE
Ma a volte il cedere alla coerenza dell''incoerenza può sfociare in uno smacco o (ed è più o meno lo stesso), ad uno scacco. E siamo al punto: la prassi dei vertici pentastellati, da che vige -con rispetto parlando- il Codice etico, è sempre stata quella di interpretare come vincolante l'obbligo di votare la fiducia ogni volta che venga posta da un Governo sostenuto dal partito, tant'è che l'ultima infornata di provvedimenti disciplinari è stata adottata per il mancato voto di fiducia al governo presieduto da Mario Draghi sul presupposto, appunto, che la locuzione 'presidente del consiglio dei ministri espressione del MoVimento 5 Stelle" sia da intendersi come "Premier di un governo di cui fa parte il M5S".
In pratica, e al di là della più che dubbia costituzionalità dell'obbligo (su cui il Tribunale deve ancora pronunciare la parola definitiva), i parlamentari pentastellati, secondo la prassi interpretativa dei vertici (e del collegio dei probiviri) devono ora votare la fiducia ogni volta che Draghi la richieda.
E qui sta il drammatico appuntamento con la coerenza, magistralmente apparecchiato da Draghi: ponendo la Fiducia sulla riforma Cartabia, riforma che sta alla polarità opposta della riforma Bonafede, il Premier mette i pentastellati di fronte a un bivio.
Anzi, sempre con rispetto parlando, a un trivio: 1) votare la fiducia rinnegando i principi giustizialisti; 2) non votarla (magari astenendosi) e autoespellersi in massa dal partito; 3) uscire dal Governo prima che si voti la fiducia.
Il tempo vaglia la coerenza, dicevo.
Lorenzo Borrè
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