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"IL MINISTRO DEGLI ESTERI TEDESCO, JOHANN WADEPHUL, E FRIEDRICH MERZ SANNO CHE QUELLO CHE STA ACCADENDO A GAZA NON PUÒ ESSERE LASCIATO SENZA RISPOSTA POLITICA" - L’EX AMBASCIATORE STEFANO STEFANINI PLAUDE ALLA MISSIONE DI FRANCIA, GERMANIA E REGNO UNITO A GERUSALEMME DA CUI LA MELONI È STATA ESCLUSA: “PER LA GERMANIA, ISRAELE DEVE COMINCIARE A PARLARE SUBITO DELLA SOLUZIONE DUE STATI PER POI ARRIVARE AL RICONOSCIMENTO DELLO STATO PALESTINESE. WADEPHUL LO VA A DIRE, A MUSO DURO, ALL’OMOLOGO SAAR CHE TRE GIORNI FA HA DETTO CHE NON CI SARÀ UNO STATO PALESTINESE. ROMA SI FERMA AL 'PREMATURO'. FARÀ PIACERE OLTREOCEANO, MA LA ISOLA IN EUROPA…”

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Estratto dell’articolo di Stefano Stefanini per "la Stampa"

 

STEFANO STEFANINI

Riconoscere la Palestina: prematuro forse, urgente di sicuro. Questo il messaggio col quale il ministro degli Esteri tedesco, Johann Wadephul, si apprestava ieri alla difficilissima missione di due giorni in Israele e nei Territori. Difficilissima perché intende dare un ultimatum a Israele, ultima cosa che qualsiasi ministro tedesco, già gravato dal peso dell'Olocausto, vorrebbe trovarsi sulle spalle.

 

Difficilissima perché a Gerusalemme si scontrerà con interlocutori impermeabili a pressioni esterne, dall'omologo Gideon Saar all'inossidabile Benjamin Netanyahu, e a Ramallah troverà un Abu Mazen minato da Israele e spiazzato da Hamas – un'Autorità palestinese senza presa sui palestinesi, poca in Cisgiordania, quasi nessuna a Gaza, come pensarla come governo del futuro Stato palestinese? Difficilissima perché rischia di tornare a casa con le pive nel sacco costringendo Berlino a "passi unilaterali" nei confronti di Israele che avrebbero un costo elevato nella psiche tedesca.

gaza 4

 

Ma Wadephul e, dietro le sue spalle, Friedrich Merz sanno che quanto sta accedendo a Gaza e in Cisgiordania, o meglio quanto Netanyahu sta facendo o lasciando fare a Gaza e in Cisgiordania, non può essere lasciato senza una risposta politica. Non bastano gli appelli, la pressione per mettere fine alla catastrofe umanitaria nella Striscia, l'indispensabile fornitura di aiuti alla popolazione adesso che Israele li lascia passare. No, la risposta deve prendere per le corna il problema del "dopo".

 

Johann Wadephul

[…] Il "dopo" si chiama Stato palestinese. Prima di riconoscerlo, Wadephul riporta la soluzione al centro della crisi. La soluzione sono i due Stati – che Hamas non vuole. Il riconoscimento tedesco di quello palestinese avverrà «verso la fine del processo» verso i due Stati. Ma il processo deve iniziare subito. Basta aspettare.

 

Netanyahu sta facendo esattamente l'opposto. Tiene a fuoco la crisi, ignora il "dopo" – per allontanare la soluzione, specie "quella" soluzione. Sperando che la crisi la cancelli. Dopo quasi due anni dalla strage perpetrata da Hamas, dopo aver liberato il Nord di Israele dalla minaccia di Hezbollah, dopo aver ridotto, almeno temporaneamente, l'Iran a una tigre di carta, la logica del diritto di Israele a difendersi non regge più.

KEIR STARMER - EMMANUEL MACRON - FRIEDRICH MERZ - IN TRENO PER KIEV

 

La Germania sarebbe l'ultimo Paese al mondo a negarglielo. Ma la guerra di Gaza e le violenze contro i villaggi palestinesi in Cisgiordania non sono "autodifesa". La prima lo è solo nella misura in cui è mirata contro Hamas, non certo affamando centinaia di migliaia di civili palestinesi; le seconde non lo sono mai state. Sono la dimensione squadrista dell'agenda di annessione perseguita dalle componenti estremiste del governo Netanyahu, se non da tutto.

L'esasperazione internazionale verso Benjamin Netanyahu ha superato il livello di guardia. Con diverse gradazioni.

 

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Donald Trump che gli contesta la fame a Gaza, costringendolo a ridare accesso alle agenzie umanitarie internazionali. Le capitali europee, e non solo (Canberra, Ottawa), ripropongono il problema del riconoscimento. Non come gesto dimostrativo a uso mediatico, alla spagnola o all'irlandese, ma come leva di pressione su Gerusalemme. A settembre, all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

 

Per Emmanuel Macron incondizionatamente. Per Keir Starmer, e altri, a meno che Israele non faccia passi importanti, specie riaprendo alla soluzione due Stati. La Germania inverte i termini: prima i due Stati poi il riconoscimento ma che si torni a parlare di due Stati subito. Diverso percorso ma stessa logica di Londra e Parigi.

GIORGIA MELONI - BENJAMIN NETANYAHU

 

Per Wadephul il riconoscimento sarebbe prematuro. Palazzo Chigi e la Farnesina tirano un respiro di sollievo – è la stessa parola usata dal governo italiano. Ma la Germania aggiunge che della soluzione due Stati Israele deve cominciare a parlare subito per poi arrivare «verso la fine del processo» al riconoscimento dello Stato palestinese.

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E Wadephul lo va a dire, a muso duro, a un Saar che tre giorni fa ha detto che non ci sarà («it ain't gonna happen») uno Stato palestinese. Roma si ferma al «prematuro». Farà piacere oltreoceano […] ma isola in Europa. Ci rassicuriamo col «prematuro» tedesco. È l'albero nella foresta. La foresta è l'intesa Parigi-Londra-Berlino anche su questo dossier.

Con piste diverse che portano alla stessa destinazione. Da Roma, vediamo solo l'albero.

Keir Starmer Emmanuel Macron e Friedrich Merz sul treno verso Kiev GIORGIA MELONI - BENJAMIN NETANYAHU BENJAMIN NETANYAHU E GIORGIA MELONI A PALAZZO CHIGIMEME SU DONALD TRUMP E GIORGIA MELONI BY EMILIANO CARLI meloni trump g7 canadastarmer macron merz