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Paola Zanca per "il Fatto Quotidiano"
albergo lama di fuksas accanto alla nuvola
Per capirci, è il caso di cominciare dalle presentazioni: hanno fatto Potsdamer Platz a Berlino, è opera loro il nuovo palazzo della Bce a Francoforte, così come i padiglioni delle Olimpiadi di Sochi e i lavori di ristrutturazione della metropolitana di Londra. Qui da noi, però, il colosso tedesco della Drees&Sommer ha qualche problema in più con il taglio dei nastri. È andata meglio con l’Auditorium Parco della Musica firmato da Renzo Piano a Roma.
Molto meno con la Nuvola che doveva lasciare nella Capitale il segno avveniristico dell’architetto Massimiliano Fuksas. Disastro di tempi e costi. E loro, la società incaricata di controllare il rispetto del cronoprogramma che i vincitori dell’appalto (Condotte Spa) si erano impegnati a realizzare, cacciati via per una incomprensibile “caducazione” del contratto che è arrivata fino all’esame della Cassazione.
Cronaca di ordinaria catastrofe delle opere pubbliche italiane: progetto del 2000, posa della prima pietra nel 2007, la Nuvola doveva aprire a fine 2012. Invece, la settimana scorsa è stato minacciato lo stop ai lavori, perché i soldi sono finiti e il Nuovo Centro Congressi è ancora pieno di calcinacci e cavi volanti: per ripartire ci vorranno 133 milioni di euro che il ministero dell’Economia si è impegnato a versare entro martedì.
MA COME è potuto succedere? Per gli ingegneri di Stoccarda era tutto già scritto e il canovaccio della Nuvola sgonfiata si può applicare senza variazioni di rilievo a qualsiasi cantiere aperto in Italia. Per vedere il sintomo delle opere con “fine lavori mai” basta guardare la percentuale di ribasso con cui viene vinta una gara d’appalto: “Io il ribasso lo chiamo ‘indice di serietà’ – dice Jürgen Kreisel, il rappresentante in Italia della Drees&Sommer –. Più alto è, minori sono le probabilità che l’impresa rispetti tempi e costi. Un’impresa seria non può proporre ribassi a doppia cifra: sa che non potrà rispettare gli impegni. Perché è ovvio che l’obiettivo di un’impresa è guadagnare”. Per intenderci: la Nuvola è stata assegnata con un ribasso del 20 per cento, l’Expo del 44. L’Auditorium di Roma, quindici anni fa, soltanto del 2 per cento.
Tutto nasce da un'interpretazione “prettamente italiana”, sostiene Kreisel, della legge europea sull’assegnazione degli appalti. Vince l’offerta economicamente più vantaggiosa. Poco importa che poi nessuno la rispetti. Ed è su questa ipocrisia che si regge il sistema che così bene conosciamo e che è fatto di ritardi, costi lievitati, qualità spesso scadente. E corruzione.
La nomina di un’Autorità nazionale di vigilanza ai tedeschi fa sorridere: “Cantone arriva tardi – sostiene Kreisel a proposito del commissario anticorruzione che ora controlla Expo – perché è lo Stato italiano che, accettando di assegnare appalti a cifre ridicole, apre la porta al malaffare”.
Prendiamo il caso della Nuvola, su cui ora sta indagando la Corte dei conti: “Condotte spa nel 2007 si aggiudicò l'appalto da 280 milioni di euro con un ribasso del 20 per cento. Ovvero, vinse impegnandosi a realizzare l’opera con 56 milioni di euro in meno”. Fu lì, per usare le parole dello stesso architetto Fuksas, “l’inizio del male”. La Drees&Sommer era stata chiamata a garantire qualità, tempi e costi: tradotto, spiega Kreisel, “rendere realizzabile quell’opera a quella cifra irrealistica”. Report, segnalazione di ritardi, avvertenze sulle uscite.
Poi li hanno fatti fuori: “Perché quella cifra doveva lievitare – ragiona ora l’ingegnere tedesco –. Perché l'azienda che si aggiudica un appalto a una cifra ribassata dice ‘ok, sono a posto, ho vinto’. E da quel momento l'unico pensiero è come trovare varianti in corso d’opera per chiedere altri soldi. E lì apri a subappalti, lungaggini burocratiche . Alla fine la Nuvola costerà il doppio del prezzo di aggiudicazione”.
È chiaro che, visto da Stoccarda, l’appalto all'italiana è un sistema economicamente insostenibile. Per questo si stupiscono del fatto che il premier rottamatore non abbia ancora capito quale sarebbe la madre delle riforme: “Altro che Jobs Act e articolo 18. Renzi dovrebbe sapere che per far ripartire l’economia servono costruzioni. Ma se costruisci senza serietà, senza riscrivere le norme per l'assegnazione degli appalti – conclude Kreisel – ti resta solo una bolla di speculazione e corruzione. Per investire qui, un tedesco chiede nuove regole. Altrimenti lavorare in Italia è solo una perdita di tempo e di denaro”.
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